
Domenica 18 maggio, ha avuto inizio il ministero petrino di Papa Leone XIV. L’evento ha affollato piazza San Pietro e via della Conciliazione. Presenti delegazioni degli Stati da tutto il mondo, leaders politici, oltre a capi di varie Chiese cristiane, rappresentanti di diverse religioni. Ancora una volta, San Pietro, ha permesso a tutti di focalizzarsi e divenire il punto universale di tutta la Chiesa. I diversi colori e le diverse immagini delle confraternite,(che celebravano in quei giorni il loro Giubileo) oltre la molteplicità delle razze e culture, ci hanno permesso di percepire i carismi petrino e agostiniano di Leone XIV; ancora una volta lo Spirito Santo è stato all’opera, ed ha armonizzato le due dimensioni carismatiche, in modo da poter raccogliere la profonda diversità dei molti, in unità.
Nell’omelia l’incoraggiamento a camminare insieme
L’omelia di Leone XIV si è snodata incoraggiando tutta la Chiesa a camminare insieme sull’onda dell’amore e dell’unità. Egli, tra la commozione e la consapevolezza di essere uno strumento nelle mani di Dio, con grande pudore e piena sincerità ha proferito: ‟Sono stato scelto senza alcun merito e con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famigliaˮ. Egli non si presenta come un assolo, bensì come un direttore di orchestra che aiuta a fare sinfonia, a realizzare quella armonia che è solo azione dello Spirito Santo, capace di costruire la pace, la giustizia e la fraternità tra tutti; quasi a dire, ecco, io mi pongo su questa linea che ci ha indicato Papa Francesco e raccolgo la sua eredità per farla diventare in Gesù seme di pace, di gioia e di vita nuova per tutti.
“Nell’unico Cristo siamo uno”, la struttura del ministero di Leone XIV
Leone XIV inizia il suo ministero e davanti al mondo promette solennemente che non sarà mai un «condottiero solitario» o «un capo posto al di sopra degli altri facendosi padrone delle persone a lui affidate». Piuttosto vuole essere il collante di una nuova stagione ecclesiale, un padre che unisce varie anime, il «lievito di comunione» – dentro e fuori la Chiesa – davanti a un mondo lacerato, sul baratro di potenziali conflitti e divari economici smisurati tra nord e sud. «Nell’unico Cristo siamo uno»: oltre a essere il motto del Cardinale Robert Francis Prevost, questa famosa frase tratta da Sant’Agostino, è destinata ad essere la struttura essenziale di tutto il suo ministero petrino. Tutti possono riconoscersi e lasciarsi ispirare da questa frase che poi è il testamento di Gesù e il disegno di Dio per l’umanità dal quale scaturiscono le iniziative di tanti movimenti e associazioni che promuovono la pace e hanno azioni umanitarie, di dialogo interreligioso e ispirano i movimenti ecumenici. Nell’omelia che ha pronunciato a San Pietro, davanti a 200 mila persone, ripete che i cristiani non devono sentirsi superiori, né autoreferenziali, chiudendosi nel loro mondo. Anzi sono chiamati all’apertura, all’ascolto e alla fiducia reciproca, queste sono le traiettorie che ha indicate e che vanno percorse.
La missione di Pietro oggi: gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio
Nel suo discorso, centrato in Cristo, ha invitato tutti ad avere fiducia piena in Gesù. Il Papa ha ribadito che la fede è consegna al Signore, il quale richiamando Agostino, «Ci hai fatti per [se, il Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in [Lui]». Inoltre, forti di questa fede in Lui ha richiamato i credenti ad avere coraggio ed a confidare nel Signore certi che, se da un lato lui, Papa Leone XIV, è chiamato a custodire il patrimonio della fede; dall’altro è chiamato a spingere tutti noi a stare nella storia. Riecheggia il Concilio quando in Gaudium et Spes si dice: «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna, infatti, conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico» (GS 4).
Solo così, infatti, l’annuncio del Vangelo diviene sale e lievito della terra, e i credenti realmente inseriti nella storia dell’umanità, la compiono e la realizzano. Essi realizzandosi come testimoni dell’unico e perfetto Uomo-Dio divengono cooperatori della salvezza, in quanto Gesù per mezzo di loro continua a salvare il mondo. Sì, questa è la missione di Pietro e della Chiesa oggi, ‟gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio. Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, e tutta la Chiesa con lui, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù. Con chiarezza ribadisce che l’evangelizzazione non è proselitismo ma è una affascinante relazione con Gesù, il vivente, il vittorioso che può solo attirare a sé (Cf., EG n. 14); Egli attira perché sì è donato per amore e sì è consumato per amore. Prosegue che in questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. Dietro queste parole c’è la città terrena di Agostino, ed egli desidera essere con tutta la Chiesa dentro questa città come ‟dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternitàˮ per costruire la città celeste.
