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La nostra sintesi

Siamo un settimanale “a beneficio di pochi eletti, chiuso” e ci lamentiamo pure perché il giornale è “poco diffuso e poco letto”. I virgolettati, riportati nella sintesi diocesana della consultazione sinodale, impongono tuttavia una riflessione che possa mettere in chiaro quanto raccolto durante il lavoro egregio condotto dai referenti diocesani D’Arma e Nicotra. “Che sia il giornale della Diocesi aperto a tutti, che utilizzi le capacità di tutti gli operatori parrocchiali, che incontri le forze culturali e che non si affidi a quei pochi eletti che neppure conosciamo”, aggiungono questo buon proposito. Ed ancora: “C’è una pagina Facebook che va strutturata meglio: che abbia più visibilità e che sia affidata a responsabili esperti di comunicazione, altrimenti scade in cose inutili, rischiando che nessuno la segua con interesse e partecipazione. [Occorre] coinvolgere i laici in questi campi e non solo i sacerdoti, che dovrebbero avere un interesse maggiore di incontrare ed ascoltare concretamente le persone, dove vivono”.
Non siamo adusi a fare polemiche, ma sommessamente vogliamo richiamare all’attenzione di quanti si sono espressi, quanti sforzi, da 17 anni a questa parte, organizzativi ed economici siano stati fatti per diffondere il settimanale nelle parrocchie e tra gli operatori pastorali che in modo promozionale e gratuito ricevono il settimanale, senza neppure preoccuparsi di sostenerlo. Sforzi che però non hanno goduto di successi. Per qualche anno, quando ancora il cartaceo era in auge, abbiamo tentato la vendita nelle edicole dei dodici comuni della Diocesi. Ma abbiamo dovuto desistere perché i ricavi non erano sufficienti a coprire le spese. Eppure, ancora oggi, nonostante l’aumento delle tariffe postali e la drastica riduzione delle copie di stampa, quando offriamo (gratis, senza chiedere nulla in cambio) ai sacerdoti qualche copia del giornale per omaggiarlo ai fedeli che frequentano le messe domenicali, veniamo rifiutati perché “tanto non lo legge nessuno”. Capita spesso di vedere le copie accatastate in fondo alla chiesa, miseramente abbandonate e pronte per il macero, per non parlare delle copie arretrate ancora cellophanate sulla scrivania del parroco. Allora ringraziamo quei pochi eletti che continuano a sostenere il giornale sottoscrivendo ancora l’abbonamento.
Scriveva il direttore nel primo numero di Settegiorni: “Il settimanale nasce per rispondere all’esigenza, avvertita ormai da lungo tempo, di creare collegamenti in una situazione e in un momento di frantumazione non soltanto sociale. È questa la meta da raggiungere che ci si è proposti fin dall’inizio: muoversi per unire e dare voce a tutte le componenti della società, cercando di leggere gli avvenimenti con una angolazione particolare, lo dichiariamo subito, quale è appunto quella evangelica”.
Se, in parte, non ci siamo riusciti ce ne assumiamo la responsabilità. Che però sentiamo, per diritto, di condividere con quanti per anni non hanno voluto sposare il progetto giornalistico delle Comunicazioni sociali di diffondere l’immagine della Diocesi, quindi le sue attività.
Ormai ci avviamo verso la conclusione di questa avventura così faticosa per i presbiteri che ci lavorano, tanto che talvolta è stato inevitabile trascurare altri impegni pastorali. Ma, si badi bene, quello di lavorare ad un settimanale diocesano lo abbiamo considerato un impegno pastorale al pari di altri. Probabilmente avremmo dovuto coinvolgere maggiormente i laici, ma si sa che “senza soldi non se ne cantano messe” e la Diocesi non è in grado di sostenere un’impresa editoriale in perdita. Eppure, tanti amici hanno risposto al nostro invito collaborando mensilmente condividendo il progetto editoriale. Come invece, ci consta dirlo, non hanno fatto i presbiteri che nonostante le sollecitazioni, più e più volte, hanno continuato a bistrattare, ignorare, talvolta ridicolizzare il lavoro della nostra redazione. Così non siamo stati notiziati sulle attività pastorali e al nostro posto, organo ufficiale della Comunicazione della Diocesi, si è preferito affidare tutto alle pagine social personali e delle parrocchie dove “non fanno altro che tessere le proprie lodi e magnificare le loro imprese calpestando l’umiltà e mostrandosi sempre in primo piano per essere lodati ed apprezzati” in nome di quel “clerocentrismo” accennato sulla sintesi. A tal proposito vale la pena ricordare che nel 2019 abbiamo creato la pagina facebook ufficiale della Diocesi che impone, quotidianamente, un lavoro costante di condivisione, informazione, grafica, aggiornamento. È quello che abbiamo provato a fare nel rispetto dei – oggi – circa 7 mila follower che ne seguono il profilo online. Certo, sono pochi se si pensa alla popolazione del web che può avere interesse a seguire la Chiesa di Piazza Armerina. Ma vi assicuriamo che sono numeri reali, frutto di un lavoro che abbiamo svolto “da soli”. Si contano sulle dita di una mano i preti, le organizzazioni diocesane di ogni genere che coinvolgono questa redazione giornalistica, quindi l’ufficio per le Comunicazioni sociali chiedendo una collaborazione. A chi, raggiunto dall’indagine realizzata per la sintesi, ci fa apparire lamentosi, chiusi, “per gli eletti” rispondiamo che noi siamo qui per loro. Lo siamo sempre stati anche se si ostinano a non volerlo riconoscere. La redazione è al servizio della Diocesi e la comunicazione e l’immagine passano ufficialmente da qui, filtrati da 3 giornalisti pubblicisti che prestano il proprio servizio. Noi siamo il tramite ufficiale tra ciò che accade qui dentro e ciò che accade fuori e viceversa. Ma si fa finta di non capire. O di non sapere. A chi nella consultazione sinodale ha fatto le affermazioni sul settimanale comunichiamo che dalla fine di settembre il giornale “a beneficio dei pochi eletti” chiude. O meglio, si converte. Non ci sarà più il formato cartaceo. Ma solo la versione online. Non è una sconfitta, ma un adeguarsi ai tempi con l’augurio che sacerdoti, uffici, gruppi, associazioni diocesane comprendano che questa non è casa nostra. Ma è la loro casa con le porte sempre aperte perché nell’oceano della comunicazione telematica la voce della Chiesa possa continuare a farsi sentire.



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