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Don Liborio il prete povero dalla preghiera assidua

Scrivere su padre Liborio Tambè non è per nulla semplice e scontato, significa per me  ripercorre la storia della mia famiglia – dai miei bisnonni in poi – e la mia personale, dal mio battesimo all’ultima confessione prima della scoperta della sua positività al Covid. Padre Tambè – a Barrafranca è il cognome a identificare il sacerdote – è stata l’istituzione ecclesiale e morale per eccellenza dell’ultimo cinquantennio. Al di là dei ricordi personali, vorrei declinare in poche righe alcuni tratti salienti della sua spiritualità.

Identità presbiterale L’autorevolezza di padre Liborio nasceva dalla sua capacità oblativa e dalle sue tante ore trascorse in preghiera silenziosa davanti al Tabernacolo. In un tempo di grande confusione in cui sembra strano anche trovare le chiese aperte, padre Liborio verrà ricordato come l’uomo della preghiera assidua e dalla “chiesa aperta”. Il suo studio era il piccolo ingonicchiatoio situato accanto la scala della sagrestia e sulla sua sedia l’immancabile liturgia delle Ore e la corona del S. Rosario. Lo trovavo quasi sempre lì, dalle 8 del mattino in poi e in estate anche nel primo pomeriggio per “trovare refrigerio nel corpo e nello spirito”. Da quei momenti di preghiera sono nati i suoi “librettini” che spediva gratuitamente a tutti e che pubblicizzava anche tramite Radio Maria. La piccolezza evangelica era il suo grande desiderio e la sua teologia che cercava di incarnare nelle relazioni interpersonali in uno stile dimesso ed essenziale. Con ciascuno aveva un rapporto personale e di tutti ricordava le trame famigliari, il giorno del compleanno e anche il numero di telefono! Ricordo le “gare di memoria” che da bambini facevamo con lui nel ricordare indirizzi e numero di telefono dei vari parrocchiani. Vinceva sempre lui!

Promozione giovanile La fondazione di un gruppo giovanile negli anni 90 che coniugasse creatività giovanile e formazione spirituale era il suo più grande desiderio. Quasi una fissa. Ogni attività formativa era finalizzata al sano divertimento e alla crescita relazionale a partire dalla logica di Gesù. La preghiera, il catechismo, la Messa domenicale e le prove di canto erano i pilastri dei nostri incontri domenicali. Aveva ideato un metodo “estivo” di fare catechismo. Ogni sabato ci portava in una campagna diversa, a casa di famiglie che abbiamo imparato a conoscere intorno ad un tavolo. Prima celebravano la S. Messa e poi – nella stessa tavola – si giocava e si condivideva la cena, tra pizze e focacce fatte in casa. Padre Tambè amava la gioialità tipica dei giovani e mi ha insegnato ad amare la vita e a gioire della vita così com’è.

Povertà ed essenzialità Ho avuto la grazia per più di 5 anni di essere il suo confessore e “padre spirituale”. Mi sentivo molto a disagio quando mi chiamava così, chiedendomi indicazioni e orientamenti per vivere nel migliore dei modi la sua condizione di anzianità. Voleva morire povero e il Signore lo ha accontentato. Non credo di rivelare segreti confessionali nel dire questo, ma penso che la sua dipartita silenziosa, dalla solitudine di un reparto Covid, rientri nel suo desiderio di voler imitare il Cristo povero. Spesse volte mi diceva che ancora gli mancava qualcosa per essere un vero prete ed io non riuscivo a capirlo. Non aveva nulla per sé – neanche una casa di sua proprietà – e andava in giro con una Fiat Uno che fungeva anche da deposito libri, che cosa poteva dunque mancargli per essere un vero discepolo di Gesù? Forse l’esperienza dell’abbandono che il Figlio del Padre ha sperimentato sulla Croce e che padre Liborio mi comunicò nella sua ultima chiamata il 16 agosto: “Lù, ora daveru sulu sugnu, u Signuri u capisciu migghiu”. E già, ora davvero lo hai conosciuto meglio il tuo Signore, anzi, gli starai parlando e ti starà dando tutto l’amore di cui sei stato riverbero. Diceva Cassiano che “narrare le gesta del Signore significa lodarlo”, potremmo dire mutatis mutandis che “narrare le gesta di un prete significa delinearne il volto”, significa vederlo pane spezzato e corpo donato, cibo che da vita. Aler Cristus appunto. Grazie padre Liborio Tambè, infinitamente grazie per ciò che mi hai insegnato e testimoniato.



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