La diversità di genere maschile e femminile edifica la coppia.

 «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» ( Gn 2,18)

di I Coniugi Sebastiano Fascetta e Maria Muzzicato

Nella vita di coppia è fondamentale, per crescere insieme, imparare ad accogliere la diversità  di genere maschile e femminile per un proficuo sviluppo della propria identità all’interno della  relazione. L’uomo e la donna sviluppano la propria identità evitando ogni forma di isolamento solipsistico e autoreferenziale, per aprirsi alla diversità maschile e femminile.

Tra le cause principali della crisi[1] di coppia gioca un ruolo determinante l’incapacità ad accogliere la diversità di genere, a comprendere il diverso linguaggio nel modo di esprimere e di comunicare amore da parte dell’uomo e della donna. In particolare, nella fase dell’innamoramento[2] tali diversità sembrano sfumare dentro un processo simbiotico fusionale per poi approdare alla fase successiva dell’amore vero e proprio, dove necessariamente emergono con tutta evidenza le diversità di genere.

Man mano che ci si apre alla conoscenza reciproca le diversità uomo-donna emergono come dimensioni essenziali della persona e come occasioni benefiche per imparare a vivere una relazione d’amore feconda, aperta, rispettosa, armoniosa, dinamicamente protesa a superare le abitudini emotive, le pretese di sicurezza e la ricerca della soddisfazione dei propri bisogni.

Anche la Bibbia, in particolare il libro della Genesi, pone la questione creaturale della diversità uomo-donna. L’essere autosufficienti, chiusi in se stessi, risulta mortifero e non favorisce la crescita e lo sviluppo dell’essere umano, chiamato a essere immagine e somiglianza di Dio nella  relazione uomo-donna.

«Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» ( Gn 2,18). Il termine uomo non deve trarre in inganno perché non fa riferimento al maschio bensì all’umano cioè alla condizione che accomuna sia il maschio che la femmina. Non è bene che l’umano sia solo riguarda entrambi i sessi. Il termine ebraico utilizzato dall’autore per indicare l’uomo è adam che vuol dire il terroso sottolineando la sua dimensione umana, aderente alla terra.

Ma l’umano non si relazionale solo alla terra ma anche al cielo ovvero Dio : « Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (Gn 2,7).

L’adamah, l’umano, è vivente nella misura in cui si apre consapevolmente alla dimensione umana (la terra) e quella spirituale, interiore (soffio di vita). Se viene meno una di queste dimensione l’umano non diventa essere vivente , ovvero protagonista della vita che ha ricevuto, ma si limita a sopravvivere, subendo la vita, consumandola senza diventare pienamente e umanamente immagine e somiglianza di Dio.

La dicotomia tra terra e cielo, tra corpo e spirito, tra esteriorità e interiorità, tra umano e divino nella relazione uomo-donna riduce la vita a luogo di consumo, di soddisfazione dei propri bisogni secondo la logica del tutto e subito e dell’usa e getta.

A proposito dell’alto valore dell’altro, ha scritto Papa Francesco « “l’alto valore” dell’altro che non coincide con le sue attrattive fisiche o psicologiche – ci permette di gustare la sacralità della sua persona senza l’imperiosa necessità di possederla. Nella società dei consumi si impoverisce il senso estetico e così si spegne la gioia. Tutto esiste per essere comprato, posseduto e consumato; anche le persone. La tenerezza, invece, è una manifestazione di questo amore che si libera dal desiderio egoistico di possesso egoistico. Ci porta a vibrare davanti a una persona con un immenso rispetto e con un certo timore di farle danno o di toglierle la sua libertà » (Amoris Laetitia n. 127)

La coppia uomo-donna si sviluppa in maniera feconda nella misura in cui accoglie e sviluppa all’interno della relazione una particolare sensibilità amante verso la dimensione orizzontale e quella verticale, esterna ed interna. « Il frutto di questa unione è “diventare un’unica carne”, sia nell’abbraccio fisico, sia nell’unione dei due cuori e della vita e, forse, nel figlio che nascerà dai due, il quale porterà in sé, unendole sia geneticamente sia spiritualmente, le due “carni”.» (A.L. n. 13)

La seconda parte della frase di Genesi 2,18 « voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» rivela l’intenzione profonda del Creatore di mettere l’umano nelle condizione di non cedere alla solitudine autosufficiente, all’egocentrismo mortifero. Dio crea la donna (hishah) cioè pone al centro del compimento dell’umano l’alterità, la diversità. L’uomo (Hish) e la donna (Hishah) sono di aiuto l’uno per l’altro, sono possibilità di compimento reciproco accogliendo e vivendo la diversità maschile e femminile.

