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Ospitalità e casa

La Sintesi della Diocesi nel 2° anno della fase narrativa del Sinodo

Quali funzioni e impegni sono davvero necessari all’evangelizzazione e quali sono solo volti a conservare le strutture? Quali delle nostre strutture si potrebbero snellire per servire meglio l’annuncio del Vangelo?
È fondamentale una essenzializzazione delle strutture deputate all’evangelizzazione. La “struttura” parrocchia è il luogo principale in cui riconoscersi e trovare senso profondo del lavorare insieme. Si ravvisa la necessità di provvedere a piani pastorali che includano il decentramento pastorale, con particolare riferimento alle realtà che insistono in territori molto vasti. A tal fine, si dovrebbero formare gli operatori a nuovi linguaggi. Emerge il desiderio di una Chiesa plasmata sul modello familiare (largamente inteso), meno presa dalla conservazione delle sue strutture e tradizioni, più appassionata nella proposta di percorsi accoglienti di tutte le differenze.
Che cosa chiedono gli uomini e le donne del nostro tempo per sentirsi “a casa” nella Chiesa?
La Chiesa è avvertita come lontana ed incapace di comprendere. Grazie ad esperienze di evangelizzazione popolare, in quartieri disagiati, si è toccata con mano l’esigenza di alcuni di sentirsi cercati ed amati. La casa-Chiesa abbia porte aperte per uscire ed incontrare e porte aperte per accogliere con spirito di trasparenza, di collaborazione, di umiltà e di sincerità, nella prospettiva di realizzare unioni piuttosto che divisioni. Gli uomini e le donne del nostro tempo vogliono essere ascoltati, ma anche accolti come figli e, nella comunità, sentirsi fratelli. Chi si accosta alla Chiesa chiede Gesù; il problema sta nel presentarlo con i linguaggi della modernità. La gente chiede che sia la Chiesa sia il Vangelo si adattino ai tempi moderni. È tuttavia necessario evitare di dire alla gente ciò che questa vuol sentirsi dire. Si mostra inoltre crescente la domanda di preparazione catechetica all’iniziazione cristiana da parte di adulti che colgono in tale opportunità una “esperienza di grazia” per coinvolgersi in un personale cammino di fede. Alla Chiesa si chiede fiducia e speranza; relazioni umane significative; necessità di non sentirsi giudicati; la virtù dell’ascolto e della vera fraternità.
Quali passi avanti siamo disposti a fare, come comunità cristiane, per essere più aperte, accoglienti e capaci di curare le relazioni? Esistono esperienze ospitali positive per ragazzi, giovani, famiglie (ad es. l’oratorio)?
Raccontare la propria esperienza di vita potrebbe aiutare a vivere la cristianità nelle case. Incontrare ed ascoltare sono obiettivi delicati e fondamentali per mettere a fuoco tutti insieme il nostro rapporto con la società civile, afflitta da gravi problematiche quali le povertà, lo spopolamento e l’emigrazione, la crisi demografica e sociale. La comunità si ponga l’obiettivo di formare un gruppo di operatori pastorali che siano in grado di relazionarsi con i giovani che non trovano la pretesa accoglienza. Ci sono anche gli immigrati: sarebbe una buona iniziativa invitarli a dialogare, per capire i loro bisogni e cercare di inserirli in maniera positiva nella nostra società: si studino iniziative e modalità per farli sentire a casa nelle Chiesa.
Che consapevolezza abbiamo nelle comunità cristiane di essere Diocesi, Chiesa locale?
Dall’analisi di alcune realtà, emerge un “clerocentrismo” parrocchiale: esiste solamente una condivisione delle iniziative affidata ai social. La nostra Chiesa locale non è soltanto la città di Piazza Armerina. Si chiede di essere più presenti negli altri comuni e di sapere ascoltare e realizzare le loro istanze. Si percepisce la “struttura” Diocesi distante, non aperta al dialogo, chiusa in sé stessa. Si pubblica un settimanale a beneficio di pochi eletti, chiuso e magari lamentoso perché poco diffuso e poco letto. Che sia il giornale della Diocesi aperto a tutti, che utilizzi le capacità di tutti gli operatori parrocchiali, che incontri le forze culturali e che non si affidi a quei pochi eletti che neppure conosciamo. C’è una pagina facebook che va strutturata meglio: che abbia più visibilità e che sia affidata a responsabili esperti di comunicazione, altrimenti scade in cose inutili, rischiando che nessuno la segua con interesse e partecipazione. Coinvolgere i laici in questi campi e non solo i sacerdoti, che dovrebbero avere un interesse maggiore di incontrare ed ascoltare concretamente le persone, dove vivono.
Quale autorità, tra funzione consultiva e deliberativa, si è disposti a riconoscere agli organismi di partecipazione ecclesiale nell’esercizio della comune vocazione battesimale? In quale direzione andrebbero riformati?
