Aver scrutato la Parola, pregando con ciò che in essa si legge, significa incontrare il suo autore e con Lui aver dialogato. La comprensione di un incontro così significativo per una persona dipende molto dalla Parola stessa, dalla “confidenza” con cui Dio ne fa dono e, allo stesso tempo, consegna. L’atteggiamento di fiducia e dedizione che la Parola rivela da parte di Dio diventa un impegno, infatti; come a dire che quanto si riceve da Lui è destinato ad essere custodito, meditato e, ad un certo punto, riconsegnato, restituito. Il momento della consegna della Parola ricevuta nell’incontro con Lui è definito Collatio ed introduce una presenza importantissima dell’incontro stesso: la comunità. Tutto quanto riguarda Israele, la sua storia e le sue relazioni all’interno del popolo altro non indicano se non la comunità; anche gli interventi con cui Dio si fa presente, come gli stessi miracoli di Gesù, servono a ricongiungere i singoli con il resto del popolo per ricreare la comunione, così come le opere meravigliose da Lui compiute sono l’argomento, il messaggio principale attorno a cui il popolo nel suo insieme si riscopre un tutt’uno, una “comunità”. La narrazione della storia della salvezza è collante tra quanti la condividono e la comunità nasce attorno al gesto della condivisione. «Le insegnerete ai vostri figli, parlandone quando sarai seduto in casa tua e quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai» (Dt 11,19), raccomanda Dio al suo popolo ed è un miracolo “contemporaneo” ascoltare il racconto della Parola che un fratello o una sorella hanno maturato nella propria riflessione, a seguito della lettura sia della Parola che delle opere di Dio in atto nella propria vita, come se si trattasse di un testo ispirato e scritto con date, luoghi e persone concrete: un libro vivo, una scrittura aperta e in redazione continua.
Nella Missione Speranza e Carità fondata da fratello Biagio a Palermo, in via Decollati, i fratelli ospiti hanno costruito una chiesa, ricavandola da un capannone abbandonato nel deposito della caserma dei carabinieri occupata nel 2001-2002; sull’altare hanno collocato delle anfore che riproducono esattamente i contenitori in cui i membri della Comunità di Qumran, sul Mar Morto, tra il I secolo a.C e il I secolo d.C. nascosero i rotoli e le pergamene della Parola di Dio. In particolare, l’ambone da cui viene proclamata la Parola di Dio è composto da una pergamena aperta e poggiata sopra un’anfora per indicare la vitalità del gesto con il quale, dopo secoli, la Parola capace di creare la comunità viene tirata fuori dal suo significato “morto”, abbandonato anch’esso, come il vecchio capannone, la vita di uno che diversamente resterebbe morta e sepolta, sebbene nascosta e ben custodita, ma che è di per sè destinata ad incontrare ogni uomo, a qualsiasi confessione religiosa appartenga. Passare dalla Parola morta alla Parola viva è un miracolo che dà voce all’accoglienza, alla condivisione e alla relazione illuminata dalla storia della vita di ognuno, come da una luce dall’alto ma che, in verità, è tutt’altro: cioè è forza, dinamismo e capacità orizzontale di stringere legami semplici, ma profondi, veri e senza finzioni.
La collatio, come momento conclusivo della Lectio Divina, apre dunque alla comunità. Sebbene a volte possa accadere che la Lectio venga praticata in modo individuale, o addirittura a casa e nel proprio spazio e nel proprio tempo, il momento della restituzione non può mancare: da esso dipende il prosieguo salutare dello stesso dialogo intrattenuto con il Signore. È indispensabile condividere, spezzare come fosse pane per i denti dell’anima quanto si è ricevuto da Dio e metterlo a disposizione dell’altro. È costitutivo per la propria salute interiore e per la salute della comunità tutta ascoltare la narrazione dell’altro, il suo venire alla luce come da un’anfora nascosta assieme alla Parola stessa: questo crea la comunità con la stessa forza di Dio, lo Spirito, che nei giorni della creazione con la sua Parola fece l’universo e, infine, Adamo, donandogli i mezzi per poter continuare la sua opera attraverso la comunione con l’altro, Eva, dono venuto alla luce dal segreto dell’anima, come un racconto perfetto. Da questo racconto, poi, che diventa sempre di più una persona concreta, nasce la vita; e nonostante la caduta, la paura di Dio e la voglia di ritornare al buio, di nascondersi ai suoi occhi e alla sua voce tonante, il miracolo non cessa perché è Lui che prende l’iniziativa e libera i suoi figli dalle ingiuste e moderne catene dell’isolamento e dell’abbandono.