26 Novembre 2024

Il valore di portare Speranza ai dimenticati. Don Giacomo da 15 anni tra i carcerati

di Carmelo Cosenza

Don Giacomo Zangara, 53 anni, è sacerdote della diocesi di Piazza Armerina dal 2000; fin dall’ordinazione svolge il suo ministero accanto a coloro che vivono nel mondo della sofferenza. Diversi anni come cappellano dell’ospedale di Piazza Armerina e poi dal 2005 (tranne una breve parentesi) ad oggi cappellano del carcere di Enna. Ma non solo, è anche parroco e insegna religione cattolica nelle scuole pubbliche. Un ministero a 360 gradi che lo porta a spendersi continuamente per testimoniare e portare speranza, soprattutto ai più dimenticati, come sono appunto coloro che vivono reclusi in carcere.
Il detenuto vive di speranza. Noi comunichiamo una speranza che è la persona Cristo”.
Don Giacomo ha risposto ad alcune domande che gli abbiamo rivolto per comprendere meglio il valore di chi porta speranza ai dimenticati. Il suo servizio a favore dei detenuti aiuta a comprendere cosa significa “essere uniti nel dono”.
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Don Giacomo, in quasi 25 anni di sacerdozio hai incontrato tante persone che in maniera diversa vivono il mondo della sofferenza. Prima come cappellano dell’ospedale e poi in quasi 15 anni da cappellano del carcere hai incontrato tante persone in cerca di una seconda possibilità. Qual è stata per te la sfida più grande nel portare speranza a chi spesso si sente dimenticato?
La missione in carcere è una sfida permanente perché incontri persone segnate da una vita spesse volte incomprensibile e ti lasci afferrare da un vortice dal quale diventa impossibile risalire. Ma l’incontro con la fede ti fa scoprire la possibilità di rialzarsi e comprendere il senso della sofferenza. Dinanzi a una detenzione fine pena ma di fratelli in giovane età ho avuto modo di testimoniare la speranza che la croce è esperienza di presa di coscienza dell’errore e viverla insieme con Cristo ogni giorno illuminati dai sacramenti che svolgiamo regolarmente nella cappella dell’istituto.
Cosa significa restituire dignità a chi ha commesso degli errori? In che modo il valore della speranza può trasformare una vita e dare senso al percorso di redenzione?
Spesse volte nel nostro modo di pensare non entriamo nella logica della giustizia riparativa e ci lamentiamo di pene spesse volte non adeguate. La detenzione deve fornire percorsi educativi e di reinserimento nella società. Penso in questo momento all’apertura dell’Istituto alberghiero nei due carceri di Enna e Piazza Armeria che danno la possibilità di avere un titolo per un futuro lavoro. Il rispetto della persona umana deve essere al centro di ogni società civile. Il detenuto vive di speranza. Speranza di una sentenza buona, speranza di una pena alternativa per affidamento a lavoro. Noi comunichiamo una speranza che è la persona Cristo che va oltre le decisioni umane e ti da una via nuova che si chiama conversione che ti permette una vita nuova.
Dopo la scarcerazione, i detenuti continuano a cercarti? Qual è il messaggio più importante che cerchi di trasmettere loro per affrontare un nuovo cammino?
In questi anni ho vissuto una esperienza unica di vivere la fede tra le sbarre anche con coloro che sono di religione diversa. Con tutti ho vissuto una vera paternità spirituale condividendo gioie, ansie e speranze per il futuro. Certo di comunicare i valori i umani semplici: lealtà, amore, onesta e soprattutto imparare a fidarsi del Signore e non negli uomini. Tanti restano legati a me e io sono presente in tante circostanze della loro vita.[su_custom_gallery source=”media: 10645,10643,10642,10644,10641″ limit=”100″ link=”lightbox” title=”always”]

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