
La pastorale della Famiglia quest’anno aveva come tema: La famiglia in Cristo è speranza per il futuro; esso è stato declinato in altri tre incontri. Nel primo incontro, il teologo don Vito Impellizzeri ci ha aiutati a ribadire e a cogliere, da una parte la distinzione Uomo Donna e dall’altra, il diventare una sola carne in Cristo, perché la famiglia è dalla Trinità. In altri termini, l’amore dei due è lo stesso amore di Dio che li abita e lì per-forma, lì plasma. Solo in questa prospettiva il sacramento dei due, maschio e femmina, diviene il segno efficace che dice Dio-Trinità che agisce con loro e per loro nel mondo, cosi la loro casa diviene il luogo della presenza di Dio amore, la quale li rende capaci di per-dono, di accoglienza della vita nuova di un figlio, anche se disabile o con malattie, etc., di complicità a compiere sempre la volontà di Dio. Solo così la coppia, abitata da Gesù, è segno di Dio e lievito per il mondo.
Nel secondo incontro, guidato dalla Psicologa e Terapeuta Letizia Drogo, è stato declinato ulteriormente il tema, acquisendo gli strumenti per custodire l’amore, in modo da poter superare ogni conflitto.Ella ci ha permesso ancora una volta di scoprire che nel Vangelo ogni realtà è illuminante, persino il conflitto se lo si affronta con gli strumenti e l’attrezzatura giusta. Inoltre, ci ha aiutati a guardare la concretezza del quotidiano osservando le dinamiche della relazione tra coniugi e nel rapporto con i figli. Infatti, ci ha permesso di osservare con occhi aperti la vita, la quale ospita dentro la storia e nel travaglio dei rapporti Dio-amore. Ella ci ha invitati a cogliere i semi del Verbo dentro ogni disciplina per stare nel mondo, pur non essendo del mondo, da uomini maturi e liberi, capaci di immettere con saggezza e linfa nuova il valore dell’amore originato dalla Pasqua dentro la storia.
Nel terzo incontro di Domenica 18 maggio, siamo stati condotti dentro la rete mediatica da don Bucolo Salvatore, il quale ha una esperienza vitale e culturale capace di scrutare l’oggi.
Questa ultima declinazione ha posto le relazioni in due piani comuni: vere e virtuali. Don Bucolo, ha centrato la sua riflessione principalmente su un quesito: siamo davvero tutti connessi? Oggi passiamo gran parte del nostro tempo davanti ad uno schermo, eppure siamo davvero consapevoli delle minacce che l’affascinante mondo del Web nasconde al suo interno? Siamo sicuri di utilizzare al meglio le risorse digitali che ci vengono messe a disposizione, oppure ne siamo intrappolati? La realtà di oggi ci chiama a stare a questo gioco mediatico, ormai siamo così rapiti da questo luogo virtuale che quasi non riusciamo più a farne a meno. Proprio riguardante questo fattore don Bucolo ci ha spiegato che il Web ha i suoi vantaggi e le sue lusinghe eppure bisogna starci dentro e non scappare tenendo conto di entrambe le cose: la Rete è il motore di grandi cambiamenti; allo stesso modo, ci espone a diversi pericoli a cui bisogna fare attenzione.
La connessione è una menzogna, oppure è una realtà da ordinare? Possiamo affermare che la rete è una realtà: siamo di fatto connessi; tuttavia, rimaniamo lucidi e con gli occhi aperti in quanto questa realtà mediatica la quale si rivela, per certi aspetti e sovente, una menzogna, poiché anche se connessi non siamo in relazione. Ci siamo chiesti: una società multischermo, in cui internet e i social network sono visti come strumenti essenziali per informarsi e soddisfare i bisogni di socializzazione, è relazione vera? È sugli spazi virtuali come Instagram, Facebook, TikTok e altre app social che si costruiscono le nuove regole di comunicazione e interazione si hanno dei guadagni? Inoltre, anche senza volerlo, su queste piattaforme noi non siamo più solo semplici consumatori, ma costruttori della nostra identità? Oppure siamo costruttori di identità falsate? L’utilizzo consapevole ed equilibrato della Rete e delle applicazioni, consente la semplificazione di tutta una serie di operazioni (per es. la ricerca di informazioni e risposte rapide a dubbi concreti, l’uso dei pagamenti online, etc.), oltre allo sviluppo di una serie di competenze spendibili anche nella vita. Tuttavia, se da un lato sono noti ormai da tempo i benefici apportati da un uso consono dei dispositivi digitali, dall’altro gli specialisti in ambito informatico hanno individuato una serie di problematiche fisiche, psichiche e soprattutto la mancanza di verità. La sindrome multidimensionale consiste in una modalità di approccio alla tecnologia che ci fa essere iperconnessi, poiché nella connessione stessa ci illudiamo di vivere.
