
Ad Aidone nella chiesa di San Leone, rettoria della parrocchia San Lorenzo, guidata da don Giacinto Magro, in occasione della ricorrenza del 13 giugno della morte di Sant’Antonio di Padova, è in fase di svolgimento in questi giorni la preparazione alla festa del religioso portoghese (in realtà di origine portoghese, il Santo viene chiamato “Antonio di Padova” perché proprio in questa città ebbe luogo la sua attività più significativa; infatti, solitamente i frati prendono il nome di provenienza del convento cui appartengono e, in quest’ottica, è più corretta la denominazione “Antonio di Padova” che non quella con cui è normalmente noto, cioè “Antonio da Padova”, visto che il “da” indica la città di provenienza. In Portogallo è conosciuto come santo Antonio de Lisboa, cioè sant’Antonio da Lisbona). Nella chiesa di San Leone ogni giorno il rosario con la coroncina di Sant’Antonio e la celebrazione della Messa. Per il giorno della festa al termine della Messa la tradizionale benedizione del pane.
Antonio di Padova, Fernando di Buglione, forse diretto discendente del crociato Goffredo, nacque a Lisbona il 15 agosto del 1195. A quindici anni entrò come novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, appartenente all’Ordine dei canonici regolari di Sant’Agostino. Due anni dopo, per allontanarsi da parenti e amici che non gli permettevano il raccoglimento che desiderava, chiese di trasferirsi a Coimbra. A Coimbra,nel monastero di Santa Croce, si preparò all’ordinazione sacerdotale, che ricevette nel 1219. La grande preparazione sulle Sacre Scritture e l’innata predisposizione per la predicazione gli aprirono la strada a una carriera nell’ordine, ma Fernando, disgustato dalle manovre politiche tra i monaci e re Alfonso II, decise di votarsi a una vita più severa. Nel 1220, allorché furono trasportate a Coimbra le spoglie di cinque francescani morti per decapitazione in Marocco, dove i frati erano stati invitati in un’opera dievangelizzazione direttamente da Francesco d’Assisi, Fernando confidò ai francescani del convento di monte Olivares, venuti a prendere i confratelli martiri, il suo desiderio di vivere nello spirito del Vangelo. Superata non senza fatica l’opposizione del priore agostiniano e ricevuto il benestare dal provinciale francescano di Spagna, Fernando entrò nel romitorio dei Minori e mutò il proprio nome di battesimo in Antonio in onore del monaco cui era dedicato il convento di Olivais. Desideroso di predicare il Vangelo, chiese e ottenne di partire immediatamente alla volta dell’Africa, ma a bordo contrasse una malattia tropicale che lo costrinse a fare ritorno a Coimbra. La nave che lo trasportava fu spinta da una tempesta verso le coste della Sicilia, e in particolare a Messina. Antonio e il suo confratello Filippo di Castiglia, che viaggiava con lui, furono soccorsi dai francescani di un convento nei pressi della città. In occasione della ricorrenza della Pentecoste, Antonio fu invitato, così come tutti i confratelli, al Capitolo generale ad Assisi. Impaziente di ascoltare le parole di Francesco, Antonio si incamminò verso la cittadina umbra in un viaggio a piedi che durò diverse settimane. Giunto a Santa Maria degli Angeli, ebbe modo di ascoltare Francesco, ma non è chiaro se i due si incontrarono di persona. Subito dopo il Capitolo Generale, gli fu offerta la possibilità di trasferirsi a Montepaolo, vicino a Forlì, dove occorreva un sacerdote che celebrasse la messa per i frati che vivevano nell’eremo. Qui Antonio trascorse circa un anno in preghiera e penitenza conducendo una vita semplice. Quando la comunità dovette scendere a valle per assistere nella cattedrale di Forlì all’ordinazione di nuovi sacerdoti, fu assegnato ad Antonio il compito di predicare di fronte una vasta platea. La sua eloquenza e la sua preparazione gli guadagnarono il ruolo di predicatore, cui fu chiamato direttamente dai superiori di Assisi. Antonio cominciò a viaggiare