
Nella nuova strategia appena resa pubblica (Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne PSNAI) Meloni e soci condannano vasti pezzi del Paese: “Non possiamo invertire la tendenza, ne va accompagnata la decadenza”; l’effetto: niente più investimenti per tenere i giovani e portare servizi, secondo la pagina Economia de Il Fatto Quotidiano di giorno 30 giugno 2025. Il Governo decreta la morte delle are interne. Salvatore Laterra “Mai letto un documento di così cinica e cruda spietatezza”, secondo Enna Magazine di giorno 11 luglio 2025. “Allarme spopolamento entro il 2050 a rischio soprattutto le aree interne”; Giorgetti: “Servono azioni mirate”; La Piana (Cisl): “Puntare su lavoro, formazione e welfare”; vedasi articolo di giorno 19 giugno 2025 sulle pagine del quotidiano La Sicilia. Ci sono 291 Comuni destinati a morire. La denuncia di Giosuè Catania, presidente di Cia Sicilia Orientale: “Secondo il nuovo Piano Strategico non potranno più porsi l’obiettivo di invertire il declino demografico, ma al massimo un percorso di invecchiamento”. Invero, da tempo la Sicilia delle aree interne soffre lo spopolamento e lo scorso marzo una lettera aperta del francescano Calogero Peri, Vescovo di Caltagirone, ha cercato di porre l’attenzione sul problema invitando le autorità nazionali e regionali ad attivarsi. Se la politica è sorda alle esigenze delle comunità grandi e piccole, “siamo sicuri che la politica possa fare qualcosa se non ascolta i propri cittadini”, vedasi articoli di giorno 13 luglio 2025 sulle pagine del quotidiano La Sicilia. A questo punto le cose, “Forse è arrivato il momento di finirla di affrontare il tema dell’immigrazione in maniera ideologica… il modello Riace può salvarci”, afferma il giornalista Gianfranco Gravina. Nel quadro complessivo dei problemi che condizionano lo sviluppo di aree territoriali classificabili come “interne di collina e di montagna” o, molto più brevemente, come “svantaggiate”, assumono rilevanza fondamentale le iniziative rivolte a interventi coordinati e polivalenti; tali, cioè, da essere in grado di incidere positivamente sui fattori che determinano lo “svantaggio”. In altre parole, si ritiene che i problemi dello sviluppo (o del superamento dello svantaggio) delle aree vadano affrontati facendo perno sulla crescita delle attività agricole, ma incidendo anche positivamente su altri settori ad essa collegati, come l’artigianato, l’agriturismo, l’agroindustria e il terziario specifico. Bisogna, cioè, agire sui fattori dello svantaggio (naturali, economici e sociali) con interventi specifici, coordinati e finalizzati. Per portare avanti un tale programma di interventi è necessario mobilitare e canalizzare cospicue quantità di risorse finanziarie ribaltando, però, i criteri e gli obiettivi che fino ad oggi hanno caratterizzato il sistema degli incentivi pubblici nella nostra Regione, sistema che è stato, per larga parte, finalizzato ai settori e ai territori più forti economicamente ed organizzativamente. Una scelta programmatica politicamente illuminata, ma anche realistica, deve prendere atto che nella nostra Regione, così come in molte altre aree territoriali del Mezzogiorno, ogni ipotesi organica di sviluppo sociale e produttivo passa attraverso la rivitalizzazione delle aree svantaggiate, laddove si sovrappongono e si intersecano problemi secolari ma anche gli effetti di sbagliate scelte di politica economica. Occorre, cioè, elaborare, formulare proposte perché il problema delle aree interne e del loro sviluppo venga affrontato con serietà ed organicità, assumendo come costante punto di riferimento la rimozione dei fattori dello svantaggio, tra i quali assumono particolare rilevanza quelli scaturenti dalla complessa e regredita problematica sociale, caratterizzante le aree interne siciliane. Questa trova la sua origine, per limitarci a tempi recenti, negli effetti di politiche economiche sbagliate, che hanno prodotto il depauperamento delle risorse umane, in seguito ad importanti e disordinati flussi migratori, e la scarsa attenzione riservata, in termini di mantenimento e potenziamento, agli interventi per i servizi sociali. Ciò non poteva non determinare, come del resto ha determinato, lo spopolamento delle campagne, i fenomeni diffusi di abbandono e di estenuazione dell’agricoltura, l’arretramento complessivo di questo settore produttivo (anche nelle aree avvantaggiate), l’aggravamento dei problemi specifici delle aree svantaggiate, quali, per esempio, la mancata salvaguardia del territorio, la scarsa difesa dell’ambiente, la riduzione delle disponibilità di risorse finanziarie, le carenze nei servizi civili e negli interventi infrastrutturali, la mancanza di sicurezza nelle campagne. Da quest’ultimo punto di vista, risulta evidente che la soluzione dei problemi delle aree svantaggiate appare strettamente vincolata e condizionata dall’eliminazione delle deficienze strutturali riguardanti principalmente il settore della scuola e dell’istruzione, quello della sanità, dei trasporti, della cultura e dello svago.