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Reliquie, un culto sempre vivo

Reliquie, un culto sempre vivo

In questi ultimi tempi sembra esser tornato in auge il culto delle reliquie che sembrava destinato a un definitivo oblio. Anche nel nostro territorio si sono verificati episodi di grande coinvolgimento popolare all’arrivo di reliquie di vari santi: ricordiamo quelle di S. Giovanni Bosco, di S. Rita, di S. Teresa del Bambino Gesù, di Giovanni Paolo II, e ultimamente quelle degli apostoli Filippo e Giacomo ad Aidone in occasione della festa dell’apostolo Filippo.

Ma per i denigratori della fede e della religione queste manifestazioni fanno storcere il naso definendole una macabra superstizione. Tale scetticismo deriva senz’altro da una non conoscenza del culto delle reliquie. Probabilmente anche da una distorta religiosità popolare che ne ha fatto un uso magico, quasi fossero dei talismani. Oppure deriva da quanto avveniva nel Medioevo, quando se ne faceva commercio o se ne fabbricavano di false per ragioni di prestigio e denaro. Inutile insistere sui capelli di Cristo, sui denti di san Giovanni Battista, sulle gocce di latte della Vergine che hanno alimentato di volta in volta un traffico lucroso e una letteratura che non fu meno proficua in età recente, poiché era, per gli «storici del Medioevo» del XIX secolo, una fonte facile e abbondante di spiritosaggini che permettevano di stigmatizzare l’«ingenuità» dell’epoca e la buia ignoranza da cui era avvolta.

In realtà non c’è nulla di anacronistico nella venerazione delle reliquie, se intese secondo il Concilio Vaticano II, che afferma: «La Chiesa, secondo la sua tradizione, venera i santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche e le loro immagini. Le feste dei santi infatti proclamano le meraviglie di Cristo nei suoi servi e propongono ai fedeli opportuni esempi da imitare» (SC V). Venerare una reliquia è venerare la misericordia di Dio che si è realizzata nel santo. Occorre, quindi, ricondurre la devozione alla giusta dottrina della Chiesa.

La reliquia nasce nel momento in cui, con la Conversione di Costantino, la libertà dei cristiani diviene pubblica: si può parlare, predicare, annunciare la salvezza compiuta in Cristo. Gesù non è presentato come una divinità al pari di tante altre, ma come un fatto storico. È verificabile la sua esistenza e dunque credibile la sua pretesa di essere vero uomo e vero Dio. La verifica della sua esistenza è inizio della più radicale verifica della sua pretesa. Così la Regina Elena (lei poteva, non uno qualunque), inizia a cercare, a scavare e trovare.

Il culto delle reliquie è legato intrinsecamente alla vita stessa della Chiesa, al suo sviluppo, alla diffusione del Vangelo, sempre e ovunque. Ed è stato così attraverso i tempi. E come si celebrava la messa sulla tomba dei martiri nelle catacombe, così ancora oggi dentro ogni altare su cui si celebra la messa sono chiuse e sigillate delle reliquie.

D’altronde non possiamo stupirci se poi gli stessi denigratori delle reliquie sono disposti a spendere somme consistenti per accaparrarsi le reliquie cosiddette “laiche” che alimentano le aste con gli effetti personali appartenuti a cantanti, attori o personaggi di successo delle idolatrie moderne: la giacca di Freddie Mercury (stimata tra i 60 mila e gli 80 mila dollari); oggetti legati alla carriera di Elvis Presley, i guanti di Michael Jackson, e la lista si allungherebbe all’infinito. Feticismo o stupidità?

 

 



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