senza sosta predicando la mitezza e la pace, laddove necessario con forza e rigore. Il suo impegno fu profuso in particolare nella predicazione contro i molteplici movimenti ereticali diffusi all’epoca. Giunto in Francia nel 1224, predicò in molte regioni e in un’occasione, secondo la leggenda, si manifestò in un episodio di bilocazione, predicando contemporaneamente in due luoghi diversi. Mentre si trovava ad Arles, si narra che gli apparve Francesco nell’atto di benedire la folla. Il 3 ottobre del 1226, a soli 44 anni, Francesco morì e al nuovo Capitolo Generale, convocato nel 1227 fu eletto come nuovo ministro dell’Ordine Giovanni Parenti, il provinciale di Spagna che lo aveva accolto anni prima tra i Minori e che lo nominò in quell’occasione provinciale dell’Italia settentrionale, di fatto la seconda carica più importante dopo lo stesso ministro, In questa nuova veste, Antonio, che all’epoca aveva 32 anni, intraprese un lungo viaggio, durante il quale si verificarono alcuni eventi miracolosi, per visitare i conventi e conoscere personalmente tutti i frati. Fra tutte le città visitate, Antonio scelse di stabilirsi a Padova dove iniziò a scrivere i suoi Sermoni, che gli guadagneranno la nomina a dottore della Chiesa. Nel frattempo Antonio continuò il suo instancabile viaggio attraverso tutta l’Italia settentrionale, sconfinando anche in Istria e Dalmazia. Continuò nel contempo la stesura delle sue predicazioni, che radunò nell’opera Sermoni per le feste dei santi, in cui predicava l’amore per Dio e la pietà verso i poveri, la preghiera, l’umiltà e la mortificazione, condannando con severità l’orgoglio e la lussuria, l’avarizia e l’usura. Su richiesta di papa Gregorio IX, nel 1228 tenne le prediche della Quaresima, per le sue predicazioni illuminate, il pontefice lo definì “arca del Testamento”. Si narra che le prediche tenute davanti a fedeli provenienti da ogni parte del mondo furono udite da ciascuno nella propria lingua. Per i tre anni successivi viaggiò ancora senza risparmiarsi, ma ormai stanco (soffriva d’asma e di idropisia) decisedi tornare a Padova e memorabili furono le sue prediche per la Quaresima del 1231.Fiaccato dal periodo quaresimali e dalle incessanti predicazioni, Antonio accettò l’invito del suo amico, il conte Tiso di Camposampiero, a recarsi presso il piccolo eremo presso il castello del nobile per trascorrere un periodo di meditazione e convalescenza. Secondo la tradizione, Tito fece allestire per lui un rifugio tra i rami di un grande albero di noce e Antonio prese a predicare anche dalla sua cella arborea. Una notte, recatosi a verificare le condizioni dell’amico, il conte fu abbagliato da una grande luce che usciva dal suo rifugio ed ebbe la visione di Antonio che teneva in braccio Gesù Bambino. Il 13 giugno 1231, Antonio comprese che la fine era vicina e chiese di essere ricondotto a Padova, dove voleva morire. Trasportato su un carro agricolo trainato da buoi, lungo il tragitto si aggravò al punto che fu necessario farlo ricoverare nel vicino convento di Arcella dove spirò la sera stessa. Dopo un’aspra disputa con il convento di Arcella che rese necessario l’intervento del padre provinciale la salma di Antonio fu portata nel convento di Santa Maria Mater Domini, dove egli avrebbe voluto morire. Subito accaddero dei miracoli e, a solo un anno dalla morte, Antonio fu canonizzato da papa Gregorio IX: da subito furono attribuiti alla sua intercessione molti miracoli e allora il vescovo e il podestà li sottoposero al giudizio di papa Gregorio IX che, avendo assistito alle prediche di Antonio, nominò una commissione per raccogliere le testimonianze e le prove utili al processo di canonizzazione. Nel 1946,Pio XII lo proclamò Dottore della Chiesa: Il frequente ricorrere di citazioni evangeliche nei suoi scritti e nelle sue prediche porto papa Pio XII a conferirgli il titolo di Doctor evangelicus, elevandolo così tra i dottori della Chiesa cattolica.