
L’esempio di De Gasperi
L’evento La Chiusura del processo canonico della causa di beatificazione, nella sua prima fase diocesana, di De Gaspari è una coincidenza oppure un segno provvidenziale che ci richiama e interpella? Recentemente, lo scorso 28 febbraio, si è chiusa a Roma l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità per la Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Alcide De Gasperi, il rilevante statista trentino scomparso il 19 agosto 1954. Questo evento si iscrive dentro lo scenario di una crisi profonda dell’europeismo che Egli sognò e spinse come profezia per il futuro dei popoli del vecchio continente. Oggi nonostante il peso delle controversie interne che continuano a caratterizzare il trumpismo, l’attenzione si sta chiaramente orientando verso l’Europa, in un contesto globale dove la competizione con la Cina è sempre più intensa. Come sottolinea il giornalista americanista, Alessandro Tapparini, «si è sprecato tempo e fiato raccontandoci che Trump ha come intento quello di lavorare a un divorzio degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa e della NATO». Questa narrazione non è ancorata ancora alla realtà, ma rimane come campanello d’allarme perché l’Europa è in una fase di difficoltà sia sul piano industriale e, soprattutto tecnologico,sia sul quadro, già da tempo evidenziato da molti, di una crisi sistemica che va oltre le difficoltà economiche per l’assenza di leadership di politiche solide. Tuttavia, per l’Europa questa situazione non deve essere vista esclusivamente come una minaccia, ma una opportunità per cogliere una prospettiva diversa nel rilanciare il sogno dei padri dell’europeismo.
Nell’orizzonte della crisi si affaccia ancora la profezia di un uomo di Dio L’Europa, oggi, si trova in una condizione di grave debolezza, che la rende una preda ambita sia degli Stati Uniti sia della Cina. «L’Europa è in una fase di difficoltà sul piano industriale e, soprattutto, tecnologico ma starà ai governi europei cercare di gestire questa situazione, cercando in ciò delle opportunità». L’obiettivo per gli Stati Europei, e in particolare per l’Italia, sia quello di trasformare le pressioni in vantaggi concreti, evitando di cadere in una subordinazione totale o, peggio ancora, in uno scenario di conflitto economico o geopolitico. In tale scenario la figura di Alcide De Gasperi è un richiamo e direi un intercessore perché lo Spirito illumini e viri le sorti del vecchio continente. Egli non cercò mai il potere per interesse personale. Il suo ruolo nella costruzione dell’Europa unita è stato ed è un contributo «oggi più attuale che mai». La sua vita e il suo pensiero oggi riemerge preponderante perché in una crisi globale la situazione europea chiede che il vecchio continente sia unito più che mai. La Chiesa italiana con questo atto lo riconosce un testimone credibile della fede e noi tutti siamo chiamati a considera la sua vita e il pensiero e la sua azione patrimonio, indiscutibile, della nostra storia italiana ed europea. Egli quale uomo di fede, avendo la Chiesa riconosciuto le virtù eroiche e avendone chiuso il processo diocesano è testimone sicuro che con la politica ci si possa fare santi non già ‟nonostante la politica” ma piuttosto proprio‟ attraverso la politica”. Si cita spesso la frase: ‟La politica è la forma più alta di carità… ˮ. A pronunciarla per primo questa frase non è stato Papa Paolo VI. Anche Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI l’hanno ripetuta e persino Papa Francesco… ma chi l’ha pronunciata per primo è stato Papa Pio XI. La frase letterale di Papa Achille Ratti (1857-1939) è dell’Udienza del Santo Padre ai dirigenti della Federazione Universitaria Cattolica (18 dicembre 1927). Egli, Papa Pio XI affermò in quell’occasione: «E tale è il campo della politica, che riguarda gli interessi di tutte le società, e che sotto questo riguardo è il campo della più vasta carità, della carità politica, a cui si potrebbe dire null’altro, all’infuori della religione, essere superiore». E aggiunse: «Tutti i cristiani sono obbligati ad impegnarsi politicamente. La politica è la forma più alta di carità, seconda sola alla carità religiosa verso Dio». In questo orizzonte Alcide visse e in questo alveo di pensiero maturo, insieme a tanti altri, il suo sogno europeista. Oggi ritorna il suo sogno europeista e rimane quale appallo che vuole compiersi. Egli fu un uomo di profonda fede cristiana, un uomo che, nella sua vita, ha realizzato ponti piuttosto che innalzare muri.
