
Nella giornata di domenica 2 marzo 2025 a Nicosia presso il Seminario Vescovile, si è svolto in un clima di intensa progettualità e di comunione evangelica, l’incontro dei diaconi e delle loro famiglie, delle rispettive diocesi di Agrigento, Caltanissetta, Nicosia e Piazza Armerina. A rappresentare la comunità diaconale piazzese, sono stati sollecitati da una grande intuizione profetica del nostro Vescovo anche gli aspiranti al diaconato, in modo che come unità e comunione si realizzi quanto è stato proposto nell’intera giornata.Il nostro convenire è stato significativamente arricchito dalla sapiente preparazione del tema formativo, da parte del preside dello Studio Teologico “San Paolo” di Catania, don A. Sapuppo, infaticabile Direttore del Centro Madre del Buon Pastore. Il cuore della nostra attenzione è stato sollecitato dalle riflessioni di d. Vito Impellizzeri, preside della Facoltà Teologica di Sicilia in Palermo, aventi come tema: “L’inedito scambio teologale tra speranza e fede che avviene grazie alla carità”. Il filo conduttore, che ha sapientemente unito riflessioni e sollecitazioni, domande e risposte, declinando così la grammatica della speranza della vita evangelica, sono state due esperienze performative; ovvero la vicenda degli sbarchi a Lampedusa e la realtà dell’opera di don P. Puglisi a Brancaccio, gli sbarchi di umanità e i cosiddetti nipoti di don Pino. Cosa abilita i pescatori di Lampedusa, che nelle loro reti trovano i resti umani dei migranti, a vivere e a realizzare la speranza?. Mentre don Maurizio, sacerdote dell’opera di don Pino, come può essere nella coscienza di quel bambino, che non vuole venire più al catechismo a Brancaccio dal momento che il padre è stato arrestato per mafia, un’alternativa d’uomo, padre, fratello…?. Le inquietudini esistenziali provocate da queste domande trovano la loro risposta nello scambio teologale tra fede e speranza, che avviene nella carità. Solo attraverso un fare carico di speranza realizziamo la carità, che si fa tocco di Dio, come nella vicenda lucana del buon samaritano. Come lui anche noi, viviamo la speranza di chi passi accanto a noi per ridonare certezza di vita. Essa è la cura nell’alternanza di morte e di vita, che restituisce alla storia il Kairos di Dio. In questa prospettiva, la diaconia della speranza è “memoria passionis”, permettendo che la vera carità s’incarni nel presente, divenendo speranza certa e concreta. La compassione è quella di Dio, che rende possibile ogni speranza umana stando alla presenza dell’ultimo, per essere con lui capaci di prossimità e di resurrezione. Infine, nel silenzio di ogni vicenda umana si fa esperienza di come Charitas Christi urget nos (2Cor 5,14), ammonisce don Vito, sino all’inferno esistenziale dove vivono i figli e i fratelli ultimi, per concedere il dono che è Dio, in nome di una speranza nascosta. In tal senso la pericoresi teologale è vita della nostra vita, poiché è speranza liberante nella necessità di dare diritto al futuro come forza dei ritrovati. Meraviglioso scambio tra gli ultimi ritrovati, che ci sussurrano come nella speranza avviene lo scambio dei posti, di chi per ultimo diventa il primo nel regno dei cieli.