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Rubrica 1/

Paolo VI e lo Spirito Santo

I cinquanta giorni pasquali culminano con un dono del Risorto: lo Spirito Santo. In queste ultime quattro settimane, che si separano dalla Pentecoste, saremo accompagnati dalla rubrica “Lo Spirito Santo nei Papi”. L’occasione è propizia per mettere in evidenza, seppur per via generale, il pensiero dei papi Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco.

Paolo VI, esperto in umanità e spiritualità, è stato definito grande maestro di spirito perché esperto dello Spirito Santo. La sua vita è segnata dalla presenza e assistenza dello Spirito. Egli nasce a ridosso della pubblicazione dell’enciclica sulla Terza Persona trinitazia Divinum illud munus che citerà più volte durante il suo ministero, sia durante gli anni di servizio in Segreteria di Stato, in cui ha approfondito la presenza dello Spirito nella dimensione biblico-liturgica, sia durante gli anni milanesi, soprattutto nella festa della Pentecoste, sia durante gli anni di pontificato romano. Per papa Montini, la festa della Pentecoste era molto importante e in occasione di essa ha sviluppato varie catechesi, omelie e discorsi.

La visione che innanzitutto ha il Papa, riguardo lo Spirito Santo, è che Egli è il principio della gioia della Chiesa: Gesù risorto dona lo Spirito ai suoi discepoli, affinché rimanga sempre con loro.

Lo Spirito Santo è principio sia della nostra interiorità, sia della nostra attività apostolica. Tramite la sua presenza si realizza la duplice unione della Chiesa con Cristo e con Dio, e della Chiesa con tutti i suoi figli. Egli è colui che guida la Chiesa verso la piena verità, è colui che la unifica nella comunione e nel mistero, anche perché la istruisce e la dirige riversando i suoi doni e i suoi carismi, l’abbellisce dei suoi frutti.

La costante che denota il magistero petrino di Paolo VI, è che la Chiesa è innanzitutto nata dalla Pentecoste, è manifestazione visibile dell’opera dello Spirito Santo nel mondo e continua, in maniera perpetua, ad essere animata dall’azione e dalla presenza dello Spirito; egli è fonte e motivo e guida della Chiesa di Cristo.

La Pentecoste non è solamente il momento della nascita della Chiesa, ma è anche la continuazione dell’opera di Cristo, l’espansione del volere divino nella storia, la manifestazione della comunione di Cristo e del popolo santo. Lo Spirito Santo agisce in maniera prediletta soprattutto per le singole anime e per la Chiesa.

Ovviamente, per Paolo VI, l’effusione dello Spirito non riguarda solo ed esclusivamente le singole anime e la Chiesa, ma interessa l’umanità tutta intera. Il messaggio della Pentecoste ha un carattere universale, inclusivo e non escludente che non ha confini geografici, etnici, storici e sociali.

Lo Spirito Santo è il Dono del Padre, che deve essere onorato, lodato e glorificato insieme al Padre e al Figlio. Tale Dono va atteso e cercato là dove Cristo ha promesso che sarebbe arrivato. Il Paraclito, nel momento in cui si accoglie, rende santa la Chiesa: «Lo Spirito Santo è il principio divino animatore della Chiesa. È vivificante […]. È unificante. È illuminante. È operante. È consolante. È santificante, in una parola: conferisce alla Chiesa questa nota, questa prerogativa, d’essere santa»; sono suo tempio i fedeli di Gesù: «rende le singole anime, che sono in grazia di Dio, un tempio della divina presenza». Cristo, col dono dello Spirito Santo, annunzia tra Lui e l’uomo, un nuovo rapporto intimo e interiore.

Il rapporto che il Signore vuole stabilire con i suoi fedeli non è etereo ma esistenziale, reale, rinnovato, che si fonda su una relazione intima che è data dalla presenza dello Spirito. L’uomo è chiamato a ricordarsi sempre dello Spirito Santo, ad invocarlo per divenire capace di «captare questa voce interiore e silenziosa, questa presenza di Dio, e a pregustare in questo colloquio che si chiama vita spirituale cristiana, qualche cosa del colloquio eterno a cui siamo invitati per il Paradiso».  Solo l’uomo spirituale riesce a cogliere le ispirazioni che provengono dall’ascolto della voce silenziosa interiore, essa vibra nel nostro cuore. Chi ha aperto il cuore alle sofferenze dei fratelli, ai bisogni e alle esigenze della Chiesa riesce ad ascoltare la voce dello Spirito trasformandolo da uomo egoista, arrivista, chiuso, in uomo nuovo, pieno di coraggio e generosità, dunque, in santo.

