La necessità d’integrazione tra culto e cultura e tra creato e creature
La sfida è urgente sia per proteggere la nostra casa comune sia per una lettura altra della realtà. La teologia come ancilla del sapere ha il compito d’illuminare dal didentro l’uomo e ogni realtà in rapporto a colui che presiede la creazione. Il presente intervento intente spingere ad una riflessione che colga l’urgenza di due aspetti apparentemente distanti ma in reale rapporto. Non a caso si parla oggi di elaborare una ecologia integrale, cosi come la propone papa Francesco nel quarto capitolo della Laudato si. Egli intende riproporre, nelle sue diverse dimensioni e collocare per ridare «il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda». A partire da questo fondamento, papa Francesco propone inoltre un rinnovamento della politica internazionale, nazionale e locale, dei processi decisionali in ambito pubblico e imprenditoriale, del rapporto tra politica ed economia e di quello tra religioni e scienze; egli fonda tutta la sua proposta su un dialogo trasparente e onesto. Lui, sulla base della convinzione che «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo», offre «alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana».
Il teologo Lorenzo Gasparro – afferma che oggi è costatabile il fatto che riamane un serio punto mancante di fondo, benché l’ecologia sia al centro della sensibilità e dell’attenzione mediatica, la relazione tra Gesù e la creazione non è stata finora approfondita. Pertanto se il culto prima di tutto è ascolto allora l’ascolto della relata divine conseguenza. Infatti è necessario ascoltare e cogliere, supplendo a tale mancanza, per avere consapevolezza che il tema dell’ecologia sia rilevante nell’insegnamento di Gesù. Sebbene Gesù non tratti esplicitamente il tema ecologico, quello che mette in scena nel suo insegnamento è un mondo dove l’uomo conosce i ritmi del creato, ne rispetta le leggi, se ne prende cura e lo custodisce con dignità. Inoltre Gesù schiva il ritualismo e la logica-maggio sacrale come se tutto debba rimanere nelle mani di Dio senza coinvolgimento personale e comunitario dell’uomo. Il culto che egli inaugura è nuovo ed è frutto di rapporto il quale presume relazione piene dal basso perché gli uomini sono chiamati ad ascoltare e lodare il creatore sino alla collaborazione e al coinvolgimento. Questi non possono solo limitarsi a vivere feste che poi non incidono nelle scelte operative della vita. Il cosmo che Gesù racconta ha una dimensione altamente ecologica, perché in esso uomo e natura appaiono in una perfetta comunione e in una reciproca integrazione. Il Gesù dei Vangeli ribadisce, insieme all’intera Scrittura, la fondamentale vocazione del cosmo a diventare un secondo tempio o šekīnah di Dio sulla terra. L’uomo, così come è descritto da Gesù, non è un semplice abitante, né un mero fruitore del cosmo, ma il destinatario consapevole e grato di un dono prezioso, ricevuto dalle mani di Dio, da preservare e valorizzare. Per il cristiano, dunque, l’ecologia non rappresenta una moda del momento, ma una risposta urgente dentro una dimensione integrante ed essenziale della sua fede. La crisi di fede e la crisi ecologica attuale dipende anche dal fatto che l’uomo ha preso il posto di Dio è più che servire si serve della religione per celebrare se stesso inoltre per secoli la natura è stata considerata un puro «contesto» o «strumento» per il benessere dell’uomo. Si tratta di un antropocentrismo esasperato, che si è nutrito, tra l’altro, dell’erronea lettura di alcuni testi biblici (come Gen 1,28), ma anche di una mancata attenzione al messaggio evangelico e a quella «ecologia implicita» insita nelle parole e nella prassi di Gesù. Più in generale, oggi è urgente occuparsi di temi cosi attuali e la riflessione urgente da proporre sia dimostrare come l’impatto etico del testo biblico non si limiti ai soli insegnamenti esplicitamente ingiuntivi o parenetici, ma si estenda a tutto l’insieme. Sarebbe ingenuo ritenere che la Scrittura sia normativa solo quando tocca esplicitamente questioni morali o ricorre a forme verbali imperative: ogni testo biblico, di qualsiasi genere e contenuto, ha una dimensione etica, perché, offrendo al lettore un’immagine della realtà, gli chiede implicitamente di accoglierla e farla propria per trasformarla, direi meglio contribuire alla trasfigurazione.