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La vita tra memoria e dimenticanza

Molte volte considerando la sofferenza immane di qualche persona sentiamo dire: “sta vivendo qui in terra il suo Purgatorio”. Ebbene,  riprendendo le parole di Franco Nembrini nella sua introduzione al secondo regno per le edizioni Itaca, possiamo definire la cantica del Purgatorio di Dante proprio come “la cantica del presente”!

Il Purgatorio è la cantica del tempo e della storia, cioè del presente in cui viviamo e ci muoviamo, del presente complesso e pieno di sofferenza ma contrassegnato – finalmente –  dalla speranza e dal trionfo della vita.  La struttura del Purgatorio – suddiviso in sette cornici –  è ellissoidale, ed è pensato come una spirale in un crescendo continuo, i colori che si vi trovano passano dal madreperla a quelli più vividi, in contrapposizione ai colori netti del rosso e del nero dell’Inferno.

Con uno schema già consolidato, Dante inscena il dialogo con gli spiriti purganti attraverso un pretesto narrativo: il loro stupore di fronte all’ombra proiettata dal suo corpo sul terreno. Se però le anime del IV Canto del Purgatorio erano pigre e immobili, nel canto successivo mostrano un immediato dinamismo, avvicinandosi e quasi rincorrendo i due poeti con l’intento di riuscire a dialogare con Dante per far sì che egli le ricordi una volta tornato nel mondo dei vivi. Interessante notare l’importanza che le anime defunte danno al ricordo!

E’ il ricordo dei vivi  – soprattutto nelle preghiere di suffragio – che permetterà loro di accelerare il passo verso il Paradiso (tema sviluppato soprattutto nel canto VI del Purgatorio). Dal punto di vista teologico fare memoria  – soprattutto nella celebrazione dei sacramenti – significa rendere presente l’azione di grazia legata al sacrificio redentivo di Cristo e, nella celebrazione dell’Eucarestia, le anime dei defunti partecipano all’unico rendimento di grazie che la Chiesa riesce a fare (Eucarestia per l’appunto significa “rendimento di grazie”). Per Dante il ricordo dei morti serve a “renderli vivi”, a riportarli in Paradiso per godere della visione beatifica della SS. Trinità. 

A tal riguardo mi piace ricordare il film della Disney-Pixar, Coco, uscito nel dicembre del 2017 per  il Día de los muertos, la festa dei morti in Messico e che abbiamo visto in Seminario alcune settimane fa. Un inno alla vita, all’America Latina e ai riti tramandati dagli Aztechi. Ma soprattutto ai piccoli villaggi incoronati di fiori, altari, sfilate e alle credenze degli indigeni. Per i messicani infatti la morte è considerata come un passaggio festoso.

In un viaggio che ricorda molto quello di Dante nei tre regni dell’oltretomba (o della vita?) il protagonista del film Coco, Miguel, ha 12 anni e sogna di fare il musicista, prende in mano la chitarra del defunto Ernesto de la Cruz e per magia si ritrova nell’aldilà dove sarà costretto a risolvere antichi conflitti familiari. Le anime in quel regno scomparivano, diventavano evanescenti totalmente, quando non venivano più ricordate da nessuno nel regno dei vivi, ed ecco che Miguel per portare in vita il suo defunto nonno e per ridare vitalità alla sua cara nonna, doveva fargli ricordare il nome.

Il ricordo rende vivi e il film trionfa con la vita! In Dante le anime chiedono di essere ricordate ma il meccanismo della dimenticanza segue pure la visione e genera l’impotenza espressiva; viene descritta con precisione nella pagina dell’Epistola a Cangrande dedicata all’esordio del Paradiso (canto XXIX) ove si vede ma non si riesce a dire: esperienza simile alla alienatio mentis dei mistici amor che nella mente mi ragiona. Se da un lato quindi la dimenticanza è una tentazione di superficialità umana, dall’altro è accomunata al limite dinanzi al mistero indicibile. Non è un caso che nel libro della Genesi Eva nasca dal costato dormiente di Adamo (cfr. Gen 2, 18-25), così come la Chiesa dal costato dormiente di Cristo (Sacrosanctum Concilium 5).

Il sonno-torpore di Adamo (tardemà in ebraico) non è l’anestesia di Dio per la donazione obbligata della costola a cui lo sottopone, è invece un momento rivelativo di Dio stesso dinanzi al quale l’uomo non può fare altro che entrare in uno stato di incoscienza e non fare nulla! Le nostre dimenticanze forse sono lontane da entrambe le connotazioni ne si avvicinano a quelle delle anime purganti che si bagnano nelle acque del fiume Lete prima di entrare in Paradiso per dimenticare le loro colpe. Affidando a facebook il ricordo dei compleanni degli amici e vivendo il presente come un tempo liscio privo di gestazione storica, la dimenticanza del passato sarà impossibilità di progettare il futuro: lo aveva capito Pier Paolo Pasolini parlando di “un pericoloso tempo senza memoria, proprio perché il discorso del capitalista sostiene il culto della nuova sensazione, la sensazione distrugge l’esperienza e, quindi, rende impossibile la memoria”.

Parole drammaticamente vere che rendono l’uomo mendicante di sensazioni e che, secondo la legge del contrappasso declinata al presente, gli fa vivere la vita in un corpo senza anima, che cade per terra come cade corpo morto.



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