
Domenica 30 Marzo le famiglie della diocesi si sono dati appuntamento presso l’hotel Villa Romana di Piazza Armerina presso il quale si è svolto l’incontro formativo della pastorale della famiglia e riprendendo la tematica che quest’anno accompagna la formazione delle famiglie con il tema: La famiglia in Cristo è speranza per il futuro e stato declinato ulteriormente il tema acquisendo gli strumenti per custodire l’amore superando ogni conflitto. È intervenuta la dottoressa Drogo Letizia, psicologa e psicoterapeuta.
Nel precedente incontro, il teologo Vito Impellizzeri, quale uomo di Dio immersosi nella rivelazione, ci ha fatto cogliere quanto sia importante avere consapevolezza dell’origine del nostro essere corpo e corpo nella sua differenza e ricchezza. Egli, inoltre, con la sua esposizione ci ha permesso di cogliere la realizzazione dell’umano, iscritto nel cuore di Dio; la realizzazione tra l’uomo e la donna che si compie nella dualità e unità, in quanto nella relazione essi trovano il loro compimento. Inoltre, egli avendo posto il discorso nei termini della distinzione, ha precisato che è necessario chiedersi: l’unità, il divenire una sola carne, da chi è data e come si realizza? Ha sottolineato che c’è un ‟Terzoˮ tra maschio e femmina. Il terzo, è un ‟Terzoˮ di genere naturale? Ossia è un terzo di genere culturale? Oppure, è un terzo che viene dall’Alto? Il ‟Terzoˮ è l’Esserci di Dio tra di noi. Ovviamente, con tutta la sua umanità e col peso che è dato dalla storia culturale del presente, la questione è di abitare la cultura di oggi senza perdere la luce che proviene dal disegno di Dio, il quale propone il suo disegno dentro la logica della sua tenerezza e misericordia. In altri termini, si è trattato di capire cosa vuol dire essere uomo-donna ontologicamente e non solo come risultato ideologico.
In questa dinamica, la relazione di domenica della Dottoressa Drogo si è iscritta nel prosieguo dell’itinerario per rimanere dentro l’alveo della realtà culturale ed esistenziale, consapevoli che il conflitto superato, rimanda ad una opportunità che rende, nella dinamica di coppia, la relazione una realtà nuova. La coppia e la famiglia, pur travagliata dal conflitto, diviene una risorsa che nella fede clarifica e promuove, sia ad intra, sia ad extra il bene; pertanto, tale bene, per ricaduta, è una risorsa sociale. Ella, a partire dalla considerazione che il conflitto di coppia è un aspetto naturale inevitabile, sapendolo gestire in maniera costruttiva, è fondamentale per il benessere della coppia stessa. Infatti, l’intento della stessa era aiutarci a soffermarci su alcuni dati recenti di studi che confermano che la capacità di gestire in modo efficace i disaccordi, sia associata a una maggiore soddisfazione coniugale e a una resilienza relazionale superiore[1]. In altre parole, la presenza di dissidi, se ben gestiti, non solo non raffigurano un ostacolo, ma possono costituire il motore di un processo di crescita condivisa. Pertanto, ella ci ha aiutati a prendere consapevolezza che affrontare il conflitto significa, innanzitutto, imparare a conoscere e rispettare le differenze dell’altro, riconoscendo che ogni divergenza è il risultato di storie, valori e prospettive uniche. Tale consapevolezza permette di superare la tendenza a interpretare il dissenso come un attacco personale, favorendo invece, un approccio basato sul dialogo aperto, sul rispetto dell’altro che diventa ricchezza e sulla ricerca di soluzioni condivise. Facendo riferimento agli strumenti psicologici e altresì al Vangelo, ci ha mostrato che ogni ‟buona” relazione implica una evoluzione, invoca cambiamenti e adattamenti che possono passare dalla gestione di momenti di conflitto e di crisi, ma possono non rimanere impantanati dentro la crisi. Liberarsi dal gioco perverso della mentalità moralistica ci ha permesso di comprendere che prima di tutto è utile uscire da una dimensione di colpa, focalizzando le responsabilità individuali per evolvere, cambiare e migliorare anche rispetto ai bisogni, alle aspettative e ai desideri del singolo e della coppia.
A partire da un’analisi delle differenze individuali, i quali possono determinare ‟percezioni” diverse della realtà e, di conseguenza, portare a interpretazioni del mondo differenti, la dottoressa Drogo ci ha spinti a soffermaci su alcuni presupposti della comunicazione. Uno di essi, afferma: “La mappa non è il territorio”; con tale espressione, Alfred Korzybski intendeva dichiarare che quando si ha a che fare con la percezione e il pensiero, non può esserci univocità e oggettività, poiché ogni persona osserva il mondo in un modo diverso dagli altri. Ognuno di noi ha un filtro soggettivo, fatto di prospettive e posizionamenti diversi, esperienze e convinzioni, e non esiste una sola mappa del mondo corretta.
