Una straordinaria consapevolezza emerge sempre di più dalle parole dell’apostolo informato dai familiari di Cloe sulle vicende interne alla comunità corinta, così come una passione e un afflato verso la condizione dei fratelli gli consente d’immergersi dentro alla complessa situazione, come in una sorta di battesimo (immersione) esistenziale con il quale illuminare sempre più il pensiero di Cristo a ciascuno di essi come a neonati (3,1). Verso dopo verso, in questa lettera, la natura fragile e per niente immune alle logiche comuni ha fatto da cornice alla pittura dell’uomo psichico, ma soprattutto alla colorazione innovativa e sorprendente dello Spirito di Dio sempre più pronto a renderlo spirituale; ed è avvincente come Paolo si proponga ai suoi interlocutori come un padre, identificando sé stesso a partire dai fratelli affidatigli dal Signore, alla stessa maniera di come Dio s’identifichi nelle pagine profetiche di Osea: un padre per il popolo bambino (Os 11,1-3). La sua missione, infatti, è affiancata dalla proiezione naturale di quell’identità psichico-spirituale di sé su quella creatura appena nata che è la comunità. La condizione, lo stato e la sempre più reale e contingente concretezza della storia luccicano agli occhi di questo immenso uomo di Dio da Lui scelto come suo diacono (διάκονος) (3,5) e collaboratore (συνεργός) (3,9), ovvero come uomo in grado di servire leggendo dentro la storia l’opera di un altro, il lavoro pensato, iniziato e completato da Qualcuno mentre il tempo non era ancora tempo per una comunità desiderata e voluta come si desidera e si vuole in ottime condizioni un campo, un edificio e un tempio: per la pazienza che impiega (campo), per la perizia che richiede (edificio) e per la devozione e sacralità che suscita (tempio). Nessuna comunità cristiana, da queste righe in poi, sarà meno onorata ed esaltata rispetto a quella dei corinti! Però non sfugga mai il prezioso dettaglio che le righe e i versi conservano come un diamante prezioso: si è apostoli e missionari, diaconi e collaboratori, a partire dai fratelli e dalle comunità ed esiste servizio e collaborazione soltanto in virtù dell’altro; per cui non sono le comunità a servizio dei missionari e degli apostoli, ma i diaconi e i collaboratori a servizio delle comunità. Facile è cedere alla tentazione di costringere la realtà ad entrare negli schemi esterni e snaturanti di quei progetti pastorali calati dall’alto come formine per i giochi dei bambini sulla spiaggia: l’immagine e la somiglianza della creazione genesiaca rimangono un primato di Dio (Gn 1,26) e coloro che gli sono diaconi e collaboratori, prima che missionari e apostoli (nel senso aulico e pomposo dei titoli), lasciano che sia Lui a far crescere ed edificare. La collaborazione con Lui, il più o meno faticoso incarico di sostenere il lavorìo della parola della croce, senza né precedere né restare indietro, è tutto quanto possa essere richiesto ad ogni uomo e ad ogni donna scelti per l’evangelizzazione. Che Paolo stigmatizzi gli aspetti carnali e quelli spirituali del cammino dei fratelli è un’impresa, una vera e propria fatica a cui egli stesso si sottopone rallentando il passo, quasi fermandosi permettendo ai vari gruppi di ricomporsi in comunità. Una figura particolare fuori dal ventaglio dei modelli apostolici che affiorano in un tutto il nuovo testamento è quella di Paolo animato da una sapienza diaconale, una sincronizzata e puntuale dettatura del vangelo vissuto in Gesù Cristo crocifisso è la testimonianza dell’umanità carnale sì, ma decisa e offerta allo Spirito, di uno dei giganti di questa cristianità non ancora ben definita nel suo tempo storico – è vero – ma già ben delineata e pronta a continuare l’itinerario sociale e culturale che darà tanto anche alla modernità del tempo che viviamo tutt’oggi. È nel costante discernimento sulla collocazione dei gesti spirituali che, da sempre, la comunità dei credenti s’identifica come Chiesa piuttosto che come una setta, un’organizzazione no profit, o qualcos’altro di simile; e niente risulta scontato in un contesto eterogeneo, diversificato e multireligioso come quello odierno, per niente diverso da quello di Corinto e di altre grosse città greche e romane del tempo: un contesto in cui l’unione interna alla stessa organizzazione religiosa ispirata al principio dell’amore autentico della croce brilla come una luce in mezzo al buio (Fil 2,15-16a); perché è l’unità la prima e significativa gestualità, l’atteggiamento che contraddistingue e la testimonianza più comprensibile da parte della comunità nei confronti del mondo esterno; così come l’amore è il senso della presenza di una realtà sempre più influente, proprio perché nascosta, riservata e modesta. La scelta di “esserci” a Corinto è un passaggio chiave nel prosieguo dell’evangelizzazione missionaria di Paolo, Apollo, Cefa e agli altri; ma senza unità e amore, senza concordia e trasporto vicendevole il percorso si ferma prima di iniziare, quasi quasi.
Perciò è di capitale importanza osservare un tempo dedicato alla formazione all’unità nelle nostre comunità di credenti in un contesto pluralista come quello odierno.
- A cosa è ispirato il cammino di fede di ciascuno nella comunità?
- Si è capaci di riconoscersi in cammino da neonati a uomini e donne spirituali in Cristo?
- Emerge l’attitudine al servizio, alla diaconia verso l’unità e l’amore oppure ogni occasione è buona per mettere al centro l’abilità, la simpatia, il desiderio di riscatto dell’arrampicatore ecclesiale di turno?
- Il tessuto delle relazioni all’interno delle parrocchie è fertile, quanto a contenuti e a gesti cristiani, oppure è mortificante, avvilente e d’intralcio alla parola della croce?
SPUNTI E APPUNTI PER UNA LECTIO PERSONALE
Paternità di Dio e paternità di Paolo
Os 11,1-3: 1Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato
e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
2Ma più li chiamavo,
più si allontanavano da me;
immolavano vittime ai Baal,
agli idoli bruciavano incensi.
3A Èfraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano,
ma essi non compresero
che avevo cura di loro. (——> vedi anche: Is 49,15; 1Cor 4,15)
Creazione di Dio e collaborazione credente dell’uomo
Gn 1,26: 26Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».(——> vedi anche: 2Cor 3,18; Col 1,15)
Unità e amore fanno brillare le comunità nel cielo oscuro del mondo
Fil 2,15-16a: 15per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, 16tenendo salda la parola di vita. (——> vedi anche: Mt 5,14-20; Gv 8,12)
