17 Novembre 2025

“Il povero è la salvezza del ministero presbiterale”

Ad Agrigento il 46° Dialogo dei seminaristi di Sicilia

di Giacomo Pardo, Seminario Vescovile Piazza Armerina

Dal 7 al 9 novembre, una delegazione del nostro seminario ha preso parte, come di consueto, al XLVI Dialogo dei Seminari di Sicilia. Ospiti del Seminario Arcivescovile di Agrigento e accolti da mns. Luigi
Renna, vescovo delegato per i seminari, abbiamo condiviso momenti di riflessione e confronto sul tema: “Il presbitero e l’animazione delle realtà sociali.
Durante le tre giornate si sono succeduti numerosi relatori, offrendo stimoli e provocazioni. Tre interventi, in particolare, ci hanno profondamente segnato. Il primo, tenuto da don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro della CEI, ha posto al centro la cura dei poveri come opzione preferenziale del presbitero. Il sacerdote, ha ricordato, è chiamato ad abbassarsi per servire, perché lì dove vive il povero, il Vangelo chiama.
Il secondo intervento, di suor Antonietta Papa FMM, responsabile del progetto Sicilia–Lampedusa UISG, ha raccontato la sua esperienza missionaria in Amazzonia, tra gli Xerente, una comunità indigena priva di presbiteri, ma ricca di laici impegnati nella guida e nell’animazione della vita pastorale. La religiosa ha mostrato come il laicato possa diventare cuore pulsante della missione, prospettiva che le nostre Chiese devono ancora imparare a valorizzare.
Infine, mons. Renna ha presentato alcune figure di “preti sociali” — don Luigi e mons. Mario Sturzo, don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani e mons. Tonino Bello — che con la loro vita hanno testimoniato un ministero radicato nella carità, nell’impegno civile e nella giustizia sociale.
Nel confronto finale tra i seminaristi delle 18 diocesi di Sicilia sono emerse diverse riflessioni e sfide attuali:
– la fuga dei giovani dalla nostra terra,
–  il rischio di concepire il presbitero come un “influencer del sacro”,
– la necessità di superare la frammentazione dei gruppi parrocchiali, evitando di ridurre la parrocchia a un luogo di “prestazioni religiose”.

La comunità cristiana deve invece essere una rete di relazioni autentiche, dove ciascuno si senta corresponsabile della vita ecclesiale.
Un momento particolarmente toccante è stata la veglia di preghiera celebrata nella chiesa di Santa Chiara a Canicattì, dove si trovano le reliquie del Beato Rosario Angelo Livatino, martire della giustizia.
Nel rileggere una sua conferenza, siamo stati colpiti da queste parole: «…in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata…»
Queste parole esprimono la profonda visione cristiana della giustizia di Livatino: per lui l’esercizio del proprio dovere non era solo un compito civile, ma un atto di fede e di amore, un modo concreto di servire Dio attraverso il prossimo.
La testimonianza del dott. Ottavio Sfarlazza, magistrato e amico del Beato, ha ulteriormente arricchito il momento, presentandoci un Livatino capace di vivere pienamente la sua fede nella professione, uunendo giustizia e Vangelo nella quotidianità.
Le giornate vissute ad Agrigento hanno rinnovato in noi la consapevolezza che il ministero presbiterale nasce dal servizio umile, dall’ascolto della realtà e dall’attenzione ai più fragili. Il dialogo tra le diocesi, le
testimonianze dei relatori e la preghiera accanto al Beato Livatino ci hanno ricordato che solo affrontando le sfide del nostro tempo con fede, coraggio e responsabilità sociale il presbitero potrà essere segno autentico della misericordia di Cristo.

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