La continuità con Papa Francesco e l’attuazione del Concilio Vaticano II
In questo passaggio omiletico c’è ancora la continuità con Francesco, ma direi una riattualizzazione del Concilio, il quale spinse la Chiesa ad essere per il mondo anche se non del mondo; egli intende condurre tutti i cristiani a prendere coscienza di essere cittadini che appartengono alla città celeste nonostante abitano la città terrena, ma sono chiamati ad avere lo sguardo proteso alla città futura. La doppia cittadinanza, lungi dall’essere un’opportunità di esilio, è un impegno ad armonizzare la fede professata con la vita quotidiana di uomini e donne che credono in Cristo e corroborano l’attività umana con la loro testimonianza di fede. È una grande illusione, quindi, assumere una visione dicotomica o, addirittura, creare «un’opposizione artificiale tra le attività professionali e sociali da una parte, e la vita religiosa dall’altra. Il cristiano che trascura i suoi impegni temporali, trascura i suoi doveri verso il prossimo, anzi verso Dio stesso, e mette in pericolo la propria salvezza eterna» (GS 43). Dialogo fecondo, infine, il dialogo fortemente desiderato da Gaudium et Spes, rispetta la peculiarità del confronto, ossia la reciprocità tra le parti. Infatti, se da un lato la Chiesa migliora la società con l’annuncio del Vangelo e la buona testimonianza dei cristiani; dall’altro, «può essere arricchita, e lo è effettivamente, dallo sviluppo della vita sociale umana […] perfino dall’opposizione di quanti la avversano o la perseguitano» (GS 44). Infatti, Leone XIV allarga e ribadisce l’orizzonte all’ecumenismo, al dialogo interreligioso ponendo Cristo come luce piena, vera e sorgiva dell’incendio che rinnoverà l’umanità.
Guardare a Cristo e camminare insieme (le diverse Chiese e con chiunque è alla ricerca di Dio)
In ulteriore passaggio con delicato vigore ha proferito: Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. Questa è la strada da fare insieme, tra di noi e con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace. Si tratta di lasciarsi pascere da Colui che lo Spirito ci ha donato come custode e guida sicura sino a gettare le reti, non confidando in noi, ma in Lui, Gesù il Risorto, sapendo che queste sono le reti del Vangelo, da gettare andando incontro ad ogni uomo. Mi sembra un segno di tanta speranza, per la Chiesa e per l’umanità. In questo mondo, in questo tempo così buio, il richiamo a tutta la Chiesa per fare sì che diventi strumento di unità, mi sembrava fosse proprio quello di cui abbiamo necessità oggi; vedere proclamare dal Papa l’amore e l’unità dice quanto la Chiesa possa essere profeticamente discepola del Signore e pur nella sua debolezza, luce per tutti. Ella può indicare il Sole di Salvezza, Gesù Cristo, che guida ogni uomo. Sì, la Chiesa nel suo essere Corpo del Cristo Risorto, poiché Ella vive di Lui e annunzia Lui, può nuovamente essere una casa che accoglie e riorienta nella vita dentro la complessità del momento. É necessario rimanere nella pasta dell’oggi, può sembrare un rischio, ma è la sfida che ci viene dallo Spirito Santo e il Papa esplicitamente l’ha colto e lo propone a tutti.
Papa Leone XIV questo lo ribadisce affermando che la Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo. Infine, Papa Prevost ha richiamato Leone XIII, citando un passo della ‟Rerum Novarumˮ: ‟Se la carità di Dio prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?ˮ Come suggello finale, le parole di Leone XIII nel suo discorso diventano un auspicio profetico. A modo di sintesi Papa Leone XIV, possiamo dire che sogna: ‟una Chiesa unita, quale segno di unità e comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”; ‟una Chiesa missionaria, che apra le braccia al mondo, che annunci la Parola e si lascia inquietare dalla storia, per essere capace di diventare lievito di concordia per l’umanità”.