Possiamo definire l’iperconnessione come il bisogno di rimanere costantemente connessi a Internet e come la tendenza a vivere con fatica e fastidio qualsiasi richiesta di distacco dagli strumenti tecnologici. Ognuno di noi riceve dai propri dispositivi molteplici notifiche che mantengono attiva la connessione continua al digitale e al mondo: sovente esse costituiscono distrazioni che ci allontanano dall’essere presenti nel qui e ora, sono una fuga da situazioni relazionali o da disagi interiori che stiamo vivendo, ma che non vogliamo o non riusciamo ad affrontare.
La rete è un’opportunità da discernere. Eppure tutta questa realtà è un’opportunità: la connessione porta in sé un vantaggio da assumere con discernimento. La connessione ha portato anche dei vantaggi che hanno trasformato la nostra vita quotidiana; uno dei principali vantaggi è l’accesso illimitato a una vasta quantità di informazioni e ci permette di rimanere sempre aggiornati su ciò che accade nel mondo. Inoltre, ha reso la comunicazione molto più semplice e immediata ed ha aperto nuove opportunità per la collaborazione e lo scambio di idee, facilitando la comunicazione a distanza. Eppure è venuto meno la relazione vera corpo a corpo riducendo tutto più virtuale.
Persino al tempo del covid la celebrazione divenne consolante, ma ci abituò a vivere la messa dalla comodità di casa, perdendo tutto il senso profondo dell’esserci e dell’esperienza corporea ed ecclesiale e non virtuale. Detto ciò, bisogna ribadire che la connessione ha rivoluzionato il modo in cui si lavora. Grazie alla connessione globale, molti di noi possono ora lavorare da casa o da qualsiasi altro luogo con una connessione internet; questo ci dà maggiore flessibilità e ci permette di conciliare meglio il lavoro e la vita personale. Inoltre, ci sono molte opportunità di lavoro online, come il freelance e il telelavoro, che permettono di raggiungere un pubblico globale. Ora il discernimento, al quale ci ha abituati il compianto papa Francesco da buon gesuita è un’arte spirituale e pragmatica.
Il discernimento passa per tre istanze: riconoscere, interpretare e scegliere. In altri termini, si tratta di separare nella concreata realtà ciò che può aiutare a vivere in Dio, da ciò che contrariamente può separarci. Allargando il discorso bisogna separare o usare, ‟Cum grano salisˮ, ogni strumento con intelligenza che può farci rischiare la separazione da Dio e dai fratelli. Noi umani siamo immagine e somiglianza di Dio e quindi siamo esseri in relazione e la relazione vera passa per lo strumento che è il corpo.
Il corpo bussola per la relazione vera In questa complessa realtà, allora, abbiamo una bussola: la bussola è il corpo per entrare in relazione, ovvero l’esperienza corporea ci fa sperimentare la vera relazione. Richiamare la testimonianza di Tertulliano è stata di fondamentale importanza, in quanto egli si oppose con forza alle eresie gnostiche. Il suo intento fu la difesa della verità della rivelazione, in modo particolare a partire dal mistero dell’Incarnazione. Plasmando l’uomo nella Creazione, «qualsiasi forma fosse impressa al fango, [Dio] pensava che in essa Cristo si sarebbe fatto uomo, che sarebbe stato ciò che allora era il fango, e che il Verbo si sarebbe fatto carne, che era allora solo della terra». Pertanto, possiamo dire che la carne è essenziale per la salvezza dell’essere umano, ed è per questo che Tertulliano ha espresso tale concetto con una formula precisa: «Caro salutis est cardo», «la carne è il cardine della salvezza». La carne non è spregevole, non è un elemento secondario nella vita umana, ma è proprio il contrario: è una realtà fondamentale nell’ottica di un rapporto fatto di contatto e di vicinanza fra Dio e l’essere umano.
La nostra fede è fondata nell’Incarnazione e nella morte (col corpo ha attraversato la morte) e (il corpo pneumatico) è il corpo risorto di Cristo. Egli, Gesù Cristo, ha assunto un corpo e la nostra fede fa esperienza di Lui col corpo in relazione a Lui e ai fratelli. Allora, la gestualità in tutte le sue varie sfaccettature con i suoi linguaggi molteplici ci fa essere in relazione e Lui il Risorto abita la Relazione.
