Main Menu

Una rubrica mensile sull'emergenza educativa

“Senza adulti”

L’intento di questa rubrica è quello di offrire ai lettori una possibile lettura critica mediante una ricognizione delle più autorevoli riflessioni, secondo il mio parere, attorno alla questione denunciata da più parti dell’assenza di adulti.

Inizio con una osservazione di Pierangelo Sequeri che offre la giusta chiave d’accesso all’orizzonte prospettico della nostra riflessione, quello cioè relativo alla crisi attuale degli adulti: “La buona notizia è questa: ogni generazione viene al mondo con i fondamentali che deve avere; sono idealisti come noi, goffi come noi, teneri come noi, stupidi come noi che volevamo cambiare il mondo ogni momento. La cattiva notizia è questa: trovano noi. E noi siamo un po’ cambiati.”(P.Sequeri, intorno a Dio. Intervista di Isabella Guarzini, La Scuola, Brescia 2011, 20)

Secondo il teologo milanese è necessario prendere atto della urgente questione educativa. Ogni nuova generazione che viene al mondo attraverso il faticoso mestiere della crescita, prende consapevolezza del patrimonio immenso di quanto la generazione precedente ha conquistato. Questo è un dato incontrovertibile. Ci resta da capire perché questo cambiamento degli adulti sia davvero una cattiva notizia. Poniamo sotto osservazione proprio questa metamorfosi degli adulti.

Lo facciamo appoggiandoci alle parole del noto giurista italiano Gustavo Zagrebelsky, il quale nel 2016 ha scritto un saggio: Senza adulti  (G. Zagrebelsky, Senza adulti, Einaudi, Torino 2016). Un titolo che è nello stesso tempo una constatazione di fatto ma anche un grido d’allarme proprio per il ruolo che rivestono le generazioni adulte. Vediamo come di esso rende ragione il suo autore: “Dove sono gli uomini e le donne adulte, coloro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, Le contraddizioni, le fragilità, Gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, persino il linguaggio della giovinezza e, d’altra parte, non sono assillati dal pensiero di una fine che si avvicina senza che le si possa sfuggire? Dove è finito il tempo della maturità, il tempo in cui si affronta il presente per quello che è, guardandolo in faccia senza timore? Ne ha preso il posto una sfacciata, fasulla, fittiziamente illimitata giovinezza, prolungata con trattamenti, sostanze, cure, diete, infiltrazioni e chirurgie; madri che vogliono essere e apparire come le figlie e come loro, spesso ridicolmente. Lo stesso per i padri, che rinunciano a sé stessi per mimetizzarsi nella cultura giovanile dei figli” ( ibidem, 46-47)

Quello che il testo suggerisce è proprio il dato per il quale nessuno sa più dove siano realmente finiti gli adulti, cioè che fine abbia fatto quella parte di popolazione titolare dello status di adulto, il quale indica sempre persone mature, ben piantate, salde in se stesse, capaci pertanto di affrontare l’esistenza e accompagnare le nuove generazioni nel cammino della crescita, che è sempre contemporaneamente cammino di decisione e di rinuncia, e prendersi infine efficacemente cura del pianeta(A. Matteo, Onora l’adulto che è in te, NPG, n 7, p.15, elledici 2020). Intorno a noi, suggerisce Zagrebelsky, pare che non ci siano più rappresentanti di ciò che la parola “adulto” evoca.

Sembra, invece, di intravedere, accanto ai giovani veri, tanti, anzi tantissimi, giovani falsi e falsificanti. Insomma, sembra che gli adulti veri all’altezza della propria identità e responsabilità ce ne siamo sempre di meno. Questa è la denuncia di questa rubrica: Senza adulti 



Rispondi