
In questi giorni con uno scarno comunicato “Annamaria Raccuglia Sindaco di Aidone”, ad opera di un post dell’ex consigliere comunale Gianlorenzo Suffia, con riferimento alla raccolta dei rifiuti, recita “La fototrappola E-Killer è già in comune. A breve verranno posizionati i pannelli. L’abbandono dei rifiuti è punito con multe che possono variare da 1.000 a 10.000 euro, e possono essere raddoppiate se i rifiuti sono pericolosi. Le multe si applicano sia ai privati cittadini che alle aziende e in alcuni casi possono includere anche l’arresto”. Invero l’abbandono e la gestione illecita di rifiuti sono reati puniti severamente dalla legge italiana. L’abbandono di rifiuti, sia da parte di privati che di aziende, comporta sanzioni amministrative o penali, a seconda della natura dei rifiuti e del soggetto responsabile. La gestione illecita, che include lo smaltimento non autorizzato, può portare a conseguenze ancora più gravi, come il sequestro di beni e la revoca di autorizzazioni ambientali. Per opportuna conoscenza ed intelligenza dei cittadini tutti, occorre leggere attentamente la parte IV del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”, anche noto come Testo unico dell’Ambiente, disciplina la gestione dei rifiuti. In particolare, l’articolo 183 fornisce importanti definizioni in tema di “rifiuti”, ovvero “Abbandono e gestione illecita di rifiuti”. La definizione di rifiuto è contenuta nell’articolo 183, comma 1, lettera a) del D. Lgs. 152/2006: qualsiasi sostanza od oggetto il cui detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi. Secondo l’articolo 183, comma 1, lettera h), il detentore può essere il produttore dei rifiuti o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso; quindi il soggetto che detiene i rifiuti non coincide sempre con il produttore. Infatti, la lettera f), del comma 1 dell’articolo 183 del D. Lgs. 152/2006, definisce il produttore dei rifiuti, come il soggetto la cui attività produce rifiuti e al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelamento o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di tali rifiuti (nuovo produttore). In via generale si tratta dell’impresa che esegue l’attività che genera i rifiuti: officina che produce rifiuti conseguenti alle lavorazioni (olii, pneumatici, batterie); impresa edile che genera macerie da demolizione; centro diagnostico che produce rifiuti sanitari. La classificazione dei rifiuti deve tenere conto di due aspetti, indicati dall’articolo 184, comma 1: origine (rifiuti urbani e rifiuti speciali); pericolosità (rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi). Per rifiuti urbani (art. 183 c. 1, lett. B-ter) si intendono: rifiuti domestici; rifiuti differenziati e indifferenziati simili per composizione a quelli domestici; rifiuti derivanti dalla pulizia di strade e cestini; rifiuti derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e rifiuti cimiteriali; rifiuti giacenti su aree pubbliche o aperte al pubblico. Costituiscono rifiuti speciali (art. 184, c. 3) quelli: provenienti da attività agricole; provenienti da attività di costruzione, demolizione e scavo; prodotti nelle lavorazioni industriali, artigianali, commerciali e di servizio diversi da quelli domestici; rifiuti sanitari e rifiuti derivanti da attività di recupero o smaltimento di rifiuti. La pericolosità dei rifiuti è definita dalle caratteristiche indicate nell’allegato I alla parte IV del D. Lgs. 152/2006: esplosivo, comburente, infiammabile, tossico, irritante, nocivo, infettivo, cancerogeno, corrosivo. Da qui il controllo mediante sistemi di video sorveglianza nel contrasto degli illeciti ambientali. L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza per il contrasto di illeciti ambientali era già in parte previsto dal Provvedimento del Garante Privacy del 29 aprile 2004, limitato alle ipotesi di abbandono, discarica abusiva. Il successivo Provvedimento del Garante Privacy dell’8 aprile 2010 ha ampliato l’ipotesi di utilizzo anche al controllo del rispetto delle modalità di conferimento/deposito dei rifiuti, le cui violazioni sono sanzionate in via amministrativa; il Garante fa rientrare tale attività in quelle previste dall’art. 13 della Legge 689/81. In applicazione dei richiamati principi di liceità, finalità e proporzionalità, secondo il dott. Gianluca Sivieri, l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza risulta lecito