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Quando l’apparato conta più della sostanza

Si vedono talvolta spose uscire dalla Chiesa con vestiti che ci si aspetterebbe in ben altri contesti, qualcuno dirà “è la moda”, a volte è invece una questione di rispetto e di buon senso (oltre che di buon gusto). È quello che deve aver pensato don Cristiano Bobbo, parroco di Oriago e Ca’ Sabbioni, in provincia di Venezia, che sulle pagine del settimanale parrocchiale «Una voce nella Riviera», ha suggerito di tassare i vestiti da sposa più appariscenti e succinti. Un’idea nata dall’esasperazione del parroco costretto ad officiare sempre più matrimoni in cui la sposa dimentica «la semplicità e il buon gusto» per lasciarsi andare alle «deformazioni della moda, che oggi sembra imporre modelli che amano sguazzare nel fango dei sentimenti e delle esperienze possibilmente deviate o debordanti». Questo quanto apparso sul Corriere del Veneto del 4 settembre scorso.

E l’agenzia Ansa aggiunge: Per il sacerdote «sarebbe importante che le spose facessero comprendere anche attraverso la semplicità e il buongusto del loro vestito la delicatezza, la poesia e la freschezza del momento che stanno vivendo».

Questo perché, prosegue don Cristiano, «C’è uno stile di dignità e riserbo che dev’essere riconquistato; c’è un rispetto dell’altro che è alla base di una vita sociale seria e serena».

Don Bobbo vuole risvegliare il buon senso prima ancora del sensus fidei, lo fa con leggerezza e con ironia, e non tutti hanno colto l’occasione per farsi un sano esame di coscienza. La suggestione del parroco di Oriago ha infatti raccolto repliche discordanti, e i fedeli si sono divisi tra chi si accoda alla polemica sollevata, e i tanti indignati per la presunta ingerenza del prete nella sfera personale.

Si tratta certamente di una provocazione e non certo di un espediente per incrementare le entrate della parrocchia. Di fatto, al cattivo gusto non ci sono proprio limiti e se ne accorgono bene i parroci che sono sempre più costretti ad arginare le fantasie più assurde non solo per quanto riguarda l’abito, ma tutto un corollario di sciocchezze ispirate soltanto alla spettacolarità e alla voglia di essere unici.

Tutto ciò a scapito della consapevolezza di ciò che gli sposi vanno a celebrare celebrando il matrimonio che per noi cattolici è sacramento. In genere alla grandezza dell’apparato corrisponde la scarsa o nulla sensibilità di fede. Salvo poi a cercare cavilli per sciogliere un matrimonio fondato sull’appariscenza.

In fondo, per chi non vuole intromissioni nella sua cerimonia, c’è pur sempre il matrimonio in Comune!



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