LA NUOVA LETTERA ENCICLICA DI FRANCESCO SULL'AMORE UMANO E DIVINO DEL CUORE DI GESU' CRISTO
DILEXIT NOS. Invito ai Battezzati perché fissino lo sguardo su Gesù: Cuore del Mondo
Introduzione
Lo sguardo del Pontefice ormai è verso il Giubileo e per questo desidera aiutare tutti a fissare gli occhi su Gesù che è la Misericordia incarnata, l’uomo Dio, mediatore tra Dio e gli uomini e tra gli uomini stessi. Diverse sono le motivazioni e le coincidenze che hanno indotto il santo Padre a offrire la quarta nuova enciclica del suo pontificato. Il primo, penso, l’immediata apertura del giubileo del 2025 che il santo Padre ha inteso legare in continuità con il precedente Giubileo della Misericordia, celebrato tra il 2015 e 2016. Il secondo ha inteso, probabilmente, sottolineare la coincidenza dell’ormai imminente Anno Santo con i 1.700 anni del Concilio di Nicea, anche in funzione ecumenica (la Pasqua il prossimo anno sarà celebrata in unica data da tutti i cristiani). Dichiarando che è la persona di Gesù, centro della vita e del culto della Chiesa, aiuta la Chiesa tutta ad esse luce delle genti nella consapevolezza che, ella la Chiesa, non vive di Luce propria ma è illuminata dal Sole di Giustizia che sorge dall’alto, che è Gesù Cristo. In tal senso il papa ha inteso rilanciare il culto al Cuore di Gesù, ovviamente non in maniera pietistica e devozionale, ma sottolineandone la necessaria disponibilità a fargli spazio perché Lui è la Speranza.
La ‟Dilexit nos” ci spinge a guardare il nostro tempo con speranza
Purtroppo nella realtà determinata dalla così detta modernità oggi non si guarda al futuro come ad una metta da raggiungere e neanche si guarda al passato da cui proveniamo, ma siamo da più parti messi dentro la morsa dell’epoca e cultura liquidita, direbbe Zygmunt Bauman, a consumare eventi che cosi come sopraggiungono speditamente fuggono[3]. Spesso rimaniamo solamente attori passivi del nostro tempo i quali non fanno altro che consumare ciò che altri ci inducono a vivere; Bloccati, sostando e rimanendo intrappolati nell’idolatria di noi stessi e di tante pseudo verità, ritenuti tali da soggetti, restiamo come nomadi a celebrare solo se stessi. Per questo siamo spesso senza pensiero, ma operiamo scelte pensate da padroni falsi del tempo. Invece il credente è chiamato a fare i conti con questa realtà epocale, avendo la ferma e salda certezza nella terra ferma e non scivolosa, della Fede. Siamo chiamati a fissando lo sguardo a Cristo che con la sua incarnazione ha ed abita la storia per sempre; Egli non è rimasto impigliato nelle corde gaudine nella schiavitù, del tradimento, dello scarto, della legge ebraica o come si suole dire del non senso, anzi queste l’ha attraversate e trasformate facendo sua l’umanità, assumendola divenendo il solidale per eccellenza con ogni uomo sino a farsi fratello di tutti. Egli ha preso e resa sua la ferita di tutta questa realtà facendosi con cuore aperto dell’altro di ciascuno per trasfigurare la ferita e ogni realtà così da liberare tutti sino a generare una nuova umanità; egli ha inaugurato con l’umanità, Lui uomo nuovo direbbe Paolo, un processo continuo di trasformazione. Lo stesso Paolo ci avverte in Romani