con riferimento alle attività di controllo volte ad accertare l’utilizzo abusivo di aree impiegate come discariche di materiali e di sostanze pericolose solo se non risulta possibile, o si riveli non efficace, il ricorso a strumenti e sistemi di controllo alternativi. Analogamente, l’utilizzo di sistemi di video sorveglianza è lecito se risultano inefficaci o inattuabili altre misure nei casi in cui si intenda monitorare il rispetto delle disposizioni concernenti modalità, tipologia ed orario di deposito dei rifiuti, la cui violazione è sanzionata amministrativamente (art. 13, Legge 24 novembre 1981, n. 689): Videosorveglianza ipotesi residuale, solo se impossibili/inefficaci altri sistemi di controllo; Ipotesi di abbandono di rifiuti/discariche abusive (anche illeciti penali); Violazioni amministrative in materia di conferimento (regolamenti, ordinanze). Oltre all’informativa “privacy” estesa (di secondo livello), disponibile sul portale comunale e eventualmente presso gli uffici, deve essere presente l’informativa di primo livello (cartelli di area videosorvegliata) installati: sul territorio (in modo stabile), nei pressi dei dispositivi, nelle vie di accesso alle aree boschive/rurali telecontrollate. L’utilizzo di sistemi ricollocabili (telecamere occultabili) è possibile nell’attività di indagine, anche di iniziativa: Rientra nelle ipotesi del D. Lgs, 51/2018; L’attività va documentata secondo le norme del c.p.p. Quali sono i limiti nell’attività di iniziativa: Riprese su are pubbliche/aperte al pubblico; Solo riprese video (no audio). Diversamente si tratta di intercettazioni ambientali in quanto “interferiscono” nella vita privata altrui. Attenzione ai data breach! Alcuni dispositivi ricollocabili, secondo Sivieri, comandante del Corpo di Polizia locale del Comune di Buccinasco, nascono per finalità ricreative e vengono adattate all’impiego per il controllo del territorio. Anche se dotate di sistemi di crittografia, possono comunque essere facilmente sottratte o comunque oggetto di dispersione di dati. Opportuno valutare tutti i rischi connessi! Nella fase delle indagini, assicurare le fonti di prova è compito della polizia giudiziaria (d’iniziativa o secondo le direttive del Pubblico Ministero). E’ fondamentale acquisire le fonti di prova in modo corretto, dice ancora il comandante Sivieri, al fine di renderle utilizzabili nel corso del procedimento: Art. 55 c.p.p., la polizia giudiziaria deve compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro; non è facoltà; Art. 348 c.p.p., assicurazione delle fonti di prova, ricerca delle cose e tracce pertinenti al reato, conservazione, nomina ausiliario; Art. 354 c.p.p., accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi: Particolari disposizioni per dati, informazioni, programmi informatici, sistemi telematici = assicurare la conservazione (duplicazione, conformità all’originale e immodificabilità; sequestro, extrema ratio); L’art 357 c.p.p., le operazioni previste dall’art. 354 e gli atti compiuti prima delle direttive del Pubblico Ministero (art. 348) devono essere verbalizzati Fermo restando il più ampio dovere di annotazione e verbalizzare le operazioni compiute: Modalità di acquisizione; Eventuali soggetti incaricati del download; Operazioni di riversamento su supporti informatici, duplicazione; Identificazione del file originale (calcolo dell’impronta di Hash); Operazioni di vision; Elaborazione. In materia di Videosorveglianza e accertamento di violazioni amministrative, il riferimento normativo è quello dell’art. 13 della Legge 689/81: Per l’accertamento di violazioni che prevedono sanzioni pecuniarie; Rilievi e ogni altra operazione tecnica. Anche nel caso di attività di accertamento ai sensi dell’art. 13 Legge 689/91, si ritiene opportuno documentare l’attività svolta, in modo da renderla verificabile in ogni fase del procedimento. A questo punto le cose, abbandono di rifiuti diventa reato: ma siamo certi che sia un bene? Prescindiamo dal commentare la utilità di tale scelta legislativa relative alle contravvenzioni previste dal TUA, limitandoci a evidenziare che a nostro avviso, nonostante la nostra natura biecamente repressiva, non ci sembra che l’inquinamento da rifiuti dipenda da inadeguatezza delle sanzioni ma dall’assenza di adeguati controlli. E, in ogni caso, si tratta di scelta che crea diversi problemi di comprensione e di razionalità.