19 Maggio 2025

Il tempo dell’agàpe nel tempo dell’amicizia. Profumo di umanità nel vangelo secondo Leone XIV

di don Salvatore Chiolo
Pope Leo XIV leads a Holy Mass for the Beginning of his Pontificate, in St Peter's square in The Vatican on May 18, 2025. (Photo by Filippo MONTEFORTE / AFP)

Abbiamo ascoltato Leone XIV e abbiamo visto luccicare le sue lacrime nel giorno in cui ha preso l’avvio il suo pontificato, domenica 18 maggio 2025. Una data storica perchè inerente l’inizio di una nuova “missione” per la Chiesa nel mondo, guidata da Robert Francis Prevost; ma storica anche (e soprattutto) per una consapevolezza che comincia a farsi sempre più anche grammatica: quella del tempo incarnato. Già nel discorso ai giornalisti di lunedì, 12 maggio 2025, citando Agostino: «Viviamo bene e i tempi saranno buoni» (cfr Discorso 311), aveva siglato “Noi siamo i tempi buoni”; in Piazza San Pietro, per introdurre al tempo della missione, secondo il suo sentire, Leone XIV ha indicato il presente come “l’ora dell’amore”. Un amore inteso come gesto di Dio, come agàpe del mistero di Dio condiviso con l’uomo, sebbene questi di per sè sia in grado di corrispondergli con la semplice amicizia, invece che con l’agàpe: un amore, dunque, voluto e calatosi fino dentro alle forze di Pietro a cui Gesù affida il suo gregge (Gv 21,15-18). È evidente la consapevolezza del nuovo pontefice di un tempo in cui esserci, in cui diventare sempre più “presenza” per il mondo intero, nella forma del lievito per la concordia e l’unità dell’intera famiglia delle nazioni, così come è evidente la consapevolezza del tesoro di tutto un insegnamento sociale proprio della Chiesa a cui è importante fare riferimento da Giovanni Paolo II in poi, proprio in relazione alla forza del lievito dentro la pasta. La chiesa intende vivere e rimanere nel mondo con quella profonda sapienza biblica e patristica, secondo la quale il progetto di Dio è farne una famiglia di popoli, ad immagine della famiglia umana, quella fondata sull’unione stabile tra uomo e donna. Anche in questo caso, il punto di vista del nuovo pontefice mette a fuoco una missione interna al mondo, non esterna e dall’alto: ma che parte dal mondo stesso, da uomini e donne, fratelli e sorelle che nel mondo ci vivono e ne conoscono le dinamiche. “Noi siamo i tempi buoni” ed è questa “l’ora dell’amore”. È così che prende il suo ritmo il pontificato di Leone XIV, seguendo una scansione capillare del presente che non prescinde dal passato, ma nemmeno da esso si lascia inghiottire; che non fa finta di essere proiettato nel futuro, ma nemmeno si lascia influenza dall’ansia di gestirlo al meglio. Sicuramente, da questo potrà anche venir fuori una sensibilità molto attuale all’altezza di una gran confusione sulla condizione dell’uomo, creato per Dio, capace dell’altro e della realtà sempre più grande di quella comunione che tanto manca, a cui lo stesso pontefice ha alluso quando ha ancora fatto riferimento ad Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9). Urge un profilo di cristianità molto sbilanciato sulla dimensione comunitaria della vita quotidiana; un profilo affascinante a tal punto da mettere iin discussione l’individualismo dell’uomo contemporaneo, frutto di un ginepraio di paure e angosce, che Dio ha deciso di condurre con la mitezza determinata di Pietro, da quell’incontro sul lago di Tiberiade e dai giorni della resurrezione fino ad oggi.

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