
Non vorrei scrivere un elenco di lamentazioni perché mi
piace evidenziare, in sintonia con la missione del nostro giornale, il tanto
bene e le realtà positive che si trovano nel nostro territorio. Ma non posso
far finta di non vedere le realtà negative che tocchiamo con mano ogni giorno.
Tutti ci accorgiamo del progressivo spopolamento dei nostri paesi, degli
esercizi commerciali che chiudono, dei tanti giovani che vanno via in cerca di
lavoro o che preferiscono andare a studiare lontano dalla propria terra (è
anche una moda). Un territorio sempre più povero e una popolazione sempre più
vecchia con culle inesorabilmente vuote. Le nostre infrastrutture sono sempre
più vulnerabili e fatiscenti: non basterebbe l’intera pagina per descrivere la
precaria situazione viaria della nostra regione e delle nostre province in
particolare. I lavori di completamento della strada di collegamento
Agrigento-A19 bloccati dal fallimento della CMC, con tanti operai rimasti senza
occupazione, mentre i cantieri giacciono abbandonati. La situazione è diventata
insostenibile tanto che lo stesso vescovo di Caltanissetta, mons. Russotto, si
è fatto promotore, il 2 febbraio scorso, di una manifestazione, unitamente a
tutti gli enti del territorio, per sollecitare interventi che sblocchino la
situazione. Stesso ritornello per la Agrigento-Palermo, per l’autostrada A19, con
il viadotto Himera chiuso dal 2015, così come la A18 nei pressi di Letojanni
sempre dal 2015, con lavori interminabili nel tratto tra Enna e Caltanissetta, per
la Pietraperzia-Caltanissetta chiusa dal 2 novembre 2018 per il cedimento di un
pilone, per limitarci a parlare delle arterie più importanti. Le strade
provinciali e la viabilità interna giacciono in situazioni a dir poco pietose
con crolli, frane, smottamenti cui si fa fronte unicamente con cartelli
indicatori, restringimenti e limitazioni al traffico o chiusure. Come possono
le nostre merci raggiungere i mercati italiani? Lo stesso possiamo dire per
quanto riguarda le ferrovie: linee che risalgono al tempo dei Borboni, treni
vecchi e fatiscenti, ritardi snervanti con una emorragia costante di
viaggiatori, stazioni abbandonate e vandalizzate invase dalle erbacce e in
stato di totale degrado. Si parla di vocazione turistica, ma il nostro
patrimonio storico-artistico è a dir poco trascurato con notevoli difficoltà di
interventi a causa dei pochi finanziamenti e di una burocrazia asfissiante. Gli
unici aggettivi che si addicono alla situazione sono: “abbandono e
desertificazione”, per citare la disperata constatazione che il vescovo di
Nicosia, mons. Muratore, ebbe a scrivere qualche anno fa al Prefetto di Enna a
proposito del territorio di quella diocesi.
A mio modesto parere si tratta di una vera e propria
emergenza che dovrebbe essere inclusa tra le priorità non solo del governo
regionale, ma soprattutto di quello nazionale, se non si vuole abbandonare il
Sud e la Sicilia al suo destino di periferia sociale e umana. Ma i nostri
governanti sono impegnati in tutt’altre emergenze, facendoci credere che il
problema dell’Italia sono gli sbarchi di migranti che vengono ad invaderci e a
toglierci il lavoro, facendo sì che i mezzi di informazione martellino
l’opinione pubblica per settimane sull’Aquarius o sulla Sea Watch e ignorando
colpevolmente i problemi reali del Paese.
Alla
prossima nave, dunque, così il ministro Salvini avrà modo di accendere su di sé
i riflettori per una decina di giorni, continuando a recitare la parte del
duro, per vantarsi di aver risolto il problema principale degli italiani: gli
immigrati!