In virtù della comune vocazione battesimale, si propone un rilancio degli organismi di partecipazione perché siano luogo di autentico discernimento comunitario, di reale corresponsabilità e non solo di dibattito e di organizzazione. È obiettivo principale fare funzionare gli organismi di partecipazione, nel rispetto delle norme dettate dalla Chiesa, perché non diventino un inutile ingombro. Si chiede che la Chiesa abbia fiducia nei laici e li voglia protagonisti nelle realtà locali, li promuova e li ascolti con umiltà. Si chiede anche una maggiore collaborazione tra parrocchie e associazioni che spesso si connotano come monadi o isole autonome, dedite solo alla concorrenza. Perciò i vari Consigli dovrebbero riprendere ad incontrarsi e camminare insieme.
Che cos’è che aiuta a vivere l’esperienza cristiana nelle case e cosa servirebbe per essere aiutati a viverla meglio?
Si suggerisce l’apertura di gruppi di formazione nei quartieri, capaci, con la presenza di giovani sacerdoti itineranti, di occuparsi di giovani, famiglie ed anziani. Per realizzare ciò non basta uscire, necessita un radicale cambiamento di vita. La Parrocchia deve muoversi verso le famiglie specie quelle distanti. Di fatto, ciò avviene attraverso i centri di ascolto e le iniziative particolari nei periodi forti dell’anno liturgico. È necessario attirare l’attenzione della fascia giovanile; il terreno fertile per una nuova evangelizzazione sono proprio loro. La Parrocchia deve porsi come realtà ecclesiale più autentica e coerente. Una parrocchia che si sforza di stare al passo coi tempi – anche relativamente ai temi sensibili, come la diversità di genere, i separati, i divorziati, i conviventi – ed in cui si faccia sempre più forte il desiderio di ascoltare la Parola e di ascoltarsi. L’esperienza di gruppi famiglia e di reti familiari dovrà risultare feconda, sia per la vita della comunità parrocchiale, sia per il benessere delle stesse famiglie.
Come possiamo evitare la tentazione dell’efficientismo affannato o “martalismo”, innestando il servizio dell’ascolto di Dio e del prossimo? Esistono esperienze positive in merito?
Per evitare la tentazione del martalismo è necessario limitare tutte le ostentazioni religiose che fuorviano. Tra le diverse esperienze positive possiamo affermare che nei molti incontri per la Lectio Divina la relazione con Dio è diventata più semplice e affascinante; ha fatto scaturire, nonostante le continue contraddizioni, l’autenticità del nostro essere e orizzonti di speranza a non perdere di vista l’essenziale, il definitivo, l’Assoluto.
Come coinvolgere le donne e le famiglie nella formazione e nell’accompagnamento dei presbiteri?
Si potrebbero pensare delle esperienze che prevedano per i seminaristi la permanenza, per diversi periodi, in ambienti familiari diversi da quello di origine. È necessità urgente che la donna acquisti e consolidi la sua collocazione all’interno della Chiesa, con i suoi carismi, con la sua preparazione e con le sue peculiari caratteristiche di genere, unitamente alle famiglie. Le donne col senso materno e protettivo, le famiglie col calore di un focolare che unisce, che guida, che consiglia per educare ciascuno con la vocazione battesimale scelta in esperienze che contribuiscono a fare crescere il Regno di Dio, comunicando il Vangelo.
Quali esperienze di ascolto della Parola di Dio e crescita nella fede possiamo condividere (gruppi biblici, incontri nelle case, lectio divina, accompagnamento spirituale di single e coppie, processi formativi a tutti i livelli…)?
Grazie alla Lectio Divina settimanale la comunità diocesana sta scoprendo la bellezza di Dio e sta imparando a conoscere i sentimenti di Dio ed il suo progetto di salvezza. La conoscenza e l’annuncio della Parola di Dio stanno diventando lentamente il fulcro per favorire una crescita personale e comunitaria. Tuttavia, la pratica della Lectio, in alcuni contesti, ha eclissato precedenti esperienze, vissute positivamente (per es. i cenacoli nelle case), in cui si attestava una partecipazione di gran lunga maggiore rispetto alla celebrazione settimanale in parrocchia e che erano ritenute, quindi, più incisive in ordine all’annuncio del Vangelo.
Conclusioni
“Il concetto di ascolto orientato – scrivono i referenti diocesani a chiusura della relazione – in seno alla pratica sinodale, rappresenta l’innovazione e la dinamicità nel processo evolutivo della Chiesa. Le forme saranno molteplici e porteranno alla crescita concerta, con una rilettura della prassi ecclesiale in chiave moderna. L’immagine della Chiesa-casa come Chiesa in uscita diventa il mezzo di fornire agli uomini e alle donne del nostro tempo l’opportunità di diventare buoni cristiani e buoni cittadini”.



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