Violenza su minore a Gela: l’avv. Tuccio puntualizza

La Diocesi è estranea alla vicenda e non poteva essere chiamata a rispondere

di Giuseppe Rabita

Dagli addosso all’untore. È lo sport preferito da certi giornalisti che, una volta individuato un colpevole, gli attribuiscono ogni sorta di nefandezza, interpretando i fatti in base al loro pregiudizio o presunta verità (ovviamente parziale) per accreditarsi come autorevoli difensori del bene comune. È il caso apparso qualche giorno fa sulla testata on-line Meridionews.it e si riferisce alla condanna di un imputato di abuso sessuale a danno di minori avvenuto a Gela nei locali della parrocchia salesiana. Il difensore della vittima, l’avv. Carmelo Tuccio, ha emanato una nota, inviata alla testata interessata e al nostro settimanale, in cui fa alcune precisazioni.

In riferimento all’articolo sulla condanna a otto anni di reclusione per abusi sessuali su minore – afferma l’avv. Tuccio – avvenuti all’interno della parrocchia salesiana di Gela di quello che viene definito ‘ministrante gelese’, apparso sulla testata on-line meridionews.it dal titolo ‘Abusi nella diocesi di Piazza Armerina: un’altra condanna scuote la Chiesa’ del 6 luglio 2025 a firma di Jerry Italia, si precisa quanto segue: la famiglia intende precisare che avrebbe fatto a meno di intervenire per evitare di ritornare su una vicenda molto dolorosa che sovraespone mediaticamente la vittima; che comunque era doveroso intervenire per senso di giustizia riportando la notizia ai fatti realmente accaduti; che nessun rimprovero poteva essere mosso al parroco della chiesa, in quanto immediatamente dopo essere stato informato del comportamento del responsabile degli abusi ha disposto definitivamente il suo allontanamento dalla chiesa; che la vittima non è mai stata allontanata dalla chiesa come erroneamente riportato dall’articolo; che il sacerdote è stato informato dei fatti dai genitori e non dai servizi sociali ed ha allontanato immediatamente l’imputato, il quale altri non era che uno dei chierichetti adulti. Inoltre la diocesi di appartenenza non poteva assolutamente essere chiamata a rispondere di un comportamento che è stato di tipo occasionale e da parte di un soggetto a cui non è stato conferito alcun ruolo ufficiale. Per questo motivo la famiglia della vittima ha agito solo ed esclusivamente nei confronti del responsabile non essendoci elementi per chiamare a rispondere del suo comportamento, la chiesa e la diocesi di appartenenza”.

Fin qui il comunicato integrale. Ovviamente l’articolista ha voluto cavalcare l’onda mediatica degli avvenimenti riguardanti il caso Rugolo per mescolarli in un unico tritacarne insinuando che la diocesi di Piazza Armerina abbia tenuto atteggiamenti omertosi e abbia ormai perso credibilità perché segnata da una “catena di scandali e da una presunta rete di omertà e silenzi colpevoli tra le mura ecclesiastiche”. In tal modo, generalizzando, tende a gettare discredito sulla Chiesa piazzese, al pari di altri operatori locali della comunicazione, più interessati come lui a ergersi a paladini e moralizzatori che al servizio della verità. Sono orgoglioso di appartenere a questa Chiesa, che amo come mia madre, e non permetto che il suo volto venga infangato con calunnie e insinuazioni.

 

 

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