che ‟noi sappiamo che fino ad ora tutto il creato soffre e geme come una donna che partorisce. E non soltanto il creato, ma anche noi, che già abbiamo le primizie dello Spirito, soffriamo in noi stessi perché aspettiamo che Dio, liberandoci totalmente, manifesti che siamo suoi figli[4]. Sì, siamo chiamati ad attraversare questo tempo liquido che non ha visone della meta, mentre noi che la meta al conosciamo e l’abbiamo: Gesù regno di Dio che viene, siamo chiamati a rindirizzare noi stessi e il mondo verso il futuro, ecco la speranza. Sì, la Speranza è il veniente, Gesù, sole che sorge. La realtà va assunta come ha fatto Gesù. Questo è il giogo che bisogna portare accettandolo, accogliendolo, va assunto questo fardello del momento, delle pieghe di questa confusione che non bisogna fuggire ripiegandosi nella rigidità del passato, ma attraversarla con criticità e carità sapendo che il Signore ci invita a non fare il male, ma ad imparare a fare il Bene[5] e il Bene massimo è fare nostro lo stile di Dio, rivelatoci in Cristo Gesù; Egli si è fatto uomo, si è fatto l’altro, ogni altro per amore, si è lasciato contagiare sino ad essere, secondo la legge ebraica, contaminato per amore, per dare se stesso aprendo in noi vie, processi di novità, egli non è fuggito dalla complessità che viveva, dal conflitto tra legge e annunzio del regno, ma ha fatto suo l’uomo, il suo limite per trasfigurarlo. Questo, Egli oggi continua a chiedere, anzi desidera farlo con noi, suoi discepoli; sì, con noi vuole, se così si può dire, continuare ad incarnarsi e vivere nel mondo per eternizzarlo, immergerlo nella eternità di Dio e ciò avviene solo assumendo Lui, che si è fatto nostro fratello, perché egli per primo ha assunto noi e fatti figli nel suo amore ci ha trasferite nel regno del suo amore cioè del Padre suo[6], ecco cosa si intende per salvezza[7].
La ‟Dilexit nos” incastonata nel magistero di Francesco
Il santo Padre ha voluto questa quarta enciclica dal titolo ‟Dilexit nos” per offre la chiave di lettura dell’intero suo magistero e come afferma il Teologo Naro M., in un suo studio sul magistero del Papa sintetizzandolo in un simbolo eloquente che può sinteticamente delinearne i tratti del suo magistero è ‟l’abbraccio”[8]. Evidentemente con una efficacia, metafora suggestiva, Naro ci offre una sintesi delle intuizioni teologiche custodite ed espresse nel suo magistero delle precedenti encicliche e documenti, mentre adesso questo sguardo al cuore di Cristo, che si fa dono ci dice che tale abbraccio ha origine in Cristo e compimento in Lui; anzi adesso con questa enciclica egli l’ho esplicita e lo spiega senza dare adito ad un magistero filantropico e neanche ad uno schiacciamento solo sul sociale come alcuni anno avuto l’ardire di sospettare.
Il santo Padre ha dato e dà alla Chiesa e all’intera famiglia umana l’indicazione chiara che tutto nasce da un’unica sorgente, presentata in questo altro documento nella maniera più esplicita: Cristo Signore e il Suo amore per tutta l’umanità è la verità per cui Bergoglio si è giocato tutta la sua vita e continua a spenderla con passione nel suo ministero di vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale.
