
Giovedì 22 maggio si celebrerà la festa di Santa Rita (la religiosa agostiniana, dello stesso ordine di papa Leone XIV, che fu canonizzata 125 anni fa e conosciuta come l’avvocata delle cause impossibile e dei casi disperati): una festa del popolo che, in tutto il mese di maggio, si reca al Santuario di Cascia da ogni angolo della Terra per partecipare agli eventi ritiani, fermarsi accanto all’urna della Santa e trovare la comprensione, il raccoglimento e l’ascolto di cui ognuno di noi ha bisogno. In Aidone le giornate dal 19 al 22 maggio saranno scandite da celebrazioni eucaristiche officiate dadon Carmelo Cosenza, nonché da incontri articolati in catechesi e testimonianze proprio per riscoprire la figura di questa mistica quale donna di speranza e momenti di preghiera personale, presso la Chiesa di Santa Maria la Cava, ove trovasi la statua di Santa Rita da Cascia con viso angelico e Crocifisso in braccio. Margherita Lotti, questo era il nome secolare della Santa, nacque intorno al 1381 a Roccaporena, un piccolo paese di montagna vicino a Cascia, in provincia di Perugia; i genitori, Antonio Lotti e Amata Ferri, l’attesero per dodici anni e un angelo ne annunciò la nascita in sogno. Essi stessero educarono Rita, insegnandole a leggere e a scrivere. Le notizie certe sulla prima parte della vita di Rita scarseggiano; sembra che fin da piccola sia stata protagonista di episodi straordinari, ma forse si tratta solo di leggende. I genitori di Rita erano dei pacieri di Cristo, cioè, grazie alla loro fede riconosciuta anche dai compaesani, mediavano e portavano la pace tra guelfi e ghibellini in continua lotta fra loro. Rita crebbe serena e, pur nel rispetto dei genitori, a sedici anni espresse il desiderio di entrare in convento e consacrarsi a Dio, ma i genitori avevano combinato il suo matrimonio con Paolo Mancini, considerato un uomo violento e alcolizzato. In diciotto anni di matrimonio Rita riuscì ad ammansirlo e a riavvicinarlo al cristianesimo. ConPaolo Rita ebbe due figli, Giangiacomo Antonio e Paolo Maria, che educò nel cristianesimo anche se i ragazzi, vivaci e caratteriali come il padre, non furono mai docili. Quando Paolo fu ucciso proprio dai vecchi amici, che consideravano il suo cambiamento di vita come un tradimento, Rita perdonò gli assassini, ma i figli decisero di vendicarsi. Rita, compresa l’inclinazione che li avrebbe portati alla dannazione eterna, pregò Dio di farli morire nella carne piuttosto che nell’anima: fu esaudita perché i due ragazzi si ammalarono e morirono. Il dolore fu grande, ma nella fede la donna si rasserenò. Rimasta sola, Rita poté finalmente seguire la propria vocazione: chiese per tre volte l’autorizzazione a entrare nel monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena a Cascia, ma la sua richiesta fu sempre respinta perché era vedova di un assassinato e le monache temevano volesse, prima o poi, la vendetta. Invece la Santa riuscì a far riconciliare la famiglia del marito con quelle degli assassini, che furono perdonati, e fu così accettata in convento. Secondo la leggenda, arrivò al monastero di notte, trasportata in volo dai suoi santi protettori, Agostino d’Ippona, Giovanni Battista e Nicola da Tolentino, direttamente dallo scoglio di Roccaporena. In questo monastero, che fu la sua dimora fino alla morte, Rita visse in pace e armonia con il Signore, tanto da ricevere un segno in fronte: una spina della corona di Gesù chela segnò fino a quando, dovendo partecipare a un pellegrinaggio a Roma, non sparì perché la badessa non le avrebbe altrimenti permesso di uscire dal monastero con le consorelle. Nel processo di beatificazione, durato per parecchio tempo, furono eseguite relazioni accurate. Rita fu beatificata da papa Urbano VIII nel 1627 e, infine, a oltre quattrocento anni dalla morte, canonizzata con tutti gli onori il 24 maggio del 1900 da papa Leone XIII (Fu eletto nel 1878 dopo la morte di Pio IX e fu l’ultimo Papa dell’Ottocento; dopo l’annessione di Roma all’Italia, Pio IX si rifiutò di comunicare con il nuovo Stato e si rinchiuse nei palazzi vaticani, dichiarandosi prigioniero dei Savoia. Dopo la sua scomparsa, Leone XIII comprese che i tempi stavano cambiando e ammorbidì il Non Expedit con l’enciclica Rerum Novarum, dichiarando che i cattolici italiani dovevano occuparsi della vita sociale e politica).