Per Paolo VI, la vera vita cristiana è dono dello Spirito Santo, essa proviene da Lui insieme ai frutti di cui parla San Paolo.  Dallo Spirito arrivano alla vita cristiana la consolazione, il conforto, l’ausilio. La genuina vita cristiana, presieduta dalla presenza e dall’azione performante dello Spirito Santo, «è austera […]; conosce il dolore e la rinuncia, esige la penitenza, fa propria il sacrificio, accetta la croce e, quando occorre, affronta la sofferenza e la morte. Ma nella sua espressione risolutiva la vita cristiana è beatitudine» perché «Lo Spirito consolatore, lo Spirito di Cristo, che la conforta, la sorregge, la abilita a cose superiori, la dispone a credere, a sperare, ad amare. È sovranamente ottimista. È creativa. È felice oggi, in attesa d’una piena felicità domani».

L’opera santificatrice del Paraclito anima continuamente la Chiesa. La Pentecoste sta all’origine della Chiesa, non è solamente un fatto importante storicamente avvenuto, ma si manifesta «come un principio vitale, come l’inizio della animazione soprannaturale della Chiesa, come la sorgente d’un miracolo permanente, quello dell’infusione dello Spirito Santo negli Apostoli e nei credenti in ordine alla formazione di Cristo nelle loro singole vite e nell’intera comunità, unita ma interamente differenziata e gerarchica».

Allora, è ben chiaro, come la Chiesa non è solo istituzione e nemmeno solo Spirito, ma è sia pneumatica che istituzionale, in questo modo viene meno la dicotomia carisma/potere. A differenza della catechesi tradizionale, che considerava la Chiesa solamente nel suo aspetto visibile e quindi istituzionale, Paolo VI, facendo eco al dettato conciliare, non nega l’aspetto visibile ed istituzionale, ma fa risaltare l’aspetto spirituale-misterico-divino della Chiesa animata dallo Spirito del Risorto.

La grazia dello Spirito Santo arriva, in via ordinaria, attraverso i sacramenti. Essi sono mezzi di salvezza, di istituzione divina, che vengono amministrati attraverso il presbitero. I sacerdoti diventano veicoli dello Spirito Santo, mezzi che donano la grazia e vanno ritenuti dispensatori diretti dei misteri di Dio.

Nell’apostolato ecclesiale, papa Montini non considera solamente il clero ma inserisce anche i laici che, già a partire dal Concilio Vaticano II, avevano avuto riconosciuto tale ruolo, e invita alla presa di coscienza di essere tutti apostoli per vocazione.  Il rammarico di Paolo VI è quello che la “cultura di Pentecoste” non sia stata ancora del tutto recepita, come era successo durante i primi anni di vita della Chiesa.

Anche se lo Spirito è l’anima del credente, Paolo VI sembra voler differenziare lo Spirito Santo dall’apostolato. Questo avviene perché considera lo Spirito e l’apostolato come coloro che uniscono tutti i credenti nel Corpo mistico di Cristo. Cristo promette di mandare lo Spirito Santo e manda anche gli apostoli, ed entrambe le missioni scaturiscono da Gesù. La volontà del fondatore della Chiesa è quella che venga sempre vivificata dallo Spirito e che venga costruita dagli Apostoli. Coloro che costruiscono il corpo della Chiesa sono gli Apostoli, mentre la sua anima interiore è lo Spirito di Cristo.

Il cuore di pastore spinge Paolo VI a porre attenzione alla questione ecumenica rilevando che i progressi compiuti in tale direzione sono frutto dello Spirito Santo. Per il Papa, il Consolatore ha un ruolo principale e determinante in questa problematica, ne è lui la causa. Qualsiasi azione o discorso umano, sull’ecumenismo, sarebbe inefficace se non dipendesse dall’azione misteriosa e potente dello Spirito, che ha la parte principale e determinante. Colui che immette nei cuori il desiderio di un sereno e verace confronto e unità è lo Spirito Santo; è lui che ci fa convergere gli uni verso gli altri e che porterà a compimento l’opera iniziata dal Signore Gesù. L’unità chiesta dallo Spirito è necessaria perché il mondo creda.

Paolo VI in Meditazioni inedite fa menzione del ritiro spirituale tenuto a Castel Gandolfo per sei giorni, dal 18 luglio 1974. Egli annota come il quinto giorno è dedicato allo Spirito Santo. Lo schema della giornata ha come inizio la “Preghiera allo Spirito Santo” dopo la quale scrive: «L’effusione dello Spirito Santo è un fatto reale, storico e soprannaturale che interessa in pieno la nostra teologia, la vita della Chiesa e la nostra vita interiore; bisogna tenerlo ben presente e bisogna meditarlo senza fine». Si può ben dire che la sensibilità e l’amore del Pontefice bresciano verso la persona dello Spirito Santo ricevono un’ulteriore conferma!

*PhD in Teologia con specializzazione in Mariologia



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