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Allarme baby gang

Non è un caso se il questore di Palermo, Renato Cortese, ha voluto organizzare la tradizionale festa della Polizia in uno dei quartieri più a rischio di Palermo, Brancaccio. “C’è un timido affacciarsi di baby gang -ha detto Cortese-ma devo dire che siamo assolutamente in grado di intervenire, lo stiamo facendo, sia dal punto di vista repressivo sia della prevenzione. Siamo in contatto con tantissime associazioni e con i parroci di vari quartieri e insieme a loro stiamo studiando delle strategie di prevenzione. Un modo anche per far vedere a questi giovani che c’è un’altra possibilità, che non è quella della criminalità”. C’è un aumento di fatti incresciosi riconducibili a gruppi di ragazzi che si radunano in branco e molto spesso, nella notte, colpiscono persone ignare. È inquietante pensare che in questa fase storica il problema delle “baby gang” non sia stato sollevato da ricercatori, sociologi, ma dai mass media. Gaetano De Leo, sul blog “Interattivamente” si è chiesto se le baby-gang non siano sempre esistite, del resto il fenomeno del bullismo è stato ormai ampiamente riconosciuto e rilevato nel nostro Paese e le bande di ragazzi impegnati in atti vandalici non sono certo una novità. Inoltre gli episodi riportati dalla stampa non dicono nulla circa la sostanza del fenomeno, ma fanno piuttosto riferimento alla sua percezione sociale. Per l’esperto la questione pregnante diventa allora osservare e studiare attentamente quali sono le caratteristiche peculiari delle baby-gang per differenziarle da altri tipi di gruppi devianti minorili. Soltanto così si può tentare di dare una spiegazione di questa realtà ed eventualmente approntare strategie di intervento e prevenzione nei suoi confronti.
Allo stato attuale non vi sono dati che quantifichino e informino sull’entità del fenomeno. Ma al di là degli aspetti quantitativi, queste situazioni sono la spia di un disagio diffuso che coinvolge i giovani e che si estrinseca in modalità di comportamento antisociali. Un disagio che a volte nasce o più semplicemente non trova spazio di esplicitazione nell’ambiente familiare e che, attraverso il gruppo dei pari, traduce il malcontento e la problematicità in forme di relazione e comunicazione non lecite. Quando si verificano eventi di tale portata, il sistema familiare di cui questi ragazzi fanno parte viene, a torto o ragione, inevitabilmente posto sotto accusa, spiega De Leo”.  Del resto la letteratura nazionale e internazionale riporta una stretta relazione tra i fattori di rischio connessi alla carriera deviante dei giovani e il ruolo determinante svolto dalla famiglia nello sviluppo psicologico dei ragazzi in una fase delicata come quella adolescenziale. La famiglia si è calata sempre più nel contesto di vita consono con la civiltà attuale in cui gli impegni lavorativi, le attività extra-familiari e la caoticità in cui tutto questo si svolge hanno accentuato l’isolamento e ridotto i rapporti sociali. La provenienza socioculturale dei ragazzi appartenenti alle baby-gang non è accertata, ma dati gli studi compiuti su altri fenomeni, quale appunto il bullismo, si potrebbe ipotizzare che non necessariamente i “baby criminali” siano il frutto di realtà familiari e sociali devianti o disadattate.  



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