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In ricordo di don Liborio Tambè

Mi presento nella qualità di testimone a partire dal 1948.
C’ero alla sua ordinazione sacerdotale, era il mio primo anno in Seminario il 1949. Gli fu ritardata perché non aveva l’età canonica 24 anni.
Ricordo quando nell’anti cappella faceva le prove della celebrazione della Messa. Alto e secco come sempre.
C’ero quando fu nominato parroco dell’Itria e io feci il triduo di preparazione e, negli anni a seguire, in altre ricorrenze e predicazioni, qui come in tutte le chiese di Barrafranca.
Dopo anni gli anziani ricordano questo giovane prete entusiasta, alla mano per le vie di Pietraperzia, dove fu vicario pastorale in Matrice.
Lo ricordano e per la loro entusiasta rispondenza, e per l’amorevolezza di padre Tambè.
Padre Tambè non era padre Giovanni Cravotta, spero non dimenticato, uomo intelligente, entusiasta e attivo.
Non era padre Giuseppe Zafarana, mio padrino di vestizione, anche lui molto zelante e fervente.
Padre Tambè era padre Tambè, con il suo fare, pensare e impegno quotidiano.
Oggi si tende a cambiare sede, per non atrofizzarsi, ma lui è stato sempre sulla breccia, memoria della parrocchia, della cittadina di Barrafranca, di tanti ragazzi e ragazze, diventati sposi e genitori. La memoria non è stantia, è esperienza, è avere solidificato se stessi, la fede, la donazione agli altri non nell’entusiasmo momentaneo, né nei giorni tiepidi di primavera, ma nei rigori dell’inverno.
Il lascito spirituale di padre Tambè è la sua vita per quanto viene e verrà ricordata, e nei suoi scritti di carattere spirituale.
Da anni aveva dato una dirittura precisa e impegnativa alla sua vita e apostolato. Nei suoi interventi su Radio Luce, emittenza di Barrafranca, o saltuariamente su Radio Maria, il punto focale della sua spiritualità era la Misericordia di Dio, che lui coniugava con “La piccolezza evangelica”, “se non siete come i piccoli non entrerete nel Regno dei cieli”.
Ed originale, certo, furono “I piccoli volontari dell’Amore”. È un campo, che otre a continuare, da valorizzare, dandogli lo spessore storico.
Mi fermo qui, ascoltando altri che l’hanno seguito, i miei sono ricordi passati, ma sono le radici della pianta che germogliò forte e robusta.
Quando il vescovo mi disse della sua gravità, affermai: “Dio ha dato, Dio ha tolto, sia benedetto il Nome del Signore! Amen.
padregiulinariesi@virgilio.it



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