Salario e ricompensa sono aspetti cardinali della vita dei missionari, perché intaccano quasi come irreversibilmente il senso appunto della relazione che intercorre tra Dio e i suoi profeti, apostoli e figli. L’annuncio “gratuito” (ἀδάπανον), senza un salario, è immagine unica nell’intero corpo letterario del Nuovo Testamento e ciò rappresenta quanto straordinaria (fuori dall’ordinario, cioè) sia la capacità dell’apostolo di immergersi nelle profondità della propria esperienza durante tutto l’arco di tempo di una quotidianità completamente fuori da ogni schema spazio-temporale, perché centrata e fondativa, imperniata e di riferimento per chiunque ne abbia a che fare all’interno delle comunità ecclesiali da lui impiantate. La gratuità è una consegna del proprio essere, è maturazione di un dono che piuttosto che essere considerato proprio e ricevuto diventa, invece, la persona a cui appartenere, la scelta definitiva a cui assegnare ogni priorità per tutto il resto del tempo da vivere; e non esiste un’alternativa a quanto consegnato e maturato, perciò l’apostolo si esprime al meglio scrivendo anche solo:
«Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (9,16). Il Vangelo: ovvero il libro della vita intagliato nella corteccia solida, anche se storta in alcuni punti, dell’esistenza dell’apostolo; uno scrigno di coralli raccolti da quelle profondità del quotidiano in tutto e per tutto segnate dalla gratuità delle parole di Damasco e dall’accoglienza di Ananìa, così come dalla prospettiva nuova con cui vedere la propria vita non più “contro” qualcuno, ma soprattutto “per” qualcuno: per Cristo e per i pagani. Il Vangelo: cioè il dettato lento, puntuale, ordinato e diretto dell’opera di Dio compiuta attraverso Gesù Cristo in tutto il popolo, che mira a raggiungere persone e luoghi non convenzionali, non all’interno dei confini d’Israele, sia geograficamente che etnicamente, perché destinato a tutti, ebrei e pagani, in ogni luogo, Israele, Siria, Grecia, fino a Roma. Da qui, il diritto a vivere del Vangelo, a mantenersi con le fatiche legate alla missione per restituirle nuovamente al Vangelo e nei luoghi in ci si trova: un diritto rimesso, accantonato, non impugnato e richiamato all’attenzione dei fratelli e delle sorelle, «
per non mettere ostacoli al Vangelo» (9,12), perché al vangelo si appartiene e si è legati intimamente. Non è il vangelo che appartiene gli apostoli ma, al contrario, gli apostoli che appartengono ad esso. Gli intralci e gli ostacoli al Vangelo sono realtà concrete, ma sono cosa diversa rispetto agli scandali; perché mentre scandalizzare compromette la missione, quindi la presenza e la realtà dei fratelli e delle sorelle, della comunità tutta, ostacolare, invece, rallenta, frena senza impedire il prosieguo; e, paradossalmente, se gli ostacoli semplicemente rallentano il Vangelo, ciò che accade e di cui bisogna stare attenti sono gli scandali che, invece, compromettono sia il Vangelo che le comunità che ad esso appartengono. L’apostolo Paolo esorta gli altri a non scandalizzare i fratelli, rinunciando – se è il caso – anche al diritto di poter mangiare la carne acquistata al mercato dopo le macellazioni avvenute nel tempio; allo stesso tempo, l’apostolo si guarda bene da non ostacolare lui il Vangelo, ovvero quello stesso insegnamento che sta cercando di fare arrivare a quanti potrebbero compromettere la conformazione al Vangelo, l’appartenenza totale ad esso da parte dei Corinti. In questo modo, la consegna del proprio essere, quindi di ogni legittimo diritto, diventa “Vangelo” gratuitamente annunciato dall’apostolo ai Corinti e, nonostante gli esiti prevedibili di una scelta coraggiosa e oltre ogni ragionevole esigenza, da parte dell’uomo chiamato a Damasco a dare la propria vita per Gesù Cristo, nessuna esitazione, nessun tentennamento; perché appartenere al Vangelo è l’unica missione alla portata del chiamato.
Spunti e appunti per una Lectio personale
Gratuità e Vangelo
Matteo 10,8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.
Atti 20,35In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: «Si è più beati nel dare che nel ricevere!»».