Il 18 novembre a Prato, il gelese Michele Di Stefano sarà ordinato diacono
Sabato 18 novembre alle ore 10,30 nella Cattedrale di Prato sarà ordinato diacono in vista del presbiterato Michele Di Stefano originario di Gela.
Michele, 39 anni è il terzo di cinque figli. Ha ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione cristiana nella parrocchia San Rocco di Gela. Dopo la licenza media ha interrotto gli studi, che ha ripreso dopo il congedo militare da carabiniere, frequentando l’ITIS di Gela, dove ha conseguito il diploma di perito chimico. Successivamente ha iniziato la sua formazione nel seminario di Prato, dove si ero trasferito per lavoro, conseguendo il baccellierato in Sacra Teologia nella Facoltà di Firenze.
Michele ci ha rilasciato un’intervista
Quali i sentimenti alla vigilia dell’ordinazione?
Nutro una forte emozione, una gioia indicibile e una profonda gratitudine nei confronti di un Dio che non sceglie i perfetti ma coloro che, rispondendo alla “chiamata”, si impegnano a servirlo, con il suo santo aiuto, nella sua vigna con dedizione piena e fedele, con cuore nuovo e puro, pur riconoscendo la propria debolezza e consapevoli che tutto è dono di Dio.
Ci descrivi brevemente il tuo cammino personale ed il percorso ecclesiale alla scoperta della vocazione?
Tutto ha avuto inizio nella parrocchia di residenza dove, grazie agli insegnamenti e alla testimonianza del parroco don Enzo Romano, a cui devo davvero molto, è scattata nel mio cuore quella scintilla e quel desiderio di servire Dio e la sua Chiesa, che mi hanno indotto, pur tra mille difficoltà, ad intraprendere il percorso ecclesiale.
Gli anni di formazione quanto e come ti hanno cambiato?
Gli anni di formazione, naturalmente, mi hanno cambiato e fatto crescere spiritualmente in un clima di autentica carità nei rapporti interpersonali. Ho compreso che occorre ravvivare giornalmente il dono ricevuto con la preghiera personale, la meditazione e soprattutto l’ascolto di Dio, lasciandosi amare da Lui. Chi decide di seguire Gesù deve impegnarsi seriamente per una forma di vita che prevede servizio scambievole, correzioni fraterna, perdono, attenzione ai più deboli.
C’è una figura di prete o laico che influito sulla tua vocazione?
Sulla mia vocazione hanno influito soprattutto due sacerdoti: don Enzo Romano e don Mario Bonacchi. Il primo mi ha inculcato la sua passione per la liturgia, prima fonte della vita divina, prima scuola della nostra vita spirituale e invito ai fedeli a lodare, adorare e glorificare Dio, ringraziandolo e benedicendolo in ogni circostanza. Il secondo, pratese, conosciuto a Bardonecchia, mi ha guidato con amore e accompagnato spiritualmente fino alla sua morte.
Quali pensi debbano essere le virtù fondamentali per essere un buon diacono e poi un buon prete?
L’attenzione al prossimo deve essere una prerogativa in qualunque necessità si trovi spirituale e non. Non diventiamo diaconi o preti per noi stessi. L’Amore di cui abbiamo fatto esperienza va condiviso. La Chiesa, infatti, è maestra e madre: da una parte insegna con fermezza la verità; dall’altra cerca di comprendere la fragilità umana. Un buon prete, a parer mio, deve potere essere guida del gregge a lui affidato, insistendo sulla misericordia di Dio che ama i peccatori prima ancora che si convertano.
C’è una immagine ideale di prete a cui vuoi ispirarti e perché?L’immagine ideale, oltre ai preti che conosco personalmente, è rappresentata da quelli che, nonostante le mille difficoltà, non hanno ricusato di professare sempre la loro fede concretamente, dediti alla propria missione, confidando sempre nel Signore, malgrado le dure prove della vita, continuando a lasciarsi amare e ad amare.