
Dopo i giorni dell’elezione di Papa Leone XIV il web è intasato da notizie, le più varie. Molti tendono a definirlo, ancora oggi, di destra o di sinistra ed, inoltre, si tende a coglierne i tratti di somiglianza o di dissomiglianza col caro santo Padre Francesco che ci ha lasciati. É sempre celata la tentazione per noi cristiani di pensare e ragionare come la maggioranza, essa nasce dall’innato istinto mediatico di rimanere dentro il giudizio umano, il quale non ci fa vedere oltre. Mentre noi dovremmo essere gli esperti che sanno guardare tutto come dono e dal di dentro di Dio, dove, direbbe San Paolo: Gesù, per grazia, ci ha trasferiti. Noi discepoli del Signore siamo chiamati a non cedere a nessuna tentazione di giudizio a priori, invece, a saper cogliere la bellezza che ogni dono è dato, in quanto tutto concorre al bene di coloro che, Egli, Dio ama.
Ancora porto negli occhi, e credo come tanti – pur se visto attraverso lo schermo – la scena della piazza in cui si vedeva l’aspetto di un mondo variegato, la quale nella sua diversa espressività, rivestita da una moltitudine di bandiere, rimaneva armonica, gioiosa, eppure unificata dalla presenza del Cristo Risorto, il quale per il soffio dello Spirito Santo la rendeva bella e la incoraggiava a percorrere il cammino insieme. Soprattutto l’intera Chiesa veniva sollecitata dalle parole di Pace del nuovo vicario di Cristo. Credo che abbia colpito molto l’empatia che si è creata subito tra Papa Leone XIV e i diversi fedeli. La Chiesa è apparsa, sotto questa linea, una Chiesa giovane, serena, instancabile nel proseguire il cammino, ormai nuovamente capace di andare avanti, ovviamente non sottovalutando la difficoltà del momento presente. Papa Leone XIV, certamente ci stupirà ancora e ci affascinerà, come ha già dato modo di sorprenderci e continuerà a farlo.
Egli è una figura fisicamente minuta, ma che già ha rivelato una statura teologica, pastorale di grande levatura. Le sue origini, i suoi molteplici studi e l’esperienza missionaria, insieme al Carisma Agostiniano che l’ha intriso e l’avvinto, gli consentiranno di affrontare la responsabilità a cui i Cardinali e lo Spirito Santo l’hanno chiamato.
Egli, quale uomo di Dio, è nei diversi incarichi avuti – sia nella congregazione agostiniana, come nella Chiesa peruviana e nel dicastero per i vescovi – si è mostrato ponderato e coraggioso; tali qualità gli permetteranno di affrontare la res novae tumultuosa dei nostri giorni. La sua capacità di discernimento che ha esibito già come ponderato ascoltatore e dialogante interlocutore, daranno, a lui personalmente e all’intera Chiesa, frutti copiosi.
Certamente siamo chiamati a riporre la nostra fiducia in Cristo Risorto e nel suo Spirito. Non dimentichiamo che siamo nell’Anno Giubilare: l’Anno della “gioia e della speranza”. Pertanto, questo Pontificato ha iniziato sotto il segno della gioia e della speranza, ciò ci pone a ben gioire e credere che davvero è un dono provvidenziale per l’intera Chiesa e per l’umanità. Molti erano i pronostici, eppure lo Spirito Santo è stato all’opera, l’elezione che è stata preparata nella riflessione schietta e per il bene della Chiesa ci ha sorpresi tutti; avendo a cuore ciò che essa, la Chiesa, ha bisogno. L’elezione, infatti, è avvenuta in un alveo di preghiera ed è stata una votazione guidata dallo Spirito Santo, per questo ha dimostrato al mondo di essere qualcosa di diverso rispetto a tutte le altre categorie di elezioni. Quando attendevamo è stata una sorpresa dello Spirito Santo! Senz’altro la scelta di Papa Leone XIV risponde molto bene al profilo del Successore di Pietro che lo Spirito ha voluto e disegnato per questo tempo. L’esito ha certamente sorpreso i commentatori, perché ha testimoniato ancora una volta che la vita della Chiesa, quando è autentica pur nella sua fragilità e obbedisce a una logica diversa rispetto a quella solo umana – spesso troppo antropica – a cui siamo abituati nella vita sociale e politica. È la logica incisa e valida per sempre nella Parola – cosi come dicono gli Atti degli Apostoli- ‟Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi” a proposito della sinodalità.