Nella prima nota del testo egli rivela che buona parte delle riflessioni del primo capitolo si è lasciato ispirare da scritti inediti del padre Diego Fares, recentemente scomparso e questi sottolineava che tutto ciò che viviamo è unificato nel cuore. La vita che oggi è frammentaria e vissuta quasi con una schizofrenia, senza pari, prima di tutto è necessario unire pensiero e vita. La vita è fatta da tante piccole cose che la rendono vera in una unitarietà da sanare, perché e l’unità dell’uomo fatto di corpo e di spirito, di mente e di sentimenti ecc. che fanno l’uomo in tutti i suoi aspetti, questa è la vita, con tutto ciò che comporta con le gioie e le fatiche e persino con le grandi ferite prodotte dalle guerre, dalle violenze, dalle infermità e dalla morte, tutto questo tocca il cuore. Chi non l’ho percepisce mostra di essersi inaridito. Tra le figure citate, quella di John Henry Newman, che aveva assunto come motto l’espressione ‟cor ad cor loquitur”. Di fronte a una forte avanzata della scristianizzazione che non affronta la modernità e fugge difronte alle esigenze della scelta di Dio vera aspirando ad un mondo libero da Dio, il culto al Sacro Cuore ci aiuta a mettere al centro di tutto l’amore, che la modernità evoca e desidera. ‟Egli è quel cuore che ci ha amati” dice San Paolo riferendosi a Cristo, per farci scoprire che da questo amore nulla ‟potrà mai separarci”. Egli ci offre questa enciclica del suo pontificato intitolata ‟Dilexit Nos”, sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo, dopo Lumen fidei, scritta a quattro mani con Benedetto XVI, Laudato Sì e Fratelli tutti, mettendo insieme le preziose riflessioni di precedenti testi magisteriali si può cogliere che è tratteggiata la lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per riproporre oggi a tutta la Chiesa questo culto intriso di bellezza spirituale. I punti che affronta sono: L’importanza del cuore; Gesti e parole d’amore; Questo è il cuore che ha tanto amato; L’amore che dà da bere; Amore per amore. Nel testo ‟Ci ha amati”, Francesco spiega che incontrando l’amore di Cristo, ‟impariamo ad amare divenendo capaci di tessere legami fraterni, sino a riconoscere la dignità di ogni essere umano sino a prenderci cura, insieme, della nostra casa comune”, come del resto ha fatto nelle Encicliche passate.
Infatti egli chiede, dinanzi al Cuore di Cristo ‟di avere ancora una volta compassione di questa terra ferita” e che possa riversare su di lei ‟i tesori della sua luce e del suo amore”, affinché il mondo, ‟che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: ‟il cuore”, l’amore.
In altri termini egli, l’uomo, è chiamato a trovare la sorgente del suo essere così da farsi sorgente per altri di vita nuova. Il Papa, con questo testo ancora una volta, ci ricorda la necessità urgenza di costruire un mondo più giusto e fraterno, in cui ciascuno di noi assuma la propria parte nella missione di servire gli altri: ‟È importante ritornare [di poter ripartire] dal cuore, in un mondo nel quale siamo tentati di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato”. Il cuore ‟unisce i frammenti” e rende possibile ‟qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo”. Con gesti e parole d’amore mostra che Gesù ‟presta tutta la sua attenzione alle persone, alle loro preoccupazioni, alle loro sofferenze”, in modo tale da ammirare le cose buone che riconosce in noi, come nel centurione, anche se gli altri le ignorano. L’obiettivo del testo, secondo gli analisti, è pensato come il manifesto per esprimere la necessità di ritornare ad una sintesi incarnata del Vangelo, è ricordare ai battezzati che di fronte alle guerre, alla povertà e ai disastri naturali dobbiamo guardare, indietro, a ciò che è più importante: il cuore. Allo stesso tempo, mira a sottolineare che solo l’amore di Dio può ‟illuminare il cammino del rinnovamento ecclesiale” per guardare il regno di Dio che viene.
Conclusione
Grande importanza è data anche al dialogo e alla collaborazione tra tutte le comunità, invitando ad agire per affrontare le sfide che colpiscono l’umanità, come la povertà, la disuguaglianza e la crisi ambientale, approfondendo così la dimensione comunitaria, sociale e missionaria.