Alla chiusura dell’inchiesta diocesana della causa di canonizzazione dello statista il vicario del Santo Padre, Mons. Reina ha detto: «Egli rifuggiva dalla personalizzazione della politica, dalla politica spettacolo, anzi tanto più divenne lontano da ogni rappresentazione trionfalistica dei fatti così tanto fu concreto». Egli era attento alla realtà, e concentrava il suo impegno nel ricercare di dare risposte ponderate e insieme concrete ai problemi reali della comunità. Per lui la politica era autenticamente servizio, come testimoniò con il pensiero e con l’azione. Egli aveva una concezione profonda della democrazia che nutrita di grandi ideali e dall’identità ben definita, parlamentare, non solo formale, in cui all’impegno per la libertà si accompagnava quello per l’uguaglianza, la giustizia sociale, la solidarietà. De Gasperi fu tra i primi a comprendere che la cooperazione tra gli Stati Europei fosse la chiave per garantire pace e stabilità.
Il progetto europeista Il suo contributo al progetto europeo è più attuale e urgente che mai, in un momento storico in cui l’integrazione europea affronta sfide complesse e in cui il rischio di frammentazione è sempre presente. Sia oggi una spinta e un recupero il metodo che egli realizzò per tutti e la sua idea di politica, basata sul dialogo, rimase uno schema di riferimento. In questa prospettiva, Sua Eminenza Reina ha parlato di «metodo De Gasperi», fondato sul «confronto costruttivo e sulla ricerca di soluzioni condivise, un approccio necessario per ricostruire la fiducia nelle istituzioni, in un’epoca segnata dalla polarizzazione e dal populismo». Il suo impegno politico «non era mosso da ambizioni personali – ha detto ancora il cardinale vicario -, ma da una sincera vocazione a servire il prossimo, tanto che la sua azione da credente e battezzato è stata definita ‟profetica, sacerdotale e regale” nella missione di costruire un futuro migliore per la società». Egli fu contemplativo e uomo d’azione, uomo di preghiera e politico nel senso più alto del termine.
Alcuni tratti del suo pensiero De Gasperi non ha lasciato riflessioni teoriche sull’Europa, ma ha lasciato tanti discorsi, lettere, articoli che permettono di rintracciare il suo percorso europeistico. Non fu un uomo di teorie ma un’idealista che non perse mai di vista il realizzabile. Lo vediamo bene attraverso due argomentative domande: per quali ragioni fare l’Europa? Come fare l’Europa? Egli a queste domande avrebbe risposto così:“è possibile individuare due ragioni: la pace e la democrazia”. Per lui, unire l’Europa era una necessità perché significava garantire la pace e la democrazia. Tali obiettivi, per un uomo di quella generazione che si confrontò con due guerre mondiali, con la sacralizzazione della Nazione, con le dittature più orrende della storia dell’umanità, non erano delle considerazioni astratte o teoriche. Molto concretamente si trattava di questioni fondamentali per il futuro dell’uomo europeo. Nella sua famosa conferenza pronunciata a Bruxelles il 20 novembre 1948 egli disse: «Lo spirito di solidarietà europea potrà creare, in diversi settori, diversi strumenti di salvaguardia e di difesa, ma la prima difesa della pace sta nello sforzo unitario che, comprendendo anche la Germania, eliminerà il pericolo della guerra di rivincita e di rappresaglia». Mentre più tardi, dinanzi all’Assemblea del Consiglio d’Europa a Strasburgo, il 10 dicembre 1951 disse: «Ma la condizione essenziale per una resistenza esterna efficace, è in Europa la difesa interna contro una funesta eredità di guerre civili – tali bisogna considerare le guerre europee dal punto di vista della storia universale –; questo alternarsi, cioè di aggressioni e rivincite, di spirito egemonico, di avidità di ricchezza e di spazio, di anarchia e di tirannia che ci ha lasciato la nostra storia, per il resto