Si tratta, per noi credenti, di una logica in cui il primato è sempre quello dell’ascolto dello Spirito Santo, ascoltandosi gli uni gli altri e facendosi guidare nelle proprie scelte, non dal proprio sentimento, dai propri punti di vista, ma cercando il più possibile di conformarsi al punto di vista di Cristo Risorto che vive nella relazione.
La vita e largire della Chiesa è evangelica, se è frutto della ‟relazione” – non solo umana amicale e nemmeno di comodo – poiché il rapporto tra i suoi membri, in Gesù, vivono la reciprocità che ci fa essere uno in Lui per lo Spirito; questa è la ‟relazione” vera ed è questa relazione nella quale Cristo ci convoca a stare, a rimanere perché egli vuole il ‟Bene Sommo” della famiglia umana.
Nel discorso iniziale Papa Leone XIV ha usato il termine ‟insieme” e ‟Chiesa sinodale”: questi termini sono un impegno a camminare uniti, vivendo e sperimentando l’essere Chiesa sinodale e missionaria, è un invito che corrisponde alla identità e alla missione più profonda dell’essere Chiesa, così come il Concilio Vaticano II l’ha messa in rilievo e come il processo sinodale in atto sta manifestando. Credo che Papa Leone XIV abbia voluto dire a tutti noi di proseguire su questo cammino, come peraltro Papa Francesco aveva desiderato. Siamo nella fase di ricezione dell’assemblea Sinodale; pertanto, alla luce di questo processo, il nuovo successore di Pietro si è presentato alla Chiesa con chiara consapevolezza che il processo vada avanti. Inoltre, questo tratto ce l’ha presentato come un esercizio da compiere insieme, quando ha proferito di camminare ponendo le nostre mani in Dio e tra di noi. Credo si evinca che Egli desidera continuare a far crescere la Chiesa nello stile sinodale e comunionale, in una spiritualità relazionale. Tutto ciò lo si nota anche dalla sottolineatura del bisogno che avverte della dinamica collegiale con i vescovi, quindi desidera rafforzare il cammino di una Chiesa sinodale.
Egli, con la sua autorità ci ha chiamati tutti a cooperare, ciascuno secondo il proprio ministero e carisma, a questo grande slancio di annuncio e di testimonianza di Gesù in un mondo come il nostro. La sfida evidentemente non è solo questione di metodo sinodale, ma di comunione, dimensione emersa anche durante le Congregazioni. Come è stato detto, da qualcuno in questi giorni, il Papa non si è presentato come un assolo, bensí come un direttore di una grande orchestra; Egli si pone come vicario di Cristo ad aiutare ogni strumento a suonare per creare sinfonia, cosí da poter realizzare quella armonia che è fare spazio all’azione dello Spirito Santo, capace di costruire la pace, la giustizia e la fraternità tra tutti. Il suo richiamo all’unità, con respiro evangelico e agostiniano, è stato un sollecitato invito per tutti ad essere costruttori di una pace disarmata e disarmante. Nel suo primo discorso, sollecitando alla responsabilità e all’impegno ogni singolo battezzato e tutti insieme come comunità, ha posto l’azione ad essere non solo recettori ma soggetti attivi della Chiesa; sollecitando l’impegno di ciascuno a rimettere Cristo Gesù al centro della vita, del cammino di fede e dell’amicizia senza tentennamenti, ma con gioia, con semplicità e libertà.
