La volontà di rivalsa ha segnato il suo percorso di luce e oscurità
Dalla sua esperienza personale, un libro per sensibilizzare sul tema dell’abbandono dei bambini
Mazzarino. “Il sogno di un abbraccio”. Quarantaquattro racconti per sensibilizzare sul tema dell’abbandono dei bambini. Flora Scebba, oggi 57 anni, conosce l’esperienza dell’abbandono, quando all’età di 5 anni entra al “Signore della Città” di Caltanissetta e vi esce all’età di12 anni. Pur avendola una famiglia questa sarà costretta a portarla in collegio. In questa autobiografia ha scelto di condividere le pagine della sua vita da collegiale fino al ritorno in società.
“Scrivere del mio passato mi ha aiutata a fare pace con quello che avevo dentro e questa pace mi ha permesso di guardare il presente con occhi nuovi e di realizzare i miei sogni. – dichiara Flora – Ciò che mi ha ispirata è stato il mito di Cerere e Proserpina. Chi legge vorrei che comprendesse innanzitutto il ruolo che riveste la mamma in ogni fase di sviluppo del bambino e per questo ho deciso di destinare parte del ricavato all’associazione 100mamme per 100bambini”.Ogni capitolo è un racconto breve di fatti e aneddoti, come una “vignetta” leggera e umoristica. Flora infatti decide di essere trasparente regalando al lettore un motivo per sorridere alla vita, di fronte a temi tanto vicini a lei e tanto delicati (dolore, voglia di vita, desiderio di libertà e di riscatto).Gli ultimi racconti sono dedicati ai sogni realizzati, un diploma statale preso a 40 anni quando a 37 anni decide di tornare tra i banchi di scuola, una prossima laurea in Sociologia a Catania. Le “inquadrature”, nascondono l’animo di una bambina, il suo rapporto con la madre superiora suor Raffaella, con il nonno guerriero, con la madre e il padre naturali, con la preghiera, con il gioco sua salvezza da una vita difficile, col fratello Roberto allevato come un figlio, con i nipoti che oggi continuano ad allietare la sua vita. L’uso delle metafore, il richiamo all’immaginario, rispecchiano la sua vena umoristica. Proprio quest’ultimo aspetto “di camilleriana memoria”, è stato associato all’autrice dai relatori alla presentazione del libro: il moderatore Sergio Buttigè, il sindaco Vincenzo Marino e il medico Gaetano Interlandi. Tra tutti i racconti, “Tsunami” è quello dedicato al dott. Interlandi che l’ha aiutata quella volta che è dovuta tornare al collegio da tirocinante. Quel ritorno fu per lei come perdersi in un abisso. “A salvarmi dallo ‘tsunami’ fu un pescatore che si chiama Gaetano Interlandi. – continua l’autrice – Gridai aiuto e seppe tirarmi fuori da quell’oceano, per farmi riemergere dalle acque impetuose. A convincermi furono le sue parole: “Le crisi vengono per fare ordine nuovo nella nostra vita, un ordine affettivo e morale. Dobbiamo dire grazie al dolore che ci permette di rinascere! Tu hai la tua storia”. “Il percorso di crescita di Flora, nome pieno di natura e di forza può risultare lento per i più banali – aggiunge il prof. Buttigè – ma la volontà di rivalsa ha segnato il suo percorso di luce e oscurità. Non bisogna negare né l’uno né l’altro aspetto nella vita di Flora che attraversa tanti corridoi raccontati in modo fedele”. Della scrittura come terapia ha parlato il dott. Interlandi. “La scrittura non ha solo la funzione culturale e intellettuale ma anche una funzione interiore di liberazione. Nell’atto dello scrivere si libera tanta energia non solo fisica. Flora ha avuto una carenza affettiva importante per cui da sola si è portata avanti e la scrittura le ha permesso dicreare qualcosa che prima non c’era. Si è liberata di tensioni dando voce a ciò che prima non aveva voce. Capire sé stessi recuperando memorie della propria famiglia è positivo anche se costa sofferenza. C’è una fase di lavoro duro ma dalla capacità di recuperare la nostra biografia dipende il nostro benessere e malessere”.