così gloriosa. È dunque contro questi germi di disgregazione e di declino, di reciproca diffidenza e di decomposizione morale, che dobbiamo lottare. Noi siamo consapevoli di doverci salvare e con noi il nostro patrimonio di civiltà comune e di esperienza secolari». In queste guerre europee sempre ricominciate, De Gasperi vedeva il fallimento dei metodi della diplomazia classica nei rapporti internazionali, delle politiche di equilibrio, del cosiddetto «concerto europeo», dei congressi internazionali, dei trattati di amicizia o di pace, delle politiche di appeasement, soluzioni che tutte avevano dimostrato la loro inadeguatezza di fronte alla tentazione di risolvere i problemi con la forza e di fronte all’aggressività dei «nazionalismi esagerati» denunciati da Papa Pio XI ieri, e da tutti gli altri Papa poi, sino a Papa Francesco. «Il Trentino» scriveva con tanta lucidità di fronte a un’Europa pronta a saltare nel buio della guerra: «È come se ad un tratto fosse venuta meno in tutti la fede nelle convenzioni, nei trattati, nella forza dei diritti, ed ognuno avesse sentito il bisogno di tapparsi in casa rinserrandovisi con il catenaccio e barricandosi ad ogni apertura. … Come appaiono vuote ora le parole d’ordine ‟solidarietà umanaˮ, ‟fratellanza universaleˮ, predicateci in tutte le rivoluzioni politiche … Come è nuda, come si rivela in tutto il suo crudo verismo codesta Europa moderna proclamatasi tante volte nei congressi e nelle esposizioni internazionali madre disinteressata dei progressi umani».Discorsi che, pur se è cambiata la scena e gli attori rimangono attuali. Pertanto bisogna riascoltare questi appelli perché se ci appoggiamo a questi grandi e saliamo sulle loro spalle sapremo andare oltre e guardare dall’Alto e lontano. Egli fu un uomo di confine, come Schuman e Adenauer, sapeva cosa significasse concretamente la guerra, sapeva precisamente che la guerra era madre di tutte le miserie.Oggi c’è purtroppo un clima di guerra e una guerra mondiale a pezzi, continua a dire Papa Francesco, pertanto è urgente fare memoria di coloro che ci hanno lasciato la luce per seguirla, un cammino già intrapreso e non arrestiamolo per voltarci altrove intraprendendo altri sentieri.
Conclusione Dinanzi alla memoria e agli stimoli di uno dei grandi oggi bisognava trovare dei metodi nuovi, imboccare una strada radicalmente nuova. Il fondamento dell’europeismo degasperiano era l’attaccamento alla democrazia. La democrazia non è soltanto una forma di governo, non è soltanto una tecnica parlamentare, è qualche cosa di più: è una certa idea della persona umana nella società. La democrazia è un valore «di essenza evangelica», come diceva Bergson. La democrazia crea le condizioni del convivere civile, e l’Europa è il migliore antidoto contro il veleno del totalitarismo e di ogni forma di dittatura. A partire da questa doppia ricerca della pace e della democrazia che si deduceva dalle terribili esperienze del Novecento, quale Europa costruire? Quo vadis? Dove andare? Innanzitutto l’Europa a dire di De Gasperi dovrebbe rispettare le autonomie locali. Non si trattava di creare uno Stato nuovo che prendesse il posto degli Stati esistenti, ma di pensare una costruzione nuova di federazione nella quale la diversità e l’unità coesistano. Infine, avere ricordato lo statista De Gasperi, che si avvia agli onori dell’altare, in un momento storico in cui si avverte la necessità di leader credibili e coerenti, mi è sembrata una coincidenza o meglio una ‟Dio-incidenzaˮ perché la sua figura rimane un faro di luce che emerge come un modello attuale. La sua eredità oggi continua ad essere un segnale luminoso per le future generazioni, dimostrando che l’integrità, la dedizione e il senso del dovere,come carità in atto, possono lasciare un segno indelebile nella storia di un Paese e dell’intero Continente Europeo.