A conclusione del documento egli ci offre una preghiera: ‟Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo”. Insomma è nel ‟cuore che Tutto si gioca”, la tesi controcorrente del Papa, ‟in una società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia”. L’algoritmo è ‟standard”, il cuore no. Partendo da Omero e Platone e citando tra gli altri Heidegger e Dostoevskij egli afferma che, ‟in ultima analisi, io sono il mio cuore”, il solo sarò ‟capace di unificare e armonizzare la propria storia personale, la quale va accettata e sanata credendo in me e in Dio il quale crede in ciascuno di noi. Oggi purtroppo invece sembra che il soggetto è frammentato in mille pezzi, ma è nel soggetto il ‟luogo” dove tutto può avere un senso”: l’anti-cuore, invece, ‟è una società sempre più dominata dal narcisismo e dall’autoreferenzialità”. ‟Nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore”, egli sostiene che i gesti quotidiani appresi dall’infanzia, devono essere recuperati, sviluppati, accresciuti sino ad aviari processi nuovi di verità e carità. Il suo afflato è ‟Prendere sul serio il cuore che ha anche conseguenze sociali”, perché è il cuore che ci vincola a noi stesi agli altri, il vincolo è di fede e sociale. e ancora citando la posizione del Concilio di fronte ai drammi del mondo chiede ‟compassione per questa terra ferita, affinché il nostro mondo, che sopravvive tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti umano della tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore umano”.
Inoltre egli afferma che ‟Il culto al Cuore di Cristo, che vuol dire porre lo sguardo alla persona di Gesù, è essenziale per la nostra vita, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo”. Raccomanda Papa Francesco, osservando che “in mezzo al vortice del mondo attuale e alla nostra ossessione per il tempo libero, il consumo e il divertimento, i telefonini e i social media, dimentichiamo di nutrire la nostra vita con la forza dell’Eucaristia”. Oggi la modernità
‟aspira ad un mondo libero da Dio”, pertanto è necessario prendere coscienza ‟che a ciò si aggiunge il moltiplicarsi, nella società, varie forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore, che sono nuove manifestazioni di una spiritualità senza carne”. Di qui l’invito papale a rinnovare la devozione al Sacro Cuore di Gesù, che “ci libera da un altro dualismo: quello di comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti”. L’atteggiamento da imitare è quello di Santa Teresa di Gesù Bambino, la cui preghiera al Cuore di Cristo si può riassumere in tre parole: “Confido in te”. La devozione al Sacro Cuore è legata, inoltre, all’impegno personale e comunitario: servono “missionari innamorati “, ma senza proselitismo: “Se ci allontaniamo dalla comunità, ci allontaneremo anche da Gesù. Se la dimentichiamo e non ci preoccupiamo per essa, la nostra amicizia con Gesù si raffredderà”. Così Bergoglio sintetizza il “filo rosso” che percorre tutto il suo magistero. “Oggi tutto si compra e si paga, e sembra che il senso stesso della dignità dipenda da cose che si ottengono con il potere del denaro”, la denuncia nella conclusione nel testo: “L’amore di Cristo è fuori da questo ingranaggio perverso e Lui solo che può liberarci da questa febbre in cui non c’è più spazio per un amore gratuito”, assicura Francesco. Pertanto da questa presentazione spero sgorghi il desiderio di andare direttamente al testo per una lettura seria e affascinante perché, come ancora, dice papa Francesco: “Egli è in grado di dare un cuore a questa terra e di reinventare l’amore laddove pensiamo che la capacità di amare sia morta per sempre. ‟Ne ha bisogno anche la Chiesa”. Ciò che questo documento esprime ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato sì e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo. Perciò lasciamoci condurre a bere a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, nel riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura gli uni degli altri da fratelli e insieme della nostra casa comune.
[1] Cf. Rossé G. – Coda P., Il Grido d’abbandono. Scrittura Mistica Teologia, Citta Nuova – Sophia, Figline ed Incisa val d’arno (FI), 2020.
[2] Cf., Giovanni, 3,16-17.
[3] Cf., Bauman Z., Modernità liquida, Laterza, Bari 2005; Id., Vita Liquida, Laterza, Bari 2010;
[4] Rm 8, 22-23.
[5] Cf., Isaia 1, 16b-17°.
[6] Cf., Colossesi, 1,13,
[7] Cf. Impellizzeri V., Coscienza filiale e dono della Fra(e)ternita. Saggio di cristologia nel contesto, Citta Nuova, Roma 2023.
[8] Naro M., Protagonista è l’abbraccio. Temi teologici nel magistero di Francesco, Marcianum Press, Venezia 2022.