La famiglia scuola di relazione piena In famiglia le dinamiche relazionali sono scuola di vita, di condivisione e di fraternità, in quanto è proprio in tale ambiante che si imparano le regole per stare nel mondo.
La GRAZIA che abita la coppia è la relazione tra genitori e figli, possiamo definirlo come l’antidoto dell’isolamento. Una frase, a mio parere, incisiva da parte di don Bucolo è stata quella rivolta all’amicizia nel mondo virtuale: ‟tu poi avere nel tuo profilo cento amici, ma essere soloˮ; tale espressione ha un peso non di poco conto, poiché usare il termine ‟amiciziaˮ richiede un tipo di conoscenza che il Web non ci consente di avere. L’amicizia è il primo gradino della relazione vitale, che ci riconosce e ci fa riconoscere sia noi a noi stessi sia dall’altro come dagli altri. Il lemma amicizia usato in Internet è una svalutazione dell’amicizia vera. Gesù propone l’amicizia e in Giovanni afferma: ‟Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voiˮGv., 15,15. Gesù ci ritiene amici, facendoci conoscere il Padre, ci rivela sé stesso nell’amicizia, corpo a corpo. Difatti, com’è già stato detto, nell’ambito della famiglia si imparano le prime relazioni, tra cui il perdono e il ricominciare; esso è prima di tutto un luogo di rifugio, un porto sicuro, al di là delle varie ostilità, lì siamo riconosciti e la resilienza è sempre generata.
La meta da raggiungere Dunque, abbiamo imparato che la bussola da usare è il nostro corpo, con esso non si intende semplicemente quello biologico, bensì quello relazionale della famiglia. Infine, don Bucolo, dopo avere snodato e sviluppato l’argomento in cinque punti, ha richiamato il sesto conclusivo con la parola meta: tutti connessi per essere fratelli tutti. La meta alla quale guardare è la comunione, proprio perché Dio è comunione, colui che ci ha chiamati a stare in Lui. Nel Vangelo di Giovani troviamo l’espressione: ‟Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amoreˮ. Rimanere nel suo amore significa rimanere nella Trinità Santissima; precisamente ancora in Giovanni notiamo come Gesù chiede al Padre: ‟Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato...ˮ Gv., 17,21.
Conclusione La relazione è all’origine dell’essere umano ed è costitutiva dell’uomo. Evidentemente anche altre parole hanno fatto da impalcatura alla relazione. È tornato il termine e la realtà del sacramento il quale sigilla una realtà già esistente; argomento che affrontammo già nel primo incontro. La famiglia è chiamata a vivere nel contesto culturale di oggi e pertanto deve usare ed essere in connessione, ma senza lasciarsi possedere da essa, perché il rischio è pensare di essere in rapporto agli altri e al mondo, eppure ritrovarsi isolata, sola e non per nulla nella realtà. Essa, la famiglia e ogni membro di essa, non può rimanere intrappolata nella rete. Infatti non ha caso Papa Leone XIV diceva, al Collegio cardinalizio il 9 maggio: ‟Anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere. […] Eppure, proprio per questo, sono luoghi in cui urge la missione.” In altri termini è il Vangelo la luce della famiglia e questo sia annunciato come buona notizia, come segno dell’amore di Dio, che passa per la relazione tra noi nella presenza e per la realtà vera dell’esserci. Oggi è necessario riscoprire l’uomo come centro della creazione, sì, l’uomo nella sua dinamica relazionale, allora non solo bisogna prendersi cura dell’uomo, ma della relazione vivendola e favorendola in pienezza.
La famiglia necessità della riscoperta, ancora una volta, di sé stessa per divenire la cellula che dia origine, sempre più, ad un nuovo impulso di relazione tra famiglie per sentire davvero la piena realizzazione di sé, iscritta nel disegno di Dio, essere famiglia, fratelli. I segni dei tempi ci chiamano a una fraternità più profonda. Oggi si avverte un isolamento diffuso e tanto egoismo, anche dentro la famiglia, e invece c’è bisogno di unità, di dialogo, di costruzione di qualcosa di nuovo. È nel cuore e nello sguardo a Gesù che ci ha insegnato e rivelato la relazione come il DNA che costituisce l’umanità, lì è la risposta. Abbiamo bisogno di fraternità, di felicità, di relazioni vere. La condivisione ha suscitato molti altri contributi e si è colto che la globalizzazione va abitata, ma la connessione non è il fine ma il mezzo per giungere alla fratellanza universale, così la famiglia allarga il suo orizzonte d’evangelizzazione e può incidere nel territorio e più famiglie nella città. Davvero la Famiglia è speranza per il futuro.