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Ad un mese dalla sua morte, una testimonianza di Tanino Ficarra

Ricordando mons. Carmelo Messina

La recente scomparsa di monsignor Carmelo Messina ha destato profonda commozione fra tutti coloro che lo hanno conosciuto, ex parrocchiani e non. Oltre alle parole di commemorazione proferite dalla presidente Diocesana di Azione Cattolica a conclusione del rito funebre, vorrei aggiungere qualcosa anch’io. Ho avuto don Carmelo come parroco fin dagli anni della mia fanciullezza e ne ho un ricordo vivissimo. Attivissimo e fervente, ha sempre profuso il meglio di sé stesso nella guida della parrocchia Santo Stefano di Piazza Armerina, imprimendole un’impronta molto significativa, quanto a carisma e incisività pastorale. Potrei versare fiumi d’inchiostro nel descrivere le multiformi attività del suo ministero, ma mi limito a soffermarmi solo su un aspetto di non secondaria importanza: il suo amore per la musica. Al servizio della liturgia, la sua musica era una preghiera recitata sulle onde delle sette note. Organista impareggiabile Lui stesso, aveva trovato una chiesa priva del “principe degli strumenti”: l’organo.
Ebbe un’intuizione innovativa e unica per risolvere il problema. La realizzazione di un organo a canne comportava costi non indifferenti ed ebbe, perciò, l’idea di acquistare un organo elettronico, con una spesa più accessibile. Erano le prime applicazioni dell’elettronica nel campo degli strumenti musicali, anche nel genere liturgico.
Fece collocare lo strumento nello stesso posto, dove oggi è sito lo stupendo organo a canne, recentemente inaugurato. L’organo era dotato di due tastiere manuali e di una pedaliera. Quest’ultima era deputata alla riproduzione dei suoni gravi, mentre le due superiori riproducevano quelli con un ampio spettro di frequenze, dalle basse alle alte. Escogitò un sistema molto ingegnoso: fece collocare ai lati della cantoria due enormi diffusori collegati, rispettivamente, alla pedaliera e alla prima tastiera manuale, mentre la seconda era collegata, tramite un filo elettrico che correva lungo il cornicione, ad un diffusore più piccolo, allocato all’interno della cupola. I suoni venivano, così, divisi tra la cantoria e la cupola, creando un originale effetto “stereo”. La cosa più sorprendente fu, però, il risultato raggiunto: l’armonia, bassi compresi, veniva emessa dai due diffusori posti nella cantoria, mentre la melodia si udiva attraverso il piccolo diffusore all’interno della cupola. I suoni così sapientemente fusi sembravano una preghiera, un incontro tra l’armonia della terra e la melodia del Cielo.
Un altro episodio della sua vita è da ricordare quando si volle dar vita alla riforma liturgica, voluta dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Si doveva passare dalla Messa in latino a quella nelle varie lingue nazionali e mons. Carmelo fu incaricato dal vescovo mons. Antonino Catarella, lui stesso padre conciliare, a dare inizio alla celebrazione con tale rito, anche come saggio per tutta la diocesi. Fu così che in Cattedrale egli celebrò la prima Messa in Italiano e con l’altare rivolto al popolo.
Infine, vorrei richiamare un breve passaggio di una sua omelia quando, volendoci dare un’idea plastica della fiducia che dobbiamo riporre in Dio, ricorse all’immagine di quel bambino che stava tranquillo nella barca, perché al timone c’era suo padre. Era pure consapevole che il suo carisma non era frutto delle sue capacità umane, ma gli era assicurato dalla “Grazia di Stato” del suo ministero, e che nessun sacerdote può entrare in “crisi” proprio per questa ragione.



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