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La rubrica

Perché è urgente capire l’identità dell’educatore

La nostra Chiesa ha la necessità di mettersi di nuovo in cammino con i giovani e pertanto non  è più possibile procrastinare l’impegno di riflettere sull’identikit dell’educatore credente. Questa figura cosi importante nelle nostre parrocchie, se vorrà essere all’altezza della sfida educativa, dovrà mettersi in gioco con competenza testimoniando una riserva di speranza che attesta le ragioni del suo impegno totale e gratuito nei confronti dei giovani e del loro bene effettivo.

Il vangelo racconta episodi che presentano Gesù sempre  in movimento, mai fermo, mai bloccato. Alla domanda “Dove abiti?” i primi discepoli sono invitati a venire e a vedere, e gradualmente  scoprono che Gesù ha per casa le strade della Palestina. L’appello che si traduce in una denuncia  su cui insisto in questa rubrica mensile, si concentra sull’urgenza di capire l’identità dell’educatore: “chi dobbiamo essere con i giovani?” si tratta di una chiara conversione dal “fare per” all’“essere con”, e questo non è cosa da poco.

La formazione cristiana dei giovani si gioca prima di tutto “qui”, in questa prima e decisiva sfida di stare con i giovani e camminare con loro nella forma comunitaria, stigmatizzando battitori liberi e sterili performance da istrione. La dimensione comunitaria ed ecclesiale dell’accompagnamento e del discernimento costituiscono la forza e la fecondità della educazione cristiana, in quanto solamente dentro il dinamismo comunitario matura un’appartenenza ad un gruppo specifico e anche un cammino di approfondimento e di discernimento personale.

Creare luoghi ecclesiali aperti al confronto, al dialogo e alla condivisione è oggi sempre più essenziale per offrire solidità alle nostre proposte educative. È ineludibile quanto urgente l’ascolto empatico dei giovani perché ci invita a metterci in discussione e a uscire dagli stereotipi del mondo giovanile riconoscendo che “la realtà è superiore all’idea”. Concludo questa brevissima riflessione consegnando la testimonianza del servizio che ho svolto per decidi anni nell’ufficio diocesano di di pastorale giovanile: lo sguardo del Signore sui giovani compie il miracolo dell’“effatà”, cioè dell’ “aprirsi”. Lo “sguardo”, quando è libero da preconcetti, modifica il nostro punto di vista e ci apre a un dialogo autentico con l’altro.

In questo consiste la prossimità, la vicinanza e la condiscendenza che costituiscono le traiettorie di un’autentica azione pastorale educativa poiché riflettono l’azione di Dio che cammina in mezzo al suo popolo, pone la sua tenda e diventa “carne” nel suo figlio Gesù.



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