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Triste primato per la Diocesi di Piazza Armerina nel Rapporto

Nel mondo ci sono oltre 50mila emigrati dalla Diocesi

La Sicilia si svuota sempre più. Un anno nero per l’Isola in cui si registra un ulteriore aumento di partenze. I numeri del Rapporto Italiani nel Mondo 2018 parlano chiaro. Cresce il numero di siciliani nel mondo. In generale, la mobilità italiana è aumentata del 64,7% (il dato si riferisce agli anni tra il 2006 ed il 2018) passando da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) a più di 5,1 milioni.  Al primo gennaio di quest’anno, gli italiani residenti all’estero e iscritti all’AIRE sono 5.114.469, l’8,5% dei quasi 60,5 milioni di residenti totali in Italia alla stessa data. La crescita nell’ultimo anno corrisponde a +2,8%, a +6,3% nell’ultimo triennio e al +14,1% negli ultimi cinque anni. La fotografia scattata dal Rapporto Migrantes mette in luce un dato significativo anche per la Diocesi di Piazza Armerina che incassa un doppio triste primato. Due città, Riesi e Barrafranca, sono in cima alla classifica per incidenza dei cittadini italiani iscritti all’Aire. Nello specifico, sono rispettivamente 7.203 su 11.406 e 7.817 su 12.969 i cittadini con residenza estera con un’incidenza del 63,2% e 60,3%. Percentuale record che mette le città della provincia di Caltanissetta ed Enna ai primi due posti nella classifica nazionale dei comuni tra i 100 mila e i 10 mila abitanti. Nell’elenco, tra le città che appartengono alla Diocesi, anche Piazza Armerina e Mazzarino. In particolare la prima ha un’incidenza, in valore assoluto e percentuale, di 29,3 punti con 6.376 iscritti all’Aire su un totale di 21.768 abitanti; la seconda invece 2.637 residenti all’estero su un totale di 11.876 abitanti pari al 22,2%. Una sola città che appartiene alla Diocesi piazzese invece, nella classifica nazionale dei primi 50 comuni con meno di 10 mila abitanti con la più alta incidenza di cittadini iscritti all’Aire. Si tratta di Villarosa, in provincia di Enna, con 6.684 residenti all’estero (compresi i nati in terra straniera) su 4.824 rilevati da Istat con una percentuale pari al 138,6%. Ma andiamo avanti. A guardare il dato regionale della Sicilia, c’è un solo comune che ricade nel territorio diocesano nella graduatoria dei primi 25 per numero di iscritti all’Aire. È Gela che con un’incidenza del 10% sulla popolazione totale, 74.954, conta 7.465 residenti all’estero. In tutta l’Isola l’incidenza è del 15%: gli iscritti all’Aire sono 755.947 su 5.029.615 residenti. Il dato, si precisa, è al primo gennaio di quest’anno. Solo nel 2017 l’8,3% dei siciliani ha lasciato la propria terra verso lidi migliori. Per l’esattezza sono 10.649 di cui 4.778 femmine e 5.871 maschi. Un dato significativo se si guarda alla percentuale complessiva di siciliani residenti all’estero al 2018: sono 755.947 e costituiscono il 14,8% della popolazione. Dall’elaborazione dei dati del rapporto Migrantes viene fuori un altro dato significativo: 10.649 siciliani sono iscritti all’Aire per solo espatrio. Sono 4.778 femmine e 5.871 maschi nel 2018; 11.501 di cui 5.143 femmine e 6.358 maschi invece nel 2017. Dai numeri emerge un calo a cavallo dell’ultimo biennio di 7,4 punti percentuali. Ma dove vivono i siciliani nel mondo? La Germania al primo posto con 263.333 iscritti Aire; seguono Argentina, Belgio, Argentina e Svizzera. Solamente 58 italiani invece hanno cittadinanza nella Repubblica san Marino. La Germania inoltre è il primo paese mondiale per cittadini italiani iscritti per solo espatrio. Sono 20.007 di cui 8.876 femmine e 11.131 maschi.
