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La cappella privata di mons. Sturzo

I carteggi di monsignor Sturzo offrono preziose note per conoscere la sua interiorità e la vasta speculazione, soprattutto filosofica, come raccontavamo nello scorso numero della rubrica. Ma anche tante notizie storiche che ci testimoniano il suo impegno fecondo al servizio della Chiesa piazzese. Oggi vogliamo prendere spunto da quanto raccontato dallo stesso monsignor Sturzo in una lettera al fratello Luigi del 16 novembre 1924. L’episcopato di Sturzo era giunto ormai al 21° anno. Nel testo della lettera, dopo aver chiesto al fratello notizie sulla sua vita a Londra dove il sacerdote calatino si trovava per quell’allontanamento concordato con la Santa Sede a motivo delle questioni politiche che avevano compromesso l’impegno del medesimo di fronte al Partito Fascista, monsignor Mario dà notizie circa l’inaugurazione della cappella del palazzo. Scrive il vescovo: “Tu ricorderai che avevo per cappella accomodato la stanza vicina alla studio. Ora la vera cappella è messa su discretamente. C’è un bell’altare di marmo: me lo diede il comm. Ing. Valente. C’erano nella Chiesa di San Giovanni di Rodi, per tuo interessamento, restaurata, due altari minori, sopraggiunti. Furono levati. Uno fu dato alla Cattedrale e uno a me. Il 21 è la festa della Madonna degli Oblati: la Presentazione. E saranno due feste. Ricordo il discorso che facesti quando s’inaugurò il palazzo vescovile a Caltagirone, e ricordo il programma delle feste, carico, impossibile. Ci fu di veramente interessante il tuo discorso. Qui non faremo che una festa tutta intima. Io dirò la messa e terrò ordinazione, prima dello spuntar del sole. Il seminario sarà tutta la gente che parteciperà alla festa.”. E qualche giorno dopo, in una lettera del 21 novembre, scrive il Vescovo al fratello sacerdote: “L’inaugurazione della Cappella del mio palazzo è riuscita veramente solenne. La sera, presente tutto il seminario coi superiori e professori, feci un discorso e diedi la trina benedizione col Santissimo; stamani, prima del giorno, vi ho tenuto ordinazione. Ho l’anima piena di santa gioia. I vescovi futuri avranno un bel palazzo e una bella cappella. Credimi, caro fratello, la cappellina è un amore. L’altare poi è di una finezza e d’un effetto mirabile. Non dirò più la messa in una stanza fatta a cappella, ma in una chiesetta, bella, raccolta, mistica. Quando ci dirai anche tu messa?”.  Ma ci chiediamo: qual è la Chiesa di San Giovanni di Rodi citata da Sturzo nella sua lettera? Si tratta della centralissima Chiesa di Piazza Armerina conosciuta come Commenda dei Cavalieri di Malta dalla quale due altari laterali migrarono, uno per la Cattedrale dove attualmente si trova nel transetto di sinistra, sotto la grande pala dell’Assunta del Paladini (e il cui paliotto con lo stemma della nobile famiglia Paternò Bonaiuto fu per un periodo nella Cappella del coretto) e l’altro per il grande palazzo del Seminario di via La Bella dove c’era, al secondo piano, la residenza dei Vescovi. La Cappella di cui parla monsignor Sturzo si trova proprio sopra il grande ambiente che nel rispettivo primo piano, nei locali del Seminario, fa da vestibolo e sagrestia alla Cappella del Seminario. Da quell’ambiente vi era poi l’affaccio diretto sulla Cappella del Seminario e il Vescovo poteva così contemplare la preghiera liturgica dei suoi seminaristi ed impartire la benedizione. Oggi la Cappella non esiste più. L’ambiente, dove è comunque visibile l’altare, è inserito nel più ampio circuito della nuova Biblioteca diocesana. Così come non esiste da molti anni il passaggio che dall’episcopio immetteva a questa Cappella perché sotto l’episcopato di monsignor Cirrincione essa fu trasferita in locali vicini agli ambienti più privati del Vescovo. Ma certamente quei corridoi ancora custodiscono la storia delle preziose preghiere che i vescovi piazzesi hanno elevato a Cristo buon Pastore per il bene del popolo santo.



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