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Spigolature storiche

Con il numero odierno di Settegiorni vogliamo offrire una rubrica di storia, a cadenza quindicinale, che non avrà nessuna pretesa se non quella di presentare, con semplicità, personaggi, eventi e situazioni attinti dal passato della nostra diocesi di Piazza Armerina, eretta da Pio VII con la Bolla Pervetustam locorum del 3 luglio 1817 e i cui confini restarono immutati fino al 1844 quando Gregorio XVI, con la Bolla In Suprema militantis del 20 maggio 1844 ne modificò i confini stabilendo quello che è l’attuale assetto territoriale. In modo particolare alla diocesi vennero tolti i territori di Assoro, Leonforte, Nissoria, Agira e Mirabella e le furono assegnati quelli di Mazzarino, Gela, Niscemi, Riesi e Butera. Ma cosa portò all’erezione della diocesi di Piazza Armerina e perché proprio Piazza Armerina come città episcopale? Ce lo spiega il compianto monsignor Gaetano Zito che, citando il Codice Ecclesiastico Siculo del 1846, ci racconta che “il 5 aprile 1778, in pieno clima di riformismo borbonico, il Parlamento di Sicilia presentava a Ferdinando III la richiesta ufficiale di erigere nuove diocesi nell’isola, motivandola con l’aumento della popolazione ma ancora più per impellenti esigenze di carattere pastorale”. In modo particolare, scriveva il Parlamento al Re: “ha considerato il Parlamento di umiliare a S.M., l’inconveniente che succede pel ristretto numero di soli sei Vescovi, e due Arcivescovi, i quali quantunque con indefessa cura, e vigilanza procurino di soddisfare al loro Apostolico ministero, tuttavia per la estensione delle Loro diocesi, non sono in grado di poterli tutti, e con esattezza adempire…”. Infatti, come analizzato ancora da Zito, le sedi vescovili siciliane erano tutte con sede lungo la costa (Palermo, Messina, Cefalù, Patti, Catania, Siracusa, Agrigento, Mazara del Vallo, non includendo Monreale che in quegli anni era stata unita alla sede di Palermo). Le diocesi che verranno erette nel 1817 insieme a Piazza Armerina vennero invece a privilegiare l’entroterra come sede della città episcopali. Ma guardando alle fonti, proviamo a curiosare nella Bolla (documento pontificio tra i più solenni) di erezione della diocesi che fissa il “compleanno” della nostra Chiesa locale al 3 luglio (in quella data infatti nel 2017 abbiamo concluso le celebrazioni del bicentenario di fondazione e nel 2002 monsignor Michele Pennisi, XI vescovo, fu ordinato nella nostra bella Cattedrale piazzese. Con la Pervetustam locorum, che troviamo pubblicata nella Bullarii Romani Continuatio del 1852, Pio VII procedeva alla “dismembratio duodecim terrarum a nimis extensa Cathaniensi dioecesi”, cioè alla cessione di 12 comuni dalla diocesi di Catania, troppo grande, e alla erezione nella città di Piazza Armerina di un vescovado che ne porta il nome (precipua civitate nuncupata Platiensi). Al paragrafo 4 della Bolla vengono tessute le lodi delle terre di Piazza che abbonda di terre fertili, di valli e ridenti colline …di ricchi commerci e …magnifici palazzi pubblici…quattro biblioteche e due monti di Pietà per i poveri, conventi e orfanotrofi. Il medesimo documento pontificio assegnava il Palazzo dell’amministrazione della Cattedrale (l’attuale ubicazione del Museo diocesano) come sede del Vescovo, “decens palatium” e il convento un tempo appartenente ai Domenicani come “Seminarium Clericorum” (la sede di Via La Bella del nostro Seminario Diocesano). Insomma, Pio VII poneva le basi di una nuova storia ecclesiale, la nostra storia, la storia della nostra Chiesa diocesana.



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