Il testo biblico non afferma una condizione d’inferiorità della donna rispetto al maschio; ella non è subordinata all’uomo, non deve servire o aiutare l’uomo quasi soccorrerlo come un inferiore rispetto a un superiore, ma entrambi sono di aiuto l’uno per l’altro nella misura in cui imparano a vivere la diversità di genere come dono.

Come la relazione con Dio è fondata sulla diversità tra l’umano e il divino, allo stesso modo la relazione uomo -donna si radica nella diversità di genere maschile e femminile. L’alterità costruisce la relazione.

Il termine tradotto con gli corrisponda non deve trarre in inganno, perché non vuole significare un atteggiamento remissivo e sottomesso da parte donna attraverso un fare accomodante, rassicurante, nel tentativo di accontentare da un punto di vista affettivo, psicologico, relazionale e  sessuale l’uomo. Piuttosto, il termine ebraico può essere tradotto : un aiuto che gli sia contro. Non c’è vero in-contro se non c’è un contro cioè se non si accoglie la diversità dell’altro che in qualche modo spiazza, apre a un modo di vedere diverso, altro.

In ogni relazione uomo-donna esiste questa dimensione del contro che non fomenta alcuna tensione  violenta o distruttiva ma è indicativa della diversità maschile e femminile da accogliere, conoscere, interiorizzare, valorizzare. Senza il contro si rischia di assimilare l’altro/a a sé, di annullare la diversità ritenendola come un ostacolo allo sviluppo di sé.

Ogni buona relazionale mantiene questo livello di tensione propria del contro che, ripetiamo, non è né vuol essere atteggiamento ostile o sospettoso dell’uomo verso la donna o viceversa, ma spazio aperto, vuoto, da non riempire attraverso la bramosia di possedere l’altro/a.

In una relazione uomo-donna autentica[3] l’essere femminile rivela all’uomo una dimensione probabilmente poco accolto o poco esplorata che però fa parte di sé e rinvia alla tenerezza, alla accoglienza, alla cura e alla sensibilità che la donna esprime nel suo modo di essere. Allo stesso modo, l’uomo rivela alla donna quel tratto di maschile che è in lei in termini di razionalità, ma anche di protezione, concretezza, essenzialità che è proprio dell’uomo.

Tutto il cammino di crescita della coppia consiste nell’integrare all’interno della relazione d’amore le diversità di genere, il diverso modo di comunicare e desiderare. L’uomo costitutivamente ha un linguaggio comunicativo diverso dalla donna e viceversa. Se non si comprende tale diversità si faticherà molto all’interno della vita di coppia nel manifestare in modo efficace l’amore per il proprio partner perché ognuno rimane sintonizzato nel proprio linguaggio, nella propria frequenza emotiva ritenendola come l’unica possibile e giusta.

Il consulente e scrittore Gary Chapman nel suo famoso libro I cinque linguaggi dell’amore spiega quali sono i linguaggi fondamentali dell’amore: parole di rassicurazione, i momenti speciali, contatto fisico, servizio, dono. Si tratta di cinque modi di cui le persone si servono per esprimere e comprendere amore a livello emozionale.

Per riconoscere i propri e gli altrui linguaggi dell’amore bisogna conoscere se stessi e capire cosa ci fa sentire amati e cosa fa sentire amato il proprio partner, ben sapendo che lo scopo dell’amore non consiste nell’ottenere qualcosa che si vuole per riempire i propri vuoti d’affetto, ma nell’agire in vista del bene dell’altro.

Da soli, come ricorda il brano di Gn 2,18 non possiamo crescere nella nostra identità, non possiamo maturare nell’amore, nella libertà e autenticità. Per quanto risorse possiamo possedere abbiamo sempre bisogno di essere amati per amare.

La vita di coppia si muove all’interno di questa dialettica di accoglienza della diversità di genere, di conoscenza di sé, dei propri e altrui linguaggi dell’amore.

Concludiamo con le parole di Papa Francesco «L’amore per l’altro implica tale gusto di contemplare e apprezzare ciò che è bello e sacro del suo essere personale, che esiste al di là dei miei bisogni. Questo mi permette di ricercare il suo bene anche quando so che non può essere mio o quando è diventato fisicamente sgradevole, aggressivo o fastidioso. Perciò, «dall’amore per cui a uno è gradita un’altra persona dipende il fatto che le dia qualcosa gratis ». ( A.L. n. 127)

[1]Per un approfondimento si rimanda al nostro articolo del 8 luglio 2025 “ Coltivare i gesti d’amore per superare le crisi”.
[2] Si rimanda per un ulteriore approfondimento al nostro articolo pubblicato il 4 giugno 2025:  “Dall’innamoramento all’amore”
[3]Per un approfondimento si rimanda al nostro articolo del 1 agosto 2025 “ Il ciclo vitale di una famiglia. La formazione della coppia”.

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