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Il nuovo direttore Spirituale del Seminario propone una riflessione sulla paternità spirituale

C’è ancora bisogno di Padri

In un tempo come il nostro in cui la semplice “paternità umana” attraversa una profonda crisi già a partire dalle relazioni familiari, esercitare la più complessa “paternità spirituale” potrebbe apparire un compito quasi impossibile. Infatti, essere padri richiede sempre sacrificio e abnegazione, significa cioè, afferma Massimo Recalcati, “riconoscere l’alterità del figlio – un’esperienza che non è mai di appropriazione ma di decentramento” (Il segreto del figlio, 77). È questo il compito donativo che la Chiesa esercita da sempre attraverso il suo magistero e la sua dottrina ma anche chiamando alcuni dei suoi ministri a farsi generatori, quindi “padri”, dei Suoi “figli”.
Ma a cosa potrebbe servire oggi un “padre spirituale”?
Il padre del deserto Evagrio Pontico (IV secolo) consigliava ai giovani monaci l’apertura del cuore al “padre spirituale” quale arma efficace nella lotta contro gli spiriti malvagi. La figura del “padre spirituale” è da sempre considerata fondamentale per una sana vita di preghiera e un serio cammino di fede. Ecco perché anche nei seminari lo spiritus directorviene considerato l’accompagnatore fidato e sincero che in modo disinteressato aiuta i giovani candidati al sacerdozio a maturare nella fede e a crescere nella carità, esercitando per eccellenza il dono del discernimento.
La storia cristiana ha avuto autorevoli “padri” e “madri” di vita spirituale che hanno indicato attraverso strade e percorsi diversi la comune meta da perseguire. I numerosi apoftegmi dei padri del deserto, le regole di san Benedetto e di san Francesco, gli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola, la salita al monte Carmelo di san Giovanni della croce, il castello interiore di santa Teresa d’Avila, l’itinerario delle Sette Chiese di san Filippo Neri sono solo alcuni tra i più noti percorsi di vita spirituale attraverso i quali comprendere la volontà di Dio e raggiungere l’unione mistica. Il direttore spirituale, quindi, non è un “navigatore solitario” ma si fa egli stesso compagno di cammino sotto l’azione comune dello Spirito Santo alla sequela anch’egli dell’unico Maestro e Salvatore.
Il discernimento è la parola chiave di questo accompagnamento dato che il “padre spirituale” dovrà soppesare, passare in rassegna, separare e dividere ciò che pur essendo buono può a volte non essere la volontà di Dio. Il discernimento è ciò che Giovanni Climaco definisce semplicemente “la comprensione sicura della volontà di Dio in ogni tempo, luogo e circostanza” (La scala, XXVI). Una “comprensione” che si acquisisce gradualmente, coltivando l’intimità con Dio e la carità fraterna.
La manifestazione dei pensieri al padre spirituale, in vista dell’ottenimento del dono del discernimento, aiuta quindi una coscienza retta a liberarsi da una volontà a volte viziata, a combattere le illusioni e le esagerazioni, con lo scopo di aprire gli occhi sulla realtà, su noi stessi e su Dio. Una più certa conoscenza di sé e della volontà di Dio è, quindi, lo scopo della direzione spirituale che, senza una guida, rischia di diventare vacua e autoreferenziale.
È chiaro che dinanzi ad un “altro” a cui aprire il proprio cuore e la propria coscienza si possono trovare delle resistenze: si può provare vergogna, avvertire la paura di non essere capiti o giudicati, oppure si può cadere in preda della vanagloria o della superbia, credendo di potercela fare da soli. Ecco perché non ci può essere vero discernimento dello Spirito che non porti con sé l’umiltà dei pensieri, la verità della vita, la docilità del cuore, l’accettazione dei propri limiti e un sano equilibrio in tutto ciò che si fa. La pace del cuore è uno dei frutti più sicuri che lo Spirito riserva a chi si lascia guidare, nello sforzo sempre costante di riconoscere la propria vocazione e il proprio posto nel mondo. Se le cose stanno così, allora la “paternità spirituale” oggi è molto più urgente di quanto si pensi, senza pensare che l’una, quella spirituale, possa per questo sostituire l’altra, quella umana, ma nella certezza che, parafrasando Enzo Bianchi, un altro maestro dello spirito del nostro tempo, la “paternità spirituale” possa condurre l’anima a riconoscere il volto misericordioso di un Dio che si rivela a noi soprattutto come Padre.



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