- A volte quando discutiamo con qualcuno e non siamo d’accordo su quale sia la verità o su come siano andate realmente le cose, rischiamo di finire in un vortice di escalation che non ci porta ad alcuna conclusione. Questo accade, a volte, non perché non ci stiamo spiegando abbastanza bene o perché l’altro non ci ascolta, ma perché il nostro modo di vedere e valutare un evento può essere diverso dall’altro. Nessuno dei due ha torto e nessuno dei due ha ragione. Semplicemente, ognuno ha costruito un’interpretazione diversa di come sono andate le cose. Di conseguenza, spesso ciascuno di noi crea una rappresentazione del mondo a partire da sé, per tale motivo non siamo capaci di osservare la realtà da altri punti di vista e si creano modelli che utilizziamo per regolare il nostro comportamento. La nostra raffigurazione del mondo circostante finisce poi per determinare l’esperienza che avremo del mondo stesso e le scelte che ci sembreranno più funzionali. Imparare a conoscere la mappa altrui è la chiave per comunicare meglio, superare fraintendimenti e conflitti, costruendo relazioni autentiche. Sono state, quindi, analizzate le fasi del ciclo di vita di una coppia, i segnali più frequenti del conflitto e le sue fasi, è stato dato spazio all’importanza dell’ascolto attivo dell’importanza del feedback come dono e della comunicazione assertiva.
- Si è passati ad una riflessione su cosa fare per gestire e superare il conflitto nella coppia, affinché questo non porti alla rigidità e alla rottura, ma diventi un’opportunità di crescita e di riconoscimento reciproco. Infine, l’incontro si è concluso con alcune meditazioni sull’importanza del ‟dono”, del “donarsi” e del “per-dono”, tenendo conto dell’importanza della Tenerezza nella coppia, riprese dagli scritti di Don Carlo Rocchetta[2]. Ci si è soffermati sul pensiero di Chiara Lubich, riguardante «‟senso della propria identità” e sul ‟riconoscimento” come possibilità che gli uomini hanno per confermarsi l’un l’altro, nel loro essere individuale mediante incontri e contatti genuini». Il bisogno, che ciascuno sperimenta, di essere riconosciuto nella propria ‟diversità” non rimanda ad uno sterile autocompiacimento narcisistico, quanto piuttosto, ad una naturale e spontanea esigenza di fare all’altro dono della propria differenza. Desideriamo essere riconosciuti dagli altri nella nostra diversità, per poi fare di essa un dono agli altri, in una reciprocità circolare che crea il senso dell’identità personale, ma anche della relazione con l’altro, generando in tal modo l’esperienza della comunione[3]. Riprendendo l’Amoris Laetitia di Papa Francesco, si è evidenziato come «La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua[4]. La Parola di Dio non ci presenta un’immagine idealistica e astratta di famiglia, come ci saremmo aspettati, bensì offre al nostro sguardo storie varie di famiglie concrete, con la singolarità e l’unicità delle loro problematiche, difficoltà e sfide. La Parola ci proietta proprio nella realtà con «la presenza del dolore, del male, della violenza che lacerano la vita della famiglia e la sua intima comunione di vita e di amore»[5]. Allo stesso modo, «si presenta l’icona della famiglia di Nazareth, con la sua quotidianità fatta di fatiche e persino di incubi, come quando dovette patire l’incomprensibile violenza di Erode, esperienza che si ripete tragicamente ancor oggi in tante famiglie di profughi rifiutati e inermi».
- Il punto fondamentale, allora, non è l’assenza di crisi nelle famiglie (non esiste una sola famiglia, neppure la Santa Famiglia, che ne sia esente), ma come reagire dinanzi a qualsiasi crisi? Il Vangelo, in tal senso, ci illumina su una verità fondamentale: «i figli hanno bisogno di trovare un padre che li aspetta quando ritornano dai loro fallimenti. Faranno di tutto per non ammetterlo, per non darlo a vedere, ma ne hanno bisogno»[6]. Se Maria e Giuseppe riescono ad interagire come madre e padre nei confronti di Gesù, è dato dal fatto che alla base vi è viva la loro complicità coniugale. Evidentemente come afferma lo scrittore, sceneggiatore e drammaturgo Maurizio De Giovanni ‟È facile stare insieme quando va tutto bene. Il difficile è quando si devono superare le montagne, fa freddo e tira vento. Allora, forse, per trovare calore, uno si deve fare un poco più vicino”.
- In conclusione, tale incontro, ci ha permesso ancora una volta di cogliere che nel Vangelo è illuminante ogni realtà, permettendoci di raccogliere i semi del Verbo dentro ogni disciplina per stare nel mondo, pur non essendo del mondo, da uomini maturi e liberi, capaci di immettere con saggezza e linfa nuova il valore dell’amore originato dalla Pasqua dentro la storia.
[1] Cf., Gottman& Silver,1999.
[2] Cf., Rocchetta C., Manuale di Teologia Nuziale della Tenerezza 2020
[3] Lubich C., La dottrina spirituale, Mondadori, Milano 2001)
[4] Cf. Gen 4; Francesco, Amoris Laetitia, n° 8.
[5]Id., n°19.
[6]Id., n°177.