Unosguardo globale.A livello continentale l’Europa accoglie il numero più alto di cittadini italiani (54,1%) e, in particolare, l’UE15 (40,3%). Da gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all’AIRE quasi 243 mila italiani di cui il 52,8% per espatrio ovvero 128.193 italiani. Nell’ultimo anno la crescita è stata del +3,3%, considerando gli ultimi tre anni la percentuale sale a +19,2% e per l’ultimo quinquennio arriva addirittura a +36,2%. Il 37,4% di chi parte (quasi 48 mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni. I giovani adulti, ovvero la classe tra i 35 e i 49 anni, sono un quarto del totale (poco più di 32 mila persone). Un’attenzione a sé meritano le fasce di età più mature. Infatti, se l’incidenza nel 2018 è dell’11,3% per chi ha tra i 50 e i 64 anni (valore assoluto: 14.500 circa) è il 7,1% dai 65 anni e oltre (valori assoluti: 5.351 persone per la classe 64-74 anni; 2.744 per la classe 75-84 anni e poco più di mille anziani per chi ha dagli 85 anni in poi).
Non si deve pensare che si tratti di una mobilità prevalentemente maschile (anche se i maschi sono il 55% del totale) poiché si rileva il peso importante delle partenze dei nuclei familiari. A sottolinearlo, i 24.570 minori (il 19,2% del totale), di cui il 16,6% ha meno di 14 anni e ben l’11,5% meno di 10 anni. Nell’ultimo anno gli italiani sono partiti da 107 province differenti e sono andati in 193 località del mondo di ciascuna realtà continentale. Milano, Roma, Genova, Torino e Napoli sono le prime cinque province di partenza. Si tratta di grandi aree metropolitane a riprova del fatto che le attuali partenze coinvolgono i territori che ospitano importanti università e multinazionali che spingono per avere relazioni internazionali.  La prima regione di partenza è la Lombardia (21.980) seguita, a distanza, dall’Emilia-Romagna (12.912), dal Veneto (11.132), dalla Sicilia (10.649) e dalla Puglia (8.816). I dati relativi alle partenze dell’ultimo anno comunicano che in questo momento stiamo assistendo ad un cambiamento: a partire dall’Italia sono sicuramente i giovani (37,4% sul totale partenze per espatrio da gennaio a dicembre 2017) e i giovani adulti (25,0%), ma le crescite più importanti le si notano dai cinquant’anni in su: +20,7% nella classe di età 50-64 anni; +35,3% in quella 65-74 anni; +49,8% in quella 75-84 anni e +78,6% dagli 85 anni in su.
Come leggere questi dati?Sicuramente ci si trova di fronte alle necessità di provvedere alla precarietà lavorativa di italiani dai 50 anni in su rimasti disoccupati e soprattutto privi di prospettive in patria (definiti nel Rapporto Italiani del Mondo “migranti maturi disoccupati”). Persone lontane dalla pensione o che hanno bisogno di lavorare per arrivarvi e che, comunque, hanno contemporaneamente la necessità di mantenere la famiglia.
Un altro profilo da considerare è il “migrante di rimbalzo” ovvero chi, dopo anni di emigrazione all’estero soprattutto in paesi europei (Germania, Svizzera e Francia) oppure oltreoceano (Argentina, Cile, Brasile, Stati Uniti) è rientrato in Italia per trascorrere la propria vecchiaia “in paese”, ma rimasto vedovo/a, e magari con i figli nati, cresciuti e lasciati all’estero, decide di ripercorrere la via del rientro nella nazione che per tanti anni lo ha accolto da migrante e che oggi, stante le difficili condizioni socio-economiche vissute dall’Italia, gli assicura un futuro migliore.
Un ultimo profilo sul quale porre l’attenzione è il “migrante previdenziale”. Che siano pensionati “di lusso”, colpiti da precarietà o sull’orlo della povertà, si tratta di numeri sempre più importanti. Le traiettorie tracciate da queste partenze sono ben determinate: si tratta di paesi con in corso una politica di defiscalizzazione, territori dove la vita costa molto meno rispetto all’Italia e dove il potere d’acquisto è, di conseguenza, superiore. Ma non è solo il lato economico a far propendere o meno per il trasferimento: vi sono anche elementi altri, più inerenti alla sfera privata quali il clima, l’humus culturale, la possibilità di essere accompagnati durante il trasferimento e la permanenza.
Quanto detto appare evidente considerando le mete principali: Marocco, Thailandia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Santo Domingo, Cuba, Romania.



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