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La rubrica

La fatica di educare

La questione circa la conversione degli adulti all’idolatria della giovinezza, che in questi mesi, mediante questa rubrica ho cercato di focalizzare, non può non avere delle ricadute nell’ambito dell’educazione delle nuove generazioni e della trasmissione della fede. La questione educativa è stata posta al centro della riflessione pastorale, sotto la spinta decisa e coraggiosa degli ultimi due pontefici.

Desidero ricordare la forte denuncia da parte di papa Benedetto XVI, del verificarsi di una vera emergenza educativa e l’appassionato appello di Papa Francesco, ad un nuovo patto educativo globale. I due ambiti, l’educazione e la trasmissione della fede, che costituiscono l’oggetto della nostra riflessione, suscitano grande interesse anche in altre scienze che a vario titolo se ne occupano, ma per ragioni di spazio mi limiterò a ragguagliare alcuni autori che ritengo interessanti per sviluppare una, seppur succinta, riflessione.

Con impareggiabile chiarezza e precisione Romano Guardini ha espresso la legge fondamentale di ogni relazione educativa: “l’educatore deve avere ben chiaro al riguardo che a incidere maggiormente non è ciò che dice, bensì ciò che egli stesso che fa. Questo crea l’atmosfera; e il fanciullo, che non riflette o riflette poco è soprattutto ricettivo dell’atmosfera. Si può dire che il primo fattore è ciò che l’educatore è; il secondo è ciò che l’educatore fa; il terzo ciò che dice[1]. Alla luce di questo assunto di intramontabile attualità, è possibile comprendere le conseguenze di questa conversione giovanilisticarealizzata dagli adulti: l’azzeramento delle dinamiche educative.

Se per gli adulti il massimo della vita è la giovinezza e tutto il resto è noia, allora non sono in grado di insegnare, segnalare, indicare e mostrare nulla che possa incidere nell’esistenza dei giovani. La mutazione giovanilistica delle generazioni adulte comporta pertanto la loro abdicazione ad essere meta possibile di quella crescita nel divenire che è l’essere del giovane, cioè segnali indicatori del destino di ciascuno: dover scegliere se stessi come persone responsabili della cura, della donazione e pertanto affidabili accompagnatori.

Paradossalmente, accade nel nostro tempo che i giovani, con le loro mode, con i loro giochi di parole, con le loro stravaganze di abbigliamento, diventino maestri di vita dei loro genitori e degli altri adulti di riferimento. Per accertarsi di quanto scrivo, è necessario fare una lettura immediata di ciò che accade sui social. Su tale drammatico sfondo, si capisce pure perché le pratiche educative diffuse si riducono sostanzialmente ad un atteggiamento di tipo affettivo e paritetico, con risultati disastrosi per la crescita dei ragazzi.


[1]R. Guardini, Le età della vita, Morcelliana 2019, 31



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