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Acquistati migliaia di farmaci per sostenere le terapie degli ammalati

Così la Chiesa ha “curato” i malati

Il nome di Antonio è nella lista. Spera che al più presto il suo telefono possa squillare per rompere il silenzio dell’attesa: ricevere un fegato nuovo. È certamente un tempo di fede per lui che in Dio ha riposto la speranza di continuare a vivere e vivere meglio; ma anche di cure, visite specialistiche e farmaci. E il balsamo della sua fede è forte, vigoroso, intenso. Ma non basta. Servono le medicine di una terapia continuativa che garantisca quel benessere necessario per vivere e continuare a fatica a lavorare, considerate le sue precarie condizioni di salute, aggravate anche dalla necessità di un trapianto. Storia di un malato che deve fare i conti in tasca per curarsi in un momento di crisi occupazionale, con l’emergenza sanitaria che dilaga e i farmaci costosi che diventerà un miraggio per tanti. Minimo comune denominatore di tanti, troppi cittadini, uomini e donne che abitano i 12 comuni della Diocesi di Piazza Armerina che devono scegliere se e come curarsi o mettere qualcosa nel piatto. A loro – e sono centinaia – è stata dedicata una buona parte del fondo dell’8×1000 stanziato per il Covid. Una misura straordinaria gestita dagli uffici Caritas (diocesano e cittadini) che attraverso lo sportello d’ascolto, per il tramite dei diaconi, hanno raccolto il grido d’aiuto di quanti in una farmacia non possono neppure metterci piede.
Oltre 70 mila euro i soldi spesi nelle farmacie diocesane – conferma il Vicario Generale mons. Antonino Rivoli – per l’acquisto di farmaci destinati alle terapie continuative, d’emergenza, da banco e prodotti sanitari per neonati. Questa azione economica ci ha permesso di sostenere concretamente centinaia di ammalati che senza l’aiuto della Chiesa non avrebbero potuto neppure iniziare o continuare le cure. Come nel caso di Antonio, che come detto aspetta un trapianto. Una famiglia intera, ad esempio, ha contratto la scabbia. A loro abbiamo comprato decine di tubetti di pomate per iniziare la cura lenta e costosa”.
Nelle fatture delle farmacie compare di tutto: dai farmaci generici a quelli specifici per il prosieguo delle terapie “perché – spiega ancora mons. Rivoli – molti ammalati hanno messo mano ai risparmi per potersi curare e hanno finito pure quelli, con il rischio di dovere interrompere le cure e allungare i tempi di guarigione”.
L’impegno della Diocesi si è dipanato su due fronti: ordinario e straordinario. Da un lato l’assistenza a quanti da tempo ormai sono seguiti e dall’altro il sostegno a chi ha dovuto pure fare i conti con le sofferenze di malattie improvvise e scoperte proprio durante il Covid, quando il lavoro ha scarseggiato e i sussidi non bastavano neppure per soddisfare un decimo delle esigenze di una famiglia. La Chiesa c’è stata. “Una rete aperta tra fornitori e finanziatori, farmacie e Chiesa – meditante la Caritas – che ha permesso di erogare migliaia di farmaci da destinare a pazienti che senza l’aiuto della Chiesa sarebbero stati costretti stoppare le terapie e in alcuni casi, neppure ad avviarle”.
Una catena di solidarietà che grazie al ruolo intermediario della Chiesa ha dato voce al Vangelo di Luca: “Curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio”.



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