La scelta del nome si può collegare a varie figure della storia, così il nome è investito di molteplici ed enormi significati. Evidentemente tutti hanno fatto appello a Leone XIII che è l’immediato predecessore riguardo al nome, ma potremmo e possiamo riferirci anche ad altri grandi Papi che hanno portato il nome Leone. Per esempio, perché non pensare a Leone Magno che ha centrato tutto il suo ministero, straordinariamente importante per la storia della Chiesa, sull’affermazione della verità di Gesù come vero Dio e vero uomo. Non è un caso che ricorrono quest’anno 1700 anni dal Concilio di Nicea. Inoltre, c’è senza dubbio un riferimento a Leone XIII, che non è stato solamente il Papa della questione sociale con la Rerum Novarum, ma anche colui che affidò la Chiesa allo Spirito Santo, impegnato a porre le basi di una cultura nuova per affrontare la nuova situazione, determinata, in quegli anni, dalla rivoluzione industriale, la quale portò ad una vita sottoposta a gravi pericoli. Anche oggi di pericoli ne viviamo: tra questi la mancanza di un codice etico che governi l’intelligenza artificiale, la quale nonostante sia un dono, può rivoltarsi come un pericolo contro l’uomo, impoverendolo in modo particolare nel campo del lavoro. I nuovi poveri oggi sono anche gli operai e i lavoratori, i giovani senza più punti sicuri di riferimento.
Inoltre, l’invito di Leone XIII ai sacerdoti: ‟Uscite dal chiuso delle sacrestie” all’ora incoraggiò tanti e tra questi il servo di Dio don Luigi Sturzo, il quale fu motivato e entusiasta di orientarsi verso l’impegno sociale, tale invito fu ‟ante litteram” espressione della Chiesa in uscita. Egli ieri, e noi oggi, siamo chiamati a rileggere la storia come storia di salvezza in atto, quindi, nello studio della storia della Chiesa e della Civiltà Cristiana, possiamo trovare l’unica vera chiave interpretativa degli eventi di ogni tempo; proprio San Agostino fu colui il quale iniziò a liberarsi della storia come continuo ritorno dei cicli e ricicli storici, direi meglio la storia pensata come un continuo eterno ritorno. San Agostino, invece, legge la storia nella linea provvidente di Dio che la conduce e accompagna l’uomo verso un fine preciso che è Lui stesso. Sì, Dio, nel suo compiersi escatologico.
Infine, il nome Leone potrebbe richiamare anche il grande compagno di viaggio e amico di San Francesco d’Assisi, a cui Francesco, nel 1224, ha scritto di suo pugno, quel testo, la Chartula, il quale richiama quattro concetti straordinari: la custodia, il mostrare il volto di Dio, la misericordia e la pace. Il testo è una benedizione, perché non pensare che Papa Leone XIV abbia avuto in animo il desiderio, in continuità con Papa Francesco, di continuare a rafforzare la logica evangelica della misericordia che manifesta il volto di Dio-Amore e mostra nel suo volto la pace; del resto in sintonia con tutta la portata carismatica di San Agostino la pace e l’unità sono il vero volto di Dio che la Chiesa è chiamata a mostrare al mondo.
Tutto ciò rimanda ad una sorta di custode della tradizione che si rinnova e continua nella sua creatività, pur nel desiderio di farsi promotore della misericordia e della pace. Ogni successore di Pietro è chiamato, difatti, ad accogliere il testimone dell’eredità precedente e poi, a sua volta, a consegnare ai posteri il ‟depositum fidei” che sempre si arricchisce di nuove intuizioni e ricchezze spirituali. Mi pare possa dirsi che egli, pur con una sua personalità tutta nuova, si pone nella linea che ci ha indicato Papa Francesco, ovvero desidera raccoglierne, da un lato l’eredità e dall’altro innovare, come sempre avviene a quanti ascoltano veramente lo Spirito Santo, il quale dal tesoro del suo Essere trae, come dice la Scrittura, cose antiche e cose nuove. La sua attenzione allo Spirito e il fatto che egli è dono dello stesso, mi fa ben sperare e credere pienamente che il Signore lo renderà sempre più strumento provvidenziale, in Gesù, quale seminatore della semente della pace, della gioia e di vita nuova per tutta la